Un pompiere dopo il crollo delle Torri.

Ecco come siamo cambiati noi americani

Successo, ricchezza e benessere. È ancora questo il sogno a stelle e strisce? Autorevoli sondaggi dicono che le difficoltà degli ultimi dieci anni hanno incrinato molte certezze. Facendone emergere altre
John Samples*

I dieci anni trascorsi dall’11 settembre sono stati difficili per gli americani. La nazione ha combattuto due grandi guerre e molti conflitti secondari, l’economia ha attraversato la peggiore contrazione dopo gli anni Trenta e la disoccupazione resta alta rispetto alla media storica. Gli Stati Uniti sembrano inoltre più divisi che mai: il dibattito politico è lacerato da animosità che non consentono neppure un compromesso fra interessi personali, e tanto meno una visione orientata al bene comune. Di certo gli ultimi dieci anni hanno visto un declino del sogno americano per i cittadini degli Stati Uniti.
Possiamo dibattere e domandarci se il sogno americano sia ancora vivo. Oppure possiamo chiederci se gli americani ci credano ancora. Abbiamo uno strumento per imboccare la seconda di queste strade. Nell’autunno del 2010, John Zogby e Sandra Hanson, due noti studiosi dell’opinione pubblica, hanno pubblicato una inchiesta su questo tema. “Attitudes about the American Dream” [Atteggiamenti sul sogno americano].
Cito dalla loro conclusione:

In che modo gli americani definiscono il sogno americano? I dati statistici dimostrano che per la maggior parte degli americani il sogno ha a che fare più con la felicità spirituale che con il successo materiale (benché sia in aumento la percentuale di essi che cita il “successo materiale”).

Molti troveranno sorprendente questa conclusione: dopotutto, comunemente si pensa che gli americani siano materialisti fino all’osso. Ma la maggioranza di loro afferma che il sogno americano riguarda la felicità spirituale più che la ricerca di consumi più elevati e raffinati. Forse è questa definizione del sogno a condurre all’altra conclusione di Zogby e Hanson:

Gli americani credono che sia possibile realizzare il sogno americano? I sondaggi tendono a mostrare un ottimismo in crescita. I dati evidenziano una tendenza sempre maggiore degli americani a dirsi in disaccordo con la frase: «Il sogno americano è diventato irraggiungibile per la maggioranza della gente».

Altri sondaggi confermano queste conclusioni. Proprio quest’anno, un’indagine sponsorizzata dai Pew Charitable Trusts (famosa Ong che si occupa del rapporto tra politica e società civile) ha mostrato che il 68 per cento degli americani afferma «di aver realizzato, o che realizzerà, il sogno americano». Una percentuale non dissimile da quelle rilevate da Zogby e Hanson prima e dopo l’11 settembre.
Se il sogno americano riguarda la soddisfazione spirituale più che quella materiale, gli americani possono aggrapparsi ad esso anche in tempi di difficoltà economica. Possono inoltre tendere, come cultura, verso un ottimismo materiale e spirituale che è alieno alle nazioni d’Europa, più condizionate dalla contingenza.
Il sogno americano era anche la speranza che il duro lavoro e le opportunità avrebbero condotto al successo, comunque lo si definisse. Anche in questo caso, Zogby e Hanson concludono:

La maggior parte degli americani si è detta soddisfatta dell’opportunità di avere successo negli Stati Uniti con l’impegno nel lavoro. C’era però una minoranza crescente che non si dice soddisfatta.

Altri sondaggi mostrano che la maggioranza degli americani ritiene che il successo o l’insuccesso della vita dipenda dalle qualità personali e non dalle circostanze esterne. Il carattere americano, tanto quanto il sogno americano, sembra vigoroso come sempre.
Naturalmente, come fanno osservare gli esperti, “una minoranza crescente” non si dice soddisfatta delle opportunità che ha a disposizione. Negli ultimi dieci anni, alcune persone che avevano lavorato sodo hanno perso denaro negli investimenti o addirittura hanno perso il lavoro, perché aziende affermate sono andate in crisi o in bancarotta. Ma alcune persone non equivalgono alla maggioranza delle persone. Per i più, il sogno americano è rimasto in vita: e non è poco, a fronte delle difficoltà degli ultimi dieci anni.
C’è un altro sogno che non se l’è passata altrettanto bene. I sostenitori di un governo federale attivo speravano che i suoi successi avrebbero persuaso gli americani che da tempo nutrono scetticismo nei riguardi del welfare state. I dati lasciano pensare che quel sogno stia svanendo.
La differenza più vistosa tra prima e dopo l’11 settembre riguarda la fiducia dell’opinione pubblica nel governo federale degli Stati Uniti. La banca dati dell’American National Election Studies mostra che la fiducia nel governo federale è andata aumentando a un ritmo costante tra il 1994 e il 2000. Nel 2002 i sondaggisti hanno notato un ulteriore netto incremento nella fiducia, effetto di una volontà di “stringersi intorno alla bandiera” che si osserva spesso in momenti di crisi nazionale.
Tra il 2002 e il 2008, tuttavia, l’ANES ha riscontrato un calo altrettanto netto di quella fiducia. Se ne può addebitare la colpa ai fallimenti dell’amministrazione Bush, e non si sbaglierebbe del tutto: guerre futili e salvataggi di aziende e finanzieri falliti non ispirano fiducia nell’elettorato.
Ma questo declino è proseguito sotto Barack Obama. Un sondaggio condotto nel 2010 ha rilevato che la fiducia nel governo federale è ai minimi storici. Obama ha promesso molto nel 2008: un taglio netto con il passato che avrebbe promosso un rinnovamento nazionale. In politica estera, ha aggiunto al carnet di Bush un’altra guerra, quella in Libia. In patria, ha aumentato le dimensioni del governo federale di oltre il 20 per cento, accumulando debiti che minacciano concretamente il sogno americano.
Il popolo americano crede ancora nel suo sogno. Crede ancora di poterlo realizzare, perché quel sogno ha una dimensione spirituale e perché gli americani credono in se stessi e in un’economia che premia l’impegno nel lavoro. Gli americani, allo stesso tempo, hanno smarrito la fede nel loro governo nazionale. Questa mancanza di fiducia, però, appare del tutto razionale, poiché i leader nazionali hanno promesso molto e realizzato poco. Il sogno americano è ancora vivo, ma la storia d’amore dell’America con il Leviatano sta, forse, giungendo alla fine.

* Direttore del Center for Representative Government del Cato Institute di Washington