Due haitiani cercano tra le macerie.

DIARIO DA HAITI /1 «Qui è l'Africa. Ma un sacchetto diventa un aquilone...»

Chiara Mezzalira, medico di professione, è volata ad Haiti per contribuire ai soccorsi che Avsi sta dando alla popolazione. Ecco il racconto dei suoi primi tre giorni

Santo Domingo
21 gennaio


Oggi è la festa “padronale” di Santo Domingo, Nossa Senhora de Altagracia. Quindi iniziamo così la nostra missione. Con Edoardo Panunzio di Avsi-Haiti e con il fedele autista Andres, ci troviamo alla Catedral Primada de America: la prima chiesa d’America costruita nel 1511. Con alcuni amici del movimento, Maria, Pablo, Joel, Margherita, Rogelia... andiamo al Santuario de Altagracia, dove sta celebrando il nunzio apostolico. C’è una gran folla di gente, il coro, la banda.
Di qui, partiamo per l’aeroporto. Nella zona allestita dalle Nazioni Unite, si comincia a respirare emergenza: gente di tutte le ong, con tipi umani impensabili, ma tutti molto cordiali. Ci imbarchiamo su un volo di World Food Programme, a dodici posti. Sorvoliamo le montagne ed atterriamo all’aeroporto di Haiti.


Port-au-Prince
21 gennaio


All’uscita dall'aeroporto mi sembra di essere tornata a Lagos: c’è un cordone per trattenere la gente, i poliziotti americani armati di mitra... Aspettiamo un’ora prima di incontrare Fiammetta, per via delle interviste: finalmente la riabbracciamo e con lei c’è anche Jean Philippe. Andiamo subito a vedere Cité Soleil, dove è stata allestita una tendopoli: i bambini accorrono, è come essere nei campi sfollati di Kitgum, solo che al posto delle capanne ci sono tendoni di plastica. Haiti è l’Africa. Fiammetta è ben integrata qui, conosciuta.
Per le strade si alternano case completamente crollate a baracche che probabilmente erano così anche prima del terremoto. Davanti a un edificio completamente crollato, un bambino sta giocando con un aquilone improvvisato con un sacchetto di plastica.
Arriviamo dagli scalabriniani. Ci vuole un’ora prima di trovare padre Giuseppe. Intanto si fa scuro. L’area è grande e comprende per l’emergenza anche l’istituto delle suore: tante di loro sono venute da varie parti dell’America Latina, come scopriremo il giorno dopo a messa.
Mangiamo nel refettorio di padre Giuseppe, dove c’e anche la delegazione della Regione Lombardia e Robi Ronza ci aggiorna sul loro viaggio e sul punto della loro missione.
C’e una stellata stupenda, Orione.


Port-au-Prince
22 gennaio


A messa troviamo tutte le suore venute dall’America Latina. Una di quelle originarie di Haiti ringrazia da parte di tutto il popolo per la solidarietà. Haiti è uno dei Paesi piu poveri del mondo, dimenticato: attraverso il terremoto, tutti sono venuti a conoscere questo posto, che ha mosso e commosso il cuore del mondo.
Andiamo all’ambulatorio degli scalabriniani: è la prima volta dalla scossa che qualcuno lo riapre. Entriamo solo io e Alberto, gli altri continuano fuori perché hanno paura.
Nel pomeriggio, facciamo una visita all’ospedale dei camilliani, che è stato riattivato.


Port-au-Prince
23 gennaio


Raggiungiamo il centro città, completamente distrutto: ci sono i funerali del vescovo di Haiti e del vicario. La messa è davanti alla spianata con la cattedrale distrutta. Fa molta impressione.
Sono presenti il presidente e sua moglie, l’ambasciatrice americana e quella francese, quindici vescovi, molti preti e religiose, tra cui una trentina di suore di Madre Teresa.
All’omelia, il vescovo che celebra ricorda come amici il vescovo di Haiti e il vicario. Quest’ultimo lo hanno trovato con una particola in mano: «Amico, dalla posizione in cui abbiamo trovato il tuo corpo, tu lo hai preparato per l’incontro con il Signore».