Il concerto dell'Orchestra Sinfonica Giovanile.

Una settimana che detta uno sguardo

A Villavicencio la prima edizione dell'Encuentros sudamericano: musica, testimonianze e una mostra per approfondire il tema dell'educazione. E scoprire «una certezza che serve alla vita»
Sandra Valero e Astrid Carrillo

Perché vale la pena parlare di educazione quando tutti sono preoccupati solo di politica, in attesa delle elezioni? In Colombia, a Villavicencio, città di 400mila abitanti e porta d’accesso alla verde regione de Los Llanos, alcuni amici della comunità hanno preso sul serio il desiderio di paragonarsi proprio con questo grande tema. E nel farlo hanno accolto la provocazione di altri che, da tanti anni in Italia, Spagna e altre parti del mondo, si sono lanciati a creare ambiti culturali come il Meeting di Rimini o Encuentro Madrid. Così è nato Encuentros Villavicencio, dal 24 al 30 settembre, nella capitale del dipartimento di Meta.
Il lavoro preparativo è stato intenso: ha coinvolto molte persone sorprese da questa iniziativa culturale, insolita per la città, e soprattutto nata da gente che normalmente non vive immersa nel mondo dell’educazione, come ha sottolineato Melquisedec Valero, presidente della fondazione Encuentros Villavicencio, nell’incontro di apertura. «Di recente sono stato a una conferenza con studenti universitari a cui ho mostrato l’esperienza lavorativa della mia azienda (La Catira, che produce latticini; ndr) e mi sono reso conto che i ragazzi letteralmente vibravano percependo la corrispondenza tra lo studio teorico e la realtà che io stavo comunicando loro. Alla fine, la coordinatrice mi ha detto che avrei dovuto fare il docente. Lì ho capito che l’educazione è comunicare un’esperienza». Educare è comunicare se stessi.
«Una fede che non diventi cultura è una fede che non si realizza appieno». Citando questa frase del Beato Giovanni Paolo II, l’arcivescovo della città, monsignor Oscar Urbina, ha aperto Encuentros. E ne ha parlato come di «un luogo privilegiato» in questo momento storico, caratterizzato da un cambio epocale, «nel quale la cultura è frammentata a causa della dimenticanza di Dio come fondamento della realtà; la nostra è un’epoca nella quale è facile soccombere al piacere e al successo personale e nella quale la sfida maggiore è raccordare la tradizione al progresso, affinché l’uomo possa percepirsi unito, con tutte le sue capacità».
Ma com’è possibile educare il cuore dell’uomo fino a cambiarlo? L’Arcivescovo ha ricordato che don Giussani propone l’educazione come «umanizzazione» e l’educare come «la promozione della grandezza del cuore umano, un impulso alla sua dignità, alla sua libertà, e la ricerca costante di un senso nella realtà quotidiana che si vive». Il primo giorno della manifestazione, per esempio, è stata invitata l’Orchestra Sinfonica Giovanile, formata da bambini e giovani che vivono nella zona periferica della città, in situazioni sociali ed economiche svantaggiate. Ascoltandoli è stato evidente che i giovani, davanti ad una proposta chiara, diretta al desiderio profondo del loro cuore, decidono di seguirla fino al cambiamento della propria vita e di quella dei propri famigliari.
Al centro dell’evento è stata, poi, allestita la mostra Vocare: l’attualità educativa di María Zambrano, curata da Giampiero Aquila, direttore del liceo Lumen Gentium di Città del Messico. Il percorso dei pannelli si basa su una duplice domanda, posta all’inizio: come le circostanze presenti sfidano l’educazione e come la Zambrano ci aiuta ad affrontarle? Questi interrogativi hanno provocato il pubblico a fare un percorso affascinante. Aquila è partito dalla definizione di educazione data da don Giussani: «Introduzione alla realtà totale». È la realtà che suscita nell’uomo l’impeto a cercare il significato. Il secondo punto è stato quello della paternità, come tema decisivo nel pensiero della Zambrano: «Uno può essere padre solo se è stato figlio», ha detto Aquila: «È fondamentale un’autorità, intesa non nel senso del potere, ma dell’amore, che si arrischi a porre un significato nella vita. Questo è il rischio educativo. Un’educazione che non porti verso una certezza è povera ed inutile; serve solo per passare l’esame sulla materia di studio, però non serve alla vita».
A presentare la mostra, un gruppo di volontari: i ragazzi di Gioventù Studentesca. Che sono diventati un punto fondamentale per tutti coloro che hanno partecipato all’evento, perché il loro sguardo ha “dettato” quello del pubblico. «Alla fine di un turno di spiegazione, alcuni artisti mi hanno chiesto di lavorare per loro, per presentare le loro mostre al Salone Regionale delle Arti», racconta Davian, liceale: «Per me è stata una provocazione grande: ho chiesto loro quale fosse la ragione per cui un artista propone una mostra. E ho fatto questa domanda perché, guidando la mostra della Zambrano, sono partito da ciò che vedevo: la corrispondenza fra il mio cuore e ciò che ho incontrato. Questa è la ragione per cui vale la pena fare tutto ciò che ho fatto in questi giorni, pur non guadagnando denaro».
A chiudere l’evento, Il senso religioso di Luigi Giussani, presentato da don Marco Valera, insegnante: «L’insistenza sulla religiosità, come ci insegna don Giussani, è il primo dovere assoluto dell’educatore, cioè dell’amico, di chi ama e vuole aiutare l’essere umano nel cammino al destino». L’incontro è stato un percorso a partire dalla natura del cuore in rapporto alla realtà. Sono state proiettate immagini di stelle, costellazioni, galassie e di alcune opere d’arte davanti a cui sarebbe disumano non esclamare: «Come è bello il mondo e come è grande Dio!». Questa la sfida lanciata: uno stupore davanti a ciò che c’è ed un cammino al suo significato, che è possibile per chi desidera fino in fondo una risposta al proprio cuore.