I vigili davanti al casinò incendiato.

La storia del mondo e il cuore dell’uomo

Nell’attentato di fine agosto al casinò di Monterrey sono morte più di 50 persone. Cosa permette di «costruire un luogo migliore per vivere»? Partendo da questa domanda, la comunità di Cl ha diffuso un volantino

Di fronte all’attentato perpetrato nel casinò di Monterrey, per il quale è confermata la morte di più di cinquanta persone, ciò che maggiormente ha circolato nei media e nei social network sono i particolari del verificarsi dell’evento, i proclami “Basta con la violenza”, i propositi di trovare i colpevoli e mandarli a morte, di smettere di lottare e di cercare di stabilire con i criminali un patto di non aggressione; si ripropone il tema della liberalizzazione delle droghe o l’invito ad andare a vivere altrove; nel peggiore dei casi, la notizia non ci interessa perché la sentiamo lontana e “non ci riguarda”.
Siamo portati a pensare che ciascuno dovrebbe cercare la via migliore per evitare il dolore del vedere o del farsi ferire da questa serie di attentati. Viviamo con l’idea che noi siamo i buoni, che “siamo di più noi che desideriamo la pace di quelli che cercano la violenza”. Alla fine, il problema è che i “cattivi” siano condannati e che noi “buoni” siamo lasciati vivere in pace.
Ma davvero possiamo distinguere fra buoni e cattivi? Possiamo eliminare i cattivi? O è possibile costruire un luogo migliore per vivere con tutti quelli che abitano questo paese? C’è qualcosa che tutti noi abbiamo in comune? C’è qualcosa che rimane in ognuno di noi, pur con il bene e il male che convivono in noi?
Tutti - tanto le vittime come i familiari che hanno perso un loro caro, i poliziotti, i soldati, i politici e perfino i mafiosi - sì, proprio tutti viviamo avendo in noi, seppur confusamente, il desiderio di arrivare all’infinito. Tutti indistintamente cerchiamo la bellezza, la pace, il bene, e questi fatti dolorosi, al di là della reazione immediata di rabbia, impotenza, indifferenza o cinismo, se li guardiamo con lealtà fanno emergere il desiderio di verità, di sapere come sono successi i fatti, di conoscere le cause vere dell’attentato; il desiderio di giustizia, il desiderio che la vita abbia un senso, che la morte del nostro caro non sia vana, ma che abbia una ragione. Sia che viviamo un dolore immenso, o una gioia passeggera, un senso di potere, tutti cerchiamo qualcosa che colmi il nostro desiderio smisurato di essere felici.
Tuttavia, anche se abbiamo questo desiderio, vediamo che esiste una sproporzione fra quello che desideriamo e la realtà che sperimentiamo nella nostra vita. Di fronte a questa sproporzione, cosa possiamo fare? Molte volte cerchiamo di trovare una risposta immediata che ci risparmi il cammino. Viviamo il desiderio, ma vogliamo che qualcun altro faccia il lavoro al nostro posto; vogliamo che la politica risolva i problemi del Paese mentre ci occupiamo d’altro, vogliamo che la medicina ci faccia dimagrire mentre ci evitiamo la dieta e aspettiamo il risultato; ci attendiamo che il marito o la moglie ci faccia felici, speriamo di lavorare meno e di essere pagati di più, o di studiare di meno e nel contempo di ottenere una migliore qualifica.
Senza la speranza di un “oltre”, di qualcosa che risponda al nostro desiderio, la realtà diventa incomprensibile. Abbiamo bisogno della certezza che esista qualcosa d’altro che dia significato alla nostra vita e al cammino che percorriamo; abbiamo bisogno di qualcuno che non si spaventi davanti alle nostre domande: “Chi sono io, di che sono fatto, qual è il mio valore come persona, chi me lo dà?”.
Il fatto che abbiamo queste domande è il primo segno della compagnia di qualcosa di più grande, ed è qualcun altro che ha le risposte alle domande che ha posto in noi. L’unico al mondo che ha avuto la pretesa di porsi come “la via, la verità, la vita” è Gesù di Nazaret, presente oggi attraverso il Suo corpo vivo che è la Chiesa.
Cristo non risolve il dramma del mio “io” eliminando il desiderio umano ma esaltandolo, rendendo più profondo il senso del mistero. Ci aspettiamo un cammino, non un miracolo che metta da parte la nostra responsabilità, che annulli il nostro sforzo e renda meccanica la nostra libertà. Vuoi camminare anche tu?