Il quadro della Madonna tra le macerie dell'opificio.

Una piccola fiamma più forte del buio

Il 3 ottobre, quattro operaie e una ragazzina hanno perso la vita nel crollo di una palazzina. Il silenzio, l'impotenza e quello sguardo della Madonna «che apre uno squarcio nella morte». Il volantino della comunità di Cl
Niccolò de Carolis

«È stato il nostro Ground Zero». Marco ha trent’anni, vive a Barletta con la moglie e la figlia, e racconta il segno che ha lasciato in lui la tragedia di via Roma. Quattro operaie e una ragazzina, figlia del proprietario, sono morte schiacciate nel crollo dell’opificio in cui lavoravano.
Quella mattina, Marco dal suo studio sente all’improvviso le sirene delle ambulanze e dei pompieri. Alla televisione si capisce ancora poco di quello che è successo, così decide di andare a vedere. Centinaia di persone, in silenzio, guardano immobili i soccorritori che lavorano tra le macerie: «Noi del Sud siamo tipi molto casinisti, ma lì nessuno osava dire una parola. Né fare commenti inutili». Non si sapeva ancora nulla, né quanta gente fosse coinvolta, né se ci fossero dei superstiti. «Ma una cosa era chiara: il sentimento di impotenza».
In mezzo alla folla, Marco alza gli occhi e vede, appeso all’unico muro dell’edificio rimasto in piedi, un quadro con la Vergine e il Bambino: «Era la Madonna dello Sterpeto a cui noi barlettani siamo molto devoti. Io e un’amica, che era lì con me, abbiamo detto subito un'Ave Maria». Poi le prime chiamate agli amici, per raccontarsi cosa si è visto, per capire che certezza c’è quando tutto può venir giù all’improvviso: «Il giorno dopo ci sarebbe stato l’abituale appuntamento del Cineforum, ma avevamo bisogno di qualcosa di “proporzionato” a quello che era accaduto. Così ci siamo ritrovati, ma per il Rosario».
Intanto, in città, si viene a sapere che i morti sono cinque, che il Comune pochi giorni prima aveva fatto un sopralluogo confermando l’idoneità della struttura, che tra la gente stava iniziando a diffondersi la rabbia e la recriminazione. Anche Marco e gli altri amici del movimento volevano vederci chiaro: «Volevamo giudicare. Da qui è nata l’idea di un volantino». Che in verità era già tutto scritto, nel contraccolpo di fronte a quelle vite schiacciate mentre cercavano di portare qualche soldo a casa e allo sguardo della Madonna tra le macerie.
«Da un lato la percezione che la vita è fragile», continua Marco, «che non la controlliamo, perché non è in mano nostra. Basti pensare che la figlia del proprietario era lì e non a scuola perché mancava l’insegnante di ginnastica. Allora non basta trovare il “colpevole” per avere giustizia». Dunque la netta percezione di essere dipendenti. Ma da cosa? Un fato cieco? «No, perché lì non eravamo soli. Sopra di noi c’era la Madonna, che guardava con dolcezza suo Figlio. Ecco, quello sguardo di tenerezza apre uno squarcio, una luce dentro al buio della morte».