Il giornalista e critico televisivo Aldo Grasso.

ALDO GRASSO: «Il Papa ha ragione, siamo anestetizzati»

Il critico televisivo commenta il discorso sui media di Benedetto XVI, nel giorno dell'Immacolata.
Dalla vena orrorifica della tv allo "stato di guerra" dei giornali: «Il clima deve cambiare, non c'è più spazio per gli interrogativi»
Alessandra Stoppa

«Le sue parole ci portano sempre al cuore dei problemi». Aldo Grasso commentava così dal primo quotidiano nazionale il discorso di Benedetto XVI per la solennità dell’Immacolata. Quando, da piazza di Spagna, il Papa ha detto che la presenza stessa di Maria porta la «bella notizia» di cui abbiamo bisogno: ci ricorda che dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia. Mentre ogni giorno i mass media ci abituano al male. Lo fanno con un «meccanismo perverso»: ci si sfrutta gli uni gli altri «senza pietà, o con una falsa pietà», dimenticando che «ogni storia umana è una storia sacra, e richiede il più grande rispetto».
La critica del Papa a giornali, radio, televisioni è quella di farci «sentire sempre spettatori». Come se il male in fondo riguardasse solo gli altri. Mai noi. «Sembra che il Santo Padre stia davanti alla televisione tutto il giorno», ci dice il giornalista del Corriere della Sera: «Sembra che legga i giornali tutto il tempo».

Perché?
Perché ha detto cose di un’acutezza rara. Ha descritto la situazione dei media con profonda intelligenza. È vero che quello che straripa dai giornali “intossica i cuori, li indurisce” e che “i pensieri s’incupiscono”. Giorno dopo giorno, la nostra sensibilità si atrofizza.

Crede che il problema sia soltanto lo sbilanciamento dell’informazione, che dedica troppo spazio al “male”, lasciandone pochissimo al “bene”?
Questo è un aspetto del problema. Il fatto è che c’è un continuo bisogno di sangue. Sembra che nulla possa più essere interessante, se non è macchiato di sangue. Come se il racconto della realtà dovesse placare una nostra vocazione vampiresca. E per sangue non mi riferisco solo ai fatti violenti in senso stretto: intendo un certo orrore. Anche le trasmissioni più innocue hanno una vena orrorifica.

In che senso?
Non ci sono più parola o fatto che non finiscano “sotto processo”, buttati nel tritacarne. È una questione di clima: ed è il clima dominante il vero problema.

Come spiega questo “clima” che tanti denunciano?
È un clima pieno di pregiudizi, intossicato di preconcetto. È evidente l'assenza quasi totale di qualcuno che voglia mettersi a capire davvero le cose. Che lo decida, che lo faccia. Sono rarissimi gli spazi in cui qualcuno si pone davvero nel tentativo di capire, di approfondire. È come essere in stato di guerra: ogni giornale è attestato su una posizione e da lì dipende tutto, da quella posizione non si può venire meno. Ma tutto questo si trasferisce anche sul lettore. Ed è questo clima che deve cambiare, così è impossibile andare avanti. Perché tutto è diventato un processo continuo.

Che cosa può “spaccare” questo clima?
Magari lo sapessi. Vorrei capirlo, ma non lo so. Sicuramente servirebbe lasciare spazio al dubbio, non ce n'è più: il dubbio, gli interrogativi, le incertezze sembrano ormai impossibili da coltivare. Perché siamo anestetizzati. E la maggior parte delle questioni si riduce a teoremi e faziosità. Questo coincide col fatto che non c'è ricerca dell'assoluto, né ricerca del contenuto morale dei fatti, che così si perde.

Se le parole del Papa la riguardano personalmente, cosa vuol dire per lei rispondere a questo clima con il suo lavoro?
Sento una responsabilità. La prima prova di questo è che ho deciso di scrivere un pezzo per dare spazio al discorso del Papa. Poi si tratta di una battaglia quotidiana. La affronto man mano, in quello che devo fare. Non sarò all’altezza, non sarò capace, non ce la farò, ma è la lotta di tutti i giorni.