La sede della World Bank a Washington DC.

Padre Aldo e quell'«imprevisto» alla World Bank

Il missionario italiano è stato in visita nella capitale americana. Per l'occasione Luisa, che lavora nella Banca Mondiale, l'ha invitato a parlare davanti ai suoi colleghi. L'incontro è saltato all'ultimo, ma da lì sono nati «miracoli» inaspettati

Ecco, semplicemente, ciò che è successo a me e ai miei amici in occasione della visita di padre Aldo Trento a Washington DC. Per dirla con le sue stesse parole «l’unica cosa prevista è stata l’imprevisto».
Quando alla fine dell’estate ho saputo che sarebbe passato da Washington, ho subito pensato che dovevamo invitarlo a parlare alla World Bank. Non sapevo bene come fare, perché i tipici ospiti che intervengono qui sono economisti, ministri delle finanze, o tecnici di vario tipo. Però quando ne ho parlato con alcune fedelissime amiche, abbiamo deciso che insieme (in quattro donne!) volevamo almeno tentare. Allora ci siamo buttate a fare networking coi nostri colleghi della World Bank e Inter-American Developent Bank e ci ha stupito in quanti, anche con cariche importanti, rimanevano così colpiti dai nostri semplici racconti sull’opera di Asunción da chiederci di incontrare padre Aldo. La cosa più inaspettata è stata poi quando un collega contattato da una di noi ci ha detto che il suo gruppo lavorava proprio sulla promozione dello sviluppo a livello di comunità locali e società civile e che avrebbe organizzato un seminario pubblico per presentare il “caso” della Fondazione San Rafael. A me è sembrata una grande occasione perché l’opera iniziata da padre Aldo testimonia che la Chiesa, in fatto di sviluppo, è davvero Madre e Maestra. Tanto più che certi concetti fondamentali della Dottrina sociale della Chiesa, evidenti nel centro San Rafael - il ruolo solo sussidiario di Stato e aiuti allo sviluppo, la necessaria ownership del proprio sviluppo nel Paese ricevente, la responsabilità del singolo nella sua crescita economica e umana - sono sempre più ricorrenti anche nel dibattito “laico” sullo sviluppo economico e cominciano a entrare alla Banca Mondiale come criteri nella amministrazione degli aiuti.
Insomma, non ci sembrava vero che si fosse presentata questa grande occasione di incontro, finché due giorni prima ci dicono che proprio questo evento pubblico veniva cancellato all’improvviso. La ragione? Un’accusa dell’associazione dei gay dello staff che aveva trovato dichiarazioni del sacerdote sull’omosessualità, semplice espressione della morale cristiana, che non erano “in linea” con la politica della Banca Mondiale sull’inclusione e la diversità.
Confesso che per un paio di giorni sono stata dominata dalla rabbia per questa palese ingiustizia e dalla frustrazione per tutto il nostro lavoro organizzativo che andava in fumo. Quando pero è arrivato padre Aldo, lui stesso ci ha aiutato a giudicare questi fatti dicendo che a lui non importava incontrare le masse, perché ogni uomo cambia solo nell’abbraccio con un altro e questo accade solo a partire da uno. Questo giudizio, il suo sguardo pieno di tenerezza («Ma io sono qui per incontrare voi»), l’amicizia nata con Andrea, la ragazza che collabora con lui, mi hanno rimesso in pace e allora ho potuto godermi tutti i miracoli di quei tre giorni fitti di incontri e testimonianze, sia dentro che fuori la World Bank.
Sto ripensando molto a questo punto fondamentale della preferenza che paradossalmente non chiude ma apre un cambiamento umano (una delle tante intuizioni geniali di don Giussani) e di come noi non ci crediamo mai fino in fondo, ma è proprio vero che è lì dove si gioca tutto. E ho capito perché padre Aldo non vuole parlare innanzitutto delle opere (nel senso di numeri, budget e risultati come gli chiedevo io), ma torna sempre su quegli incontri fondamentali della sua vita che, da don Giussani in poi, hanno generato tutto. Gli sono grata perché mi sono resa conto che ha ragione! Del resto, se penso a ogni progetto, anche nel mio stesso lavoro, riconosco che c’è sempre un istante in cui scatta quella fiducia o quell’inizio di stima con l’altro (collega, cliente o collaboratore), ed è immancabilmente da lì che tutto inizia a girare e il lavoro a portare frutto.
Il riaccadere di una preferenza è stata anche la cosa più imprevista e più bella di tutto questo periodo. Penso ad esempio al mio collega Jaime, che adesso considero un grande amico, che fin dall’inizio è rimasto colpitissimo al sentire dell’opera di padre Aldo («A questo progetto dobbiamo dare un’attenzione speciale perché tocca il cuore», ci ripeteva). Infatti, ne ha parlato al suo amico e collega Pedro, originario del Paraguay, che pure ha definito padre Aldo “un eroe” e quello, a sua volta, ne ha parlato alla moglie che invece lavora all’IDB e che ha voluto incontrare padre Aldo di persona.
Dunque, proprio qui negli Stati Uniti, nel cosiddetto “mondo libero”, per un momento mi sono sentita schiacciata dal relativismo al potere, ma poi hanno vinto in me la gratitudine e la letizia. Perché si può sempre ripartire da uno, preferito, che si commuove.
Luisa, Washington DC (Usa)