Un momento dell'incontro (© IsolaPress).

In cammino da mezzo secolo

La comunità di Imola festeggia i suoi 50 anni con un evento pubblico. Un'occasione per ripercorrere la propria storia a partire da «ciò che ci affascina adesso». Fino a ritrovare molti amici della prima ora
Eugenio Dal Pane

“Il cammino al vero è un’esperienza”: questo il titolo dell’incontro cui sabato, a Imola, hanno partecipato 800 persone tra cui il vescovo Tommaso Ghirelli e molti sacerdoti, i sindaci di Imola e di Dozza, Daniele Manca e Antonio Borghi, oltre a numerose personalità del mondo politico, economico e sociale. L’occasione: il 50° anniversario della nascita del movimento in Diocesi.
Nell’introduzione Salvio Santandrea, responsabile diocesano della Fraternità, ha ricordato quel singolare inizio. Il 15 ottobre 1961 un giovane sacerdote, don Carlo Dalpane, incaricato dal vescovo Carrara di riavvicinare alla Chiesa gli studenti, si recò a Milano accompagnato da tre ragazzi per conoscere un certo don Giussani di cui aveva avuto notizia tramite la Rivista del clero. Poche le parole che poté scambiare con lui, ma partecipando al raggio del Berchet rimase così impressionato da decidere immediatamente di riproporre agli studenti imolesi quella esperienza così intensa e carica di ragioni che nell’arco di pochi anni coinvolse centinaia di giovani.
Quando nel 1970 don Carlo fu destinato alla parrocchia di Toscanella, il testimone fu raccolto da Gianni Montroni. Di famiglia comunista - «mio padre e mia madre non mi avevano fatto conoscere Cristo, ma mi avevano fatto sentire prezioso ed erano persone interessate a tutto» - al liceo ebbe come insegnante don Carlo: «Ero colpito da come usava la ragione, da come giudicava». Ma ciò che lo prese fu la caritativa: «Andavo con don Lindo, mio insegnante di religione, a trovare i malati del manicomio di Imola. Vedevo la tenerezza che aveva per loro. Lì conobbi i ragazzi di Gs». Poi a Limone Piemonte il primo incontro con Giussani: «Eravamo 500, sembrava parlasse a me».
In seguito l’amicizia con don Francesco Ricci e con don Giancarlo Ugolini, e tanti incontri con persone adulte convertite, come Anna Guglielmi e Novella Scardovi, o con giovani che, incontrando il movimento, scoprivano Cristo e se stessi, come don Paolo Buscaroli, ex carrozziere, oggi con padre Aldo Trento ad Asunción: «Era la conferma che Cristo era la risposta al cuore dell’uomo».
Da questa certezza un gusto di presenza: i giudizi, le iniziative pubbliche, le opere: il Centro di Solidarietà, la scuola Il Bosco, il Banco Alimentare, la Casa d’Accoglienza, non per un progetto, ma come espressione di “io” rinnovati dall’incontro e impegnati con la realtà.
Nostalgia di anni ruggenti, ma passati? Don Eugenio Nembrini, invitato a tenere l’incontro, entra a gamba tesa per focalizzare il nocciolo della questione: «Si può raccontare di un passato straordinario che però non c’è più. Don Giussani nel momento di massima espressione dell’associazionismo cattolico capì che non era sufficiente». Efficace l’immagine: «Come quando si succhia un ghiacciolo e alla fine resta la stecca bianca». Dunque occorreva rifare l’annuncio cristiano perché «l’altro è grido di qualcosa che possa riempire la vita» e non basta pronunciare il nome Gesù, occorre imbattersi in una presenza amabile, affascinante, reale, qui e ora. Solo questo permette che le circostanze non siano più nemiche, ma l’occasione per vedere Cristo all’opera. «L’uomo è fatto per il massimo e se il cristianesimo non arriva a questo livello, come può interessare?».
Inevitabile il giudizio sull’oggi. «L’Italia l’ha fatta gente certa che ricostruiva ogni volta che i barbari di turno distruggevano. Noi dobbiamo recuperare quest’unica cosa, Gesù vivo e presente ora. Basta uno tra voi commosso e preso da Cristo. Un io così ha la potenza di trasfigurare il mondo». Come quel muratore di Carrara che, da quando ha incontrato Cristo, fa meglio il suo mestiere: «I tetti non li vede nessuno, e in genere si lascia sempre qualcosa di fatto male, perché almeno poi ti richiamano a ripararli. Ma ora li faccio perfetti, perché li faccio per me», spiega. Infine la benedizione del Vescovo, monsignor Tommaso Ghirelli, che ha invitato a continuare a essere «figli di don Giussani».
Nell’occasione è stato presentato un libro, Uomini segnati da un incontro. Una storia lunga 50 anni. La prima parte, curata da Ugo Selvatici, uno di quei tre ragazzi presenti al raggio del Berchet, attraverso la testimonianza di don Carlo Dalpane e altri contributi, presenta la storia di Gs, dal 1961 al 1970. La seconda, a cura di Dania Tondini, raccoglie testimonianze di persone che nell’incontro con il movimento hanno visto delinearsi il proprio volto e il proprio compito nella storia.
La celebrazione del cinquantenario, conclusa la domenica con la messa celebrata nella cattedrale di San Cassiano da monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro, e il libro sono stati l’occasione del ritrovarsi dopo tanti anni dei primi giessini con alcuni di loro che vivono l’esperienza di Cl. Un mese fa una novantina di giessini della prima ora si sono ritrovati a cena con don Carlo e molti erano presenti alla serata con don Nembrini per poi ritrovarsi a cena. Non per un ricordo nostalgico, ma grati per il rinnovarsi di un dialogo e di un’amicizia che ha segnato la loro giovinezza e che, dopo tanti anni, continua a destare una profonda attrattiva tanto da chiedere di potersi ritrovare ancora.
Se quarant’anni fa ci fu una certa discontinuità tra Gs e Cl, questo cinquantenario ha segnato un abbraccio profondo e totale di quell’inizio e di quanti ne furono partecipi. Così oggi guardiamo con commozione e gratitudine all’opera di un Altro tra noi così potente da attrarre nel tempo tante persone, segnandole per sempre.