La consegna del premio a Giovanna Tagliabue.

Quel premio a chi costruisce giorno dopo giorno

Con il "Premio per la pace 2009" è stato riconosciuto il lavoro di persone e istituzioni che si sono contraddistinte nel mondo. Tra queste Giovanna Tagliabue, in Paraguay dal 1987: «E pensare che tutto è nato dallo scavare una buca...»
Stefano Regondi

Il 27 gennaio, al Pirellone di Milano, il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni ha consegnato il “Premio per la pace 2009” a venti persone, enti, istituzioni e associazioni che si sono contraddistinte come operatori di pace nel mondo, promuovendo iniziative a favore della pace, della cooperazione e dello sviluppo. Con menzione speciale alla sala operativa della Protezione civile per il ruolo svolto nel sisma di Haiti, e alle due organizzazioni non governative, Fondazione Rava e Avsi, per i soccorsi rivolti alla popolazione colpite dalla catastrofe naturale.
Ma tra i premiati di quest’anno c’è anche Giovanna Tagliabue, che ha ricevuto l’onorificenza per aver operato per anni a favore dei diritti dei minori, della tutela dell’infanzia, della salute e della diffusione dell’istruzione primaria.
Nata nel 1949, a Carugo, un paesino della Brianza, Giovanna studia prima come arredatrice e poi si iscrive alla scuola per infermiere alla clinica Mangiagalli. Negli anni Sessanta l’incontro che segna la sua vita: con don Luigi Giussani e l’esperienza di Gioventù Studentesca. Da qui la decisione di partire missionaria. Nel 1973, è in Zaire dove lavora alla Fondazione del Centro di Sviluppo Comunitario di Kiringye. Dal 1987 è in Paraguay, nella capitale, ad Asunción.
«Quel che mi da più gioia è che si riconosca il lavoro di tanti missionari», ha commentato. «Solitamente si premiano solo le grandi opere, i grandi enti. Ma il mondo si costruisce giorno dopo giorno. È bello che si premi il lavoro quotidiano». I riconoscimenti di quest’anno hanno ospitato «diverse persone che nel loro piccolo si sono mosse in aiuto di altri»: dal ciclista varesino Biagio Marelli, per i bambini della Repubblica Moldava malati di diabete; alle donne di Avsi in soccorso alla popolazione haitiana; passando per quelli della Fondazione don Carlo Gnocchi e molti altri. Continua Giovanna: «La Lombardia è per tradizione una terra di grandi missionari. Ricordo le partenze di tante amiche di mia madre. Era molto sentita la responsabilità verso gli altri. Sicuramente la solidarietà è una caratteristica che permea questa regione».
Questo premio dice di lei. Del suo carattere lombardo, così realista, immischiato con le cose di tutti i giorni. In Paraguay nei primi anni, oltre al lavoro di educatrice, ha svolto qualsiasi genere di mansione: dallo scavare una buca a mani nude all'insegnare a un’infermiera a medicare un paziente. «Quella paraguayana è una mentalità radicalmente diversa. Tante cose non funzionano. Ma per cambiare le cose ci vuole del tempo. Si costruisce giorno dopo giorno. Dove vivo io il mutamento è silenzioso. Ma c’è. Quante cose sono nate in questi anni! Il collegio “Santa Caterina di Siena”, ad esempio, compie dieci anni, abbiamo cominciato con cinque bambine ora da noi ne studiano più di 270...». E questa è un’altra storia da raccontare.