Luciano Violante e i detenuti del carcere di Padova.

«Da voi imparo che si può cambiare ogni giorno»

Al Meeting 2010, era rimasto colpito dall'esperienza del carcere di Padova. Venerdì scorso Luciano Violante è andato a conoscere di persona questa realtà. Incontrando i detenuti, ascoltandoli. Ma anche raccontando di sé
Eugenio Andreatta

L’episodio è di quelli con cui si va sul sicuro. «Avevo vent’anni e facevo il volontario nel carcere di Bari. Era il compleanno di un amico detenuto, lui mi dice: “Porta due uova così ci facciamo una frittata e festeggiamo”». Luciano Violante ha su di sé l’attenzione di un uditorio molto particolare: un centinaio di detenuti del carcere di Padova, più le autorità e gli operatori del consorzio Rebus. Gli sono state appena poste domande pesanti sulla certezza della pena, il sovraffollamento, la disumanità delle carceri. Risponderà a tutte. Ma parte da qui, da quell’amico di cinquant’anni fa. E da quella vicenda tragicomica. Che non finì benissimo per il futuro presidente della Camera. Perché le porte della cella si richiudono e l’amico gli dice «Tranquillo, non c’è problema». Alla fine della cena, Violante chiama l’agente: «Voglio uscire!» «Eh, qui tutti vogliono uscire». «Mi faccia parlare con il direttore!» «Come no, tutti qui dentro vogliono parlare con il direttore». «Ma io non c’entro!» «Tutti qui dicono che non c’entrano» Morale, una notte in carcere e poi il giorno dopo - prima del chiarimento e delle scuse doverose e imbarazzate - pure un sonoro schiaffone «per aver dormito nella cella sbagliata».
Applausi, risate. Poi il dialogo con i reclusi entra nei problemi, nei temi più difficili. La fatica di condividere il dolore altrui, la possibilità di cambiare ogni giorno («Io non sono cattolico, ma da voi questa cosa la imparo di continuo»), il recupero della dignità e del senso di sé. La necessità di guardare al carcere come una risorsa: di umanità, anzitutto, ma anche economica e lavorativa. L’importanza di valorizzare esperienze come quella padovana, che impiega 120 detenuti in lavori veri, con tanto di busta paga orgogliosamente sventolata da un detenuto all’illustre relatore.
Eppure è bello che tutto prenda le mosse dall’incontro con quell’amico di cinquant’anni fa e dalla frittata in cui uno ci ha messo le uova e l’altro la sua abilità di cuoco («ero sbalordito, le sapeva rompere e separare l’albume dal tuorlo con una mano sola»). Perché tutta la visita di venerdì 14 ottobre è costellata da incontri apparentemente privati e marginali come questo.
All’arrivo di Violante in carcere, ad esempio, a rompere la prima formalità è Francesco Miotto, padre di Matteo, un ragazzo, un alpino perito il 31 dicembre scorso in Afghanistan. «Nessuno nasce marcio», gli dice molto direttamente il signor Francesco, «io sono qui perché l’estate scorsa ho conosciuto uno di questi detenuti. Da quando Matteo è morto ho imparato a giudicare le persone guardandole diritto negli occhi». Che strano, proprio quel suo nuovo amico, un ergastolano, confesserà poi che nei primi anni di galera non osava guardare in faccia nessuno.
Si visitano il call center e i tanti laboratori del consorzio, gli assemblaggi delle biciclette, delle valige, delle pen drive per le Camere di commercio. Il presidente del consorzio Nicola Boscoletto snocciola dati incontrovertibili sul crollo della recidiva per chi lavora in carcere, cita il concetto di pena di sant’Agostino. L’ex magistrato è attento, curioso: «Chi vi compra i panettoni, anche i privati? Ma si possono comprare anche su Internet? E ci sono margini in questo tipo di attività?»
A pranzo, la cucina dà il meglio di sé. Violante ha appena ammirato la foto di “Blue Lou” Marini e della Blues Brothers Band che suonano nel carcere di Padova tra centinaia di detenuti impazziti.
Nel frattempo, nella tavolata che unisce autorità e detenuti, ospiti e operatori, i due amici così diversi, il padre con un peso grosso così sul cuore e l’ergastolano che ha scoperto di poter ricominciare si raccontano a cuore aperto. «Mi ha sconvolto quello che ho visto oggi», racconterà poi Miotto. «Pensavo che non l’avrei rivisto mai, incontrarlo oggi qui mi fa commuovere», dirà di lui l’amico ergastolano.
L’incontro volge al termine. Nel pomeriggio, l'ex presidente della Camera è atteso al teatro dell'Università di Padova, invitato dai ragazzi del gruppo studentesco Articolo27 a presentare il suo nuovo libro: Viaggio verso la fine del tempo - Apocalisse di Lilith.
Mentre esce dal carcere saluta con parole misurate. Sta ai fatti: «Esperienze come questa di Padova vanno messe in rete. Una mano la daremo volentieri». E conclude: «La giornata di oggi è una piccola lezione anche per me». Una lezione che non viene da una cattedra, passa attraverso degli amici che si incontrano. Come quella volta, per festeggiare il compleanno con una frittata.