Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Napolitano e quella firma al servizio del bene comune

Polemiche a parte (e al di là degli effetti pratici), qual è stato il valore del “decreto salvavoto”?
«Ha messo un freno allo scetticismo generale». E ha indicato una strada alla politica. La giurista Lorenza Violini spiega perché
Alessandra Stoppa

«Nella confusione generale è un punto di chiarezza. Un esempio di che cosa significa saper guardare oltre l’immediato». Per Lorenza Violini, docente di Diritto costituzionale all’Università di Milano, la decisione presa dal Capo dello Stato, di firmare il decreto legge interpretativo che ha “sbloccato” il caos elettorale, ha una duplice importanza. È uno scossone al nichilismo che domina il clima politico attuale. E una provocazione su che cosa significhi veramente rispettare la legge.

Nella lettera pubblicata sul sito del Quirinale, Giorgio Napolitano spiega le ragioni della sua scelta. Parlando di «due beni meritevoli di tutela»: il rispetto delle norme e il diritto al voto dei cittadini. Che valore ha, in questo momento, mettere in luce questi “beni”?
È decisivo. Il Capo dello Stato ha espresso una posizione convincente e trasparente. Ha riposizionato il valore principale che c’è in gioco, il bene comune, e lo ha ribadito con tutta la sua autorevolezza istituzionale. Nella confusione, ha usato un criterio che le forze politiche avevano perso di vista.

Quale?
Nella situazione che si è creata, l’opinione pubblica ha avuto la percezione che la preoccupazione principale fosse quella di rafforzare il proprio consenso nell’agone politico. Cosa che aggravava il senso di scettismo di fronte agli errori commesi nella presentazione delle liste. Il capo dello Stato, invece, ha avuto la capacità di guardare avanti, riproponendo i valori in gioco. Non una scelta di parte, dunque, ma la priorità da darsi al bene comune. Il che coincide con una scelta di realismo.

Una posizione così può essere un suggerimento per rimettere il bene comune al centro del dibattito politico?
Per capire l’importanza della logica su cui si è basata la scelta di Napolitano occorre fare lo sforzo di superare la reazione immediata e istintiva che, non senza ragioni, è insorta in molti di fronte agli errori. È indubbio che tutti devono rispettare la legge, ma tale rispetto tuttavia non può mai essere un’applicazione automatica della stessa.

Ci spieghi meglio.
Napolitano ha agito nel pieno rispetto della legge, perché la legge non si applica mai automaticamente. Non ci sono leggi che si applicano in automatico e altre che si interpretano: un elemento di valutazione deve essere contemperato sempre, anche formalmente. Diversamente, diventa legalismo: chiedere il rispetto della norma può anche coincidere con la sola affermazione di una posizione unilaterale. Forma e sostanza non possono mai essere disgiunte: questo significa che l’applicazione della legge deve sempre esplicitare lo scopo che la legge persegue.

In questo senso, la decisione di firmare il dl tiene in considerazione, al contempo, forma e sostanza?
Meglio, è stata la forma pienamente adeguata per una scelta sostanziale. Perché ha permesso di non alterare l’equilibrio dei poteri tra Governo, Parlamento e Sovranità popolare.

In che senso?
Perché mirava a consentire ai cittadini di esprimere a pieno la propria volontà. La decisione del Capo dello Stato non è risolutiva, perché nulla è risolutivo. Ma ripropone a tutti lo scopo del fare politica. Che rimane, in ultima analisi, una responsabilità personale e libera.