Un momento della serata (©Giorgio Salvatori).

Kaigi, il Meeting parla giapponese

I saluti, le danze Gagaku, le canzoni napoletane... E quella foto di don Giussani mostrata dal monaco buddista Habukawa. S'è aperta la manifestazione "Italia in Giappone": cinque giorni di dialogo con religiosi, studiosi ed esperti. Un diario di viaggio
Davide Perillo

Ti accorgi davvero di cosa sta succedendo quando vedi Shodo Habukawa, abate del monastero buddista di Muryokoin, che srotola un foglio per mostrarlo al centinaio di persone in sala. È una foto di don Giussani: «Vorrei poter raccontar a ciascuno di voi, uno per uno, che bellezza è stata per me questa amicizia. Ora non c’è tempo. Ma ci tornerò nei prossimi giorni».
In fondo, è solo l’inizio. La sera dei saluti introduttivi, all’Ambasciata italiana di Tokyo. Il lavoro vero inizia domani, all’Istituto italiano di cultura. Poi quattro giorni fitti, con tornate al Monte Koya - dove c’è il monastero di Habukawa - e al tempio zen di Eihei-ji. Argomento: “Tradizione e globalizzazione: cristianesimo e buddhismo di fronte alle sfide della modernità”. Una serie di incontri nati dall’amicizia tra Cl e i monaci della scuola Shingon di Habukawa (che conobbe don Giussani 24 anni fa e gli divenne così amico da restare segnato), con l’apporto decisivo dell’Ambasciata italiana locale.
Domani, appunto, si parlerà del Meeting di Rimini e del senso religioso. Interverranno don Massimo Camisasca e Costantino Esposito. Più altri studiosi, italiani e giapponesi (il programma è sul sito della manifestazione riminese). Ma oggi si sono aperte le danze. Con il saluto di Vincenzo Petrone, ambasciatore tricolore nella capitale giapponese e ospite. La serata, di fatto, è a casa sua, in quella residenza abbellita da un giardino nipponico del Seicento. Parole non di circostanza, mezzo intervento in italiano e mezzo in giapponese, per ringraziare i presenti e raccontare come è nato l’evento, piazzato in una serie di iniziative sul rapporto tra Italia e Giappone che dureranno ancora mesi.
Poi, tocca ad Emilia Guarnieri spiegare l’amicizia del Meeting con i monaci di Habukawa (vedi il testo del saluto), di un rapporto che ha «tanto di misterioso e parecchio di casuale, ma tutto di provvidenziale». Racconta anche lei, in breve (domani ci sarà tempo per andare a fondo), delle 13 visite di Habukawa e soci a Rimini, di un’amicizia sgorgata da don Giussani stesso e imperniata sulla percezione struggente del Mistero: «Ricordo lo stupore e in parte anche l’imbarazzo dei nostri primi incontri, le cerimonie di accoglienza in hotel, lo scambio dei doni. Da loro abbiamo imparato a fermarci per goderci l’intensità degli sguardi reciproci, abbiamo imparato ad inchinarci l’uno di fronte alla grandezza e al mistero dell’altro, abbiamo forse per la prima volta incontrato una cultura così profondamente diversa dalla nostra e così terribilmente affascinante. Fermarsi per accogliersi era fare memoria di ciò che ci aveva messo insieme e reso amici».
Dopo, appunto, è il turno di Habukawa. Che parla di don Giussani come di un amico «che ci ha insegnato sempre come l’uomo cerchi l’infinito». Lo fa vedere, come si mostra la foto di uno di famiglia. Rimanda al lavoro dei prossimi giorni. E poi si accomoda sul divano, a guardare assieme agli altri l’esibizione di musiche e danze Gagaku eseguite da un gruppo vicino al monastero. Venti minuti di bellezza lontana (dalle nostre categorie) e struggente.
C’è spazio anche per un saluto del nuovo Nunzio apostolico, monsignor Joseph Chennoth, arrivato a Tokyo appena quattro giorni fa e alla sua primissima uscita ufficiale, sorpreso da quello che ha trovato qui e grato di come «Dio sia sempre all’opera, in ogni persona».
Poi, mentre parte un italianissimo buffet destinato a giornalisti, intellettuali, diplomatici e monaci, arriva l’ultima sorpresa: un concerto del maestro Aoki. Canzoni napoletane (con qualche variante di testo nipponica) interpretate come se fosse lui, lì dentro quella musica così cara agli stessi Giussani e Habukawa. Immaginatevi un distinto signore con gli occhi a mandorla che esegua Santa Lucia o Era di maggio. Eppure, finisce alla grande: applausi, complimenti, saluti.
E appuntamento a domani. Dove si parlerà di senso religioso, cuore e realtà. Temi familiari, certo. Ma fa effetto vederli rilanciare a questo modo. Per via di un’amicizia così potente da fare breccia anche qui.