Tutta la "casa" dal Papa
Il Centro padovano che accoglie ragazzi in difficoltà compie dieci anni. Per festeggiare, in quaranta vanno in udienza dal Santo Padre. E qualcuno si mette in viaggio solo «per un filo di fiducia». E gratitudine«A noi sinceramente non interessa venire dal Papa, ma si vede che voi ci tenete tanto a festeggiare il decennale di Ca’ Edimar anche con questo viaggio a Roma. Siamo grati che ci sia Ca’ Edimar, per cui veniamo». Non è la diplomazia la prima caratteristica dei ragazzi ospitati a Ca’ Edimar, la casa-scuola che accoglie ragazzi con alle spalle tante storie diverse. Ma chi se ne importa, appunto. L’importante è quel filo di fiducia per cui uno dice: ok, ci sto.
E infatti la risposta di Mario Dupuis (il primo ad essere "tirato" ormai vari anni fa da questo filo da cui Ca’ Edimar nasce) è questa: «La tua ragione mi basta, perché sei leale e ci tieni a farci contenti. Come, poi, tutto ciò servirà anche a te, non dipende da me». E così, attraverso i ragazzi che oggi sono ospiti nelle varie dimore di via Due Palazzi a Padova, è come se in udienza dal Papa ci fossero tutti coloro - quasi cento - che in questi dieci anni sono venuti e poi se ne sono andati. «Tocca a voi», è la consegna di Mario, «essere segno anche di loro».
E così la carovana di quaranta persone tra adulti e ragazzi parte in pullman nella notte di martedì 4 ottobre per raggiungere Roma. Ognuno ha il suo fazzoletto arancione con il logo di Ca’ Edimar, confezionato per l’occasione. «Abbiamo portato via tutti, anche i piccoli», racconta Micky, «con la paura che facessero confusione e non resistessero tranquilli in piazza San Pietro ad aspettare due ore sotto il sole l’inizio dell’Udienza. E invece sono stati capaci di un ordine che in casa ce lo sogniamo». C’è anche un dono per il Pontefice. Non poteva che essere un cesto di pane artistico, proveniente dalla scuola di panificazione, che ormai è il simbolo di Ca’ Edimar.
«Certo», confida Mario, «ci sarebbe piaciuto consegnare, un adulto e un ragazzo insieme, questo dono direttamente al Papa. Ma siamo contenti di quello che ci è stato dato. Essere tra i mille sul sagrato e urlargli da così vicino che c’eravamo, anziché tra i ventimila in piazza, dove saremmo stati come un puntino, è già un grande dono. Poi accade che, tra il lungo elenco di gruppi di pellegrini italiani presenti, il Santo Padre, nel suo saluto, oltre ai tre pellegrinaggi di Diocesi accompagnati dai loro vescovi e a un ordine di suore presente a Roma per la beatificazione della fondatrice, citi anche noi. Una sorpresa che ci ha fatto saltare tutti sulle sedie e rispondere con un urlo potente e con uno sventolio dei nostri fazzoletti».
La sorpresa non è finita. Il Papa passa con la jeep proprio vicino ad alcuni di Ca’ Edimar che si sporgono dalle transenne. Li vede, con i loro fazzoletti arancioni. Mario ha in mano la foto di don Giussani. Il Papa si sporge per stringere una mano, mentre la papamobile pur lentamente continua a procedere: è la mano di Gianpietro, l’ultimo arrivato un anno fa con la sua famiglia.
Pranzo al sacco su un prato vicino a San Pietro e poi di nuovo in pullman. Si arriva a Ca’ Edimar dopo mezzanotte. Eccolo qui, questo strano posto, con la sua corte centrale dove si affacciano le porte delle abitazioni e quelle della scuola di cucina, in una continuità impressionante che fa capire che qui tutto è una casa.