La presentazione delle produzioni "Trame di libertà".

Trame che educano (e rieducano)

Un atelier in carcere, detenute e studenti che imparano il mestiere dello stilista: sono le "Trame di libertà", che hanno legato il Bassone di Como, la scuola Oliver Twist, aziende di moda ed una stilista newyorkese. I risultati? Tutti da ammirare
Lucio Lavrans

Laura, la chiameremo così, è una detenuta del Bassone di Como. Peruviana, sulla quarantina, è dentro per uno dei capitomboli che capitano nella vita di tanti. Ha invitato la sorella col compagno e il nipote. Siedono nei posti riservati, una fila davanti agli agenti penitenziari in divisa che seguono compunti. Una fila più avanti, insieme al prefetto Michele Tortora, il sindaco Stefano Bruni, col suo assessore ai giovani, Maurizio Faverio.
Le “Trame di libertà” che danno il nome a un progetto di collaborazione fra la scuola Oliver Twist di Cometa e la casa circondariale di Como, di cui si celebra la conclusione, legano in qualche modo, per un pomeriggio, le vite di tanti, a vario titolo coinvolti. Sono le trame degli splendidi tessuti con cui sono stati confezionati gli abiti in mostra o indossati dalle carcerate e da un bella agente di polizia penitenziaria, a testimonianza di un progetto davvero comune.
Le stesse trame che per tre lunghi mesi hanno unito i ragazzi della IV tessile con otto detenute del Bassone. Grazie ad un'idea di Erasmo Figini, iniziatore della scuola che segue anche da docente essendo un designer di tessuti affermato, e della stilista newyorchese, ma comasca d'adozione Kirsten Randolph, i ragazzi hanno varcato la soglia del carcere, incontrato e conosciuto le donne recluse, trattandole come clienti ideali della loro ideale sartoria, quella che potrebbero mettere in piedi una volta conseguita la qualifica professionale.
Accompagnati dai maestri hanno raccolto i desiderata delle donne, vincendo le loro reticenze, la loro difficoltà a rapportarsi con un'idea – quella del prendersi cura di sé – che dietro le sbarre si fa piccina piccina, fino quasi a scomparire.
Provocati e raccolti i sogni d'eleganza delle loro clienti, sono tornati, in capo a qualche giorno, con i modelli e alcuni scampoli di splendido tessuti ricercati nei magazzini della Lisa, azienda leader che da Como esporta in tutto il mondo, subito entusiastica aderente al progetto.
Nuovo confronto, scelta dei tessuti da parte delle clienti e via per un nuovo giro: quello degli accessori. Altre aziende partner, altre scelte e di nuovo oltre le sbarre, a mostrare scarpe, chanell, collane, borse. Fra le pesanti porte che si aprono e si chiudono, il clangore dei chiavistelli, il tintinnare delle chiavi degli agenti, lo specialissimo atelier di Cometa, lungo tre mesi prende vita. Gli studenti sempre più professionali, le detenute sempre più spontanee, esigenti, femminili come la routine penitenziaria spesso non permette loro, affogandole nelle tute da ginnastica e nella trascuratezza. Finché, quando i ragazzi hanno consegnato i modelli disegnati con pazienza a scuola, sono le carcerate stesse a tagliarli e cucirli, sono la guida della Randolph, nella vecchia sartoria del Bassone caduta ormai in disuso.
Un andirivieni iniziato nel timore, nella diffidenza, nella fatica che finisce in soddisfazione, entusiasmo, fierezza. Perché quando venerdì 27 maggio, tutti, maestri, allievi, clienti-lavoranti, educatori e dirigenti del carcere, si ritrovano insieme nell'aula magna dell'Oliver Twist stracolma, circola un sentimento diffuso di contentezza, quello proprio delle cose belle e difficili che arrivano in porto. Contentezza e commozione, perché Mevlude, giovane studentessa turca che ha fatto la spola col Bassone, in un italiano ancora incerto, comunica l'entusiasmo di un'esperienza che è vera scuola e autentico lavoro, a un livello elevatissimo per qualsiasi istituto superiore d'Italia ma che diventa possibile in una giovane scuola professionale come la Oliver Twist.
Commozione perché Laura, la detenuta, saluta e ringrazia, ringrazia e saluta, a cominciare dalla direttrice del carcere Maria Grazia Bregoli, gli educatori, il corpo della polizia penitenziaria, la stilista, i ragazzi e i professori di Cometa, ma non finisce perché si scioglie in un pianto.
Fuori piove, ma c'è il sole, per questo nell'aula magna c'è un caldo tropicale ma certo anche perché il film di passione, riscatto, volontà, tenerezza, che è passato sotto gli occhi di tutti, scalda il cuore.
Alla fine, c'è la corsa a fare le foto ricordo davanti ai poster che riportano i modelli e ai manichini rivestiti dagli abiti. Tutti insieme: ragazzi e detenute, maestri e poliziotti.
Ci sono ancora luoghi, in questo difficile Paese, dove la dedizione riesce nel miracolo di far funzionare le cose. Dove la scuola fa la scuola e il carcere fa il carcere, vale a dire la prima educa e il secondo rieduca. Dove ognuno porta il suo piccolo mattone a quello che, una volta, si chiamava Bene comune.
Ezia Molinari, preside della Oliver Twist e vicesindaco di Como, guarda con occhi sfavillanti questo piccolo miracolo. È appoggiata a una stampella, ha il braccio al collo per un ictus che quattro mesi fa l'ha colpita, ma si gode, raggiante, l'ennesima battaglia vinta dalla sua scuola. Trame di libertà, trame di bene.