L'incontro "La forza delle parole: verità e ideologia <br>negli organismi internazionali"

ROMA Chi sceglie il lessico dei diritti umani?

Il linguaggio degli organismi internazionali afferma un'idea di realtà e di bene comune. La giurista Marta Cartabia e monsignor Tomasi, l'osservatore per la Santa Sede a Ginevra, si confrontano sul «nuovo vangelo» relativista. E lanciano una sfida
Luca Pezzi

Cosa accade realmente dietro alla facciata delle organizzazioni internazionali? Quali sono le dinamiche, i negoziati da cui scaturiscono i grandi documenti o le importanti dichiarazioni che ispirano e regolano la vita del mondo? Quali sono i principi fondamentali e le parole per esprimerli?
Spesso pensiamo ai grandi organismi internazionali come entità lontane da noi, astratte. Eppure ciò che viene discusso e deciso al loro interno ha un’incidenza fortissima sulle nostre vite, e quasi sempre ce ne accorgiamo troppo tardi. Quello che si decide a Bruxelles, a Strasburgo come a New York, finisce nella nostra vita, in quella di tutti i giorni, sotto forma di leggi e di norme, sotto forma di mentalità e opinione comune.
Ginevra è una di queste capitali della politica e delle istituzioni, sede di una quantità impressionante di organismi e agenzie: c’è il Consiglio dei Diritti Umani, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, quella del Commercio, del Lavoro... È in questa città che «si fa la cultura internazionale ed è lì che bisogna dare vera testimonianza». A parlare è monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite di Ginevra, intervenuto insieme a Marta Cartabia, docente di Diritto costituzionale all’Università Milano-Bicocca, all’incontro "La forza delle parole: verità e ideologia negli organismi internazionali", promosso a Roma dal Centro Internazionale di Comunione e Liberazione.
Dagli anni Settanta fino al 1989, con il declino dell’ideologia comunista, la storia ha lasciato campo libero al tema dei diritti umani. È proprio in questo periodo, spiegano i relatori, che si verifica una esplosione, una proliferazione, un’invadenza del linguaggio dei diritti umani in tutto il campo internazionale, con ricadute importanti a livello europeo e nazionale. Sulle ceneri della grandi ideologie secondo Marta Cartabia, attecchisce il relativismo, e in questo contesto è naturale rivolgersi ai diritti umani come risorsa (quasi un nuovo vangelo in cultura che in fondo rifiuta ogni vangelo) per trovare una morale condivisa a livello universale. Ma sono anche discussion stopper, l’asso nella manica da giocare quando la negoziazione politica non può più funzionare: un easy pass alla ricerca di un consenso per chi è incapace di usare la strada della politica.
È un processo complesso, aggiunge monsignor Tomasi, che supera gli attori e i poteri in gioco. Negli organismi internazionali siedono i rappresentanti di governo, sostenuti da gruppi intellettuali, per i quali queste istituzioni sono la strada per cambiare la realtà ed arrivare ad un mondo migliore, e coalizioni che nascono per una varietà di interessi che non hanno nulla a che fare con l’obiettivo in corso.
In questa maniera è cambiato il linguaggio, il vocabolario e le definizioni che nel tentativo di definire meglio la realtà se ne discostano impoverendola. La domanda allora, conclude monsignor Tomasi, «è se il cristianesimo ha ancora la forza e la capacità intellettuale di portare una nuova visione connessa con la realtà?». L’intelligenza della fede, quindi, quella sfida di cui parla con insistenza Benedetto XVI.