Il Natale in casa Cupiello tra i carcerati
Nella città abruzzese una platea affollatissima ha assistito allo spettacolo di De Filippo. Un cast d'eccezione: sedici detenuti. La possibilità di «far emergere il buono che c'è in noi». Una scoperta per tutti: dal recluso al magistratoDopo lo spettacolo, al momento di salutare la regista perché il pullman deve inesorabilmente rimettersi in viaggio per il carcere di Chieti, Pasquale Molitierno si commuove, e dietro quegli occhiali forse un po’ troppo grandi per il suo viso scende qualche lacrima. Paola Capone, che da settembre sta lavorando con lui e altri quindici detenuti-attori per la messa in scena di Natale in casa Cupiello, gli fa una carezza e gli regala un sorriso. Quella lacrima e quella commozione sono il contraccolpo evidente di fronte a qualcosa di grande che Pasquale e gli altri detenuti di Chieti stanno vivendo da qualche mese, e che sabato 3 dicembre è culminato a Pescara con la messa in scena della famosa commedia di Eduardo de Filippo, di fronte ad un pubblico di oltre cinquecento persone. La stessa commozione era trapelata nelle parole di Cristian Di Marzio, che a nome di tutti al termine dello spettacolo aveva detto: «Niente può cancellare il desiderio di bellezza che c’è in noi. Oggi quel desiderio si è realizzato, e vogliamo ringraziare di cuore quanti hanno permesso che ciò potesse accadere. Con questa rappresentazione non solo abbiamo avuto la possibilità di misurarci con un pubblico vero, ma anche di far emergere il buono che c’è in noi e invertire la rotta. La nostra speranza è che sia l’inizio di un rapporto che non finisce oggi. Se non finirà, vorrà dire che l’eco del nostro desiderio avrà lasciato una traccia indelebile».
Lo spettacolo - un vero e proprio trionfo, con applausi ripetuti - è stato il momento culminante di un percorso di valorizzazione che sta avvenendo dentro il carcere di Chieti, grazie alla direttrice Giuseppina Ruggero, all’educatrice Annamaria Raciti, al magistrato di sorveglianza Maria Rosaria Parruti, al comandante della Polizia Penitenziaria Valentino Di Bartolomeo, e alla regista Paola Capone. Una passione educativa che, a maggio di quest’anno, si è incrociata con la visita di Mauro Moretti, presidente del Centro Servizi per il Volontariato di Pescara, e Lorenzo Di Flamminio, consulente dello stesso Csv, invitati ad una rappresentazione teatrale al termine della quale una detenuta aveva detto: «Non soffocate questo nostro desiderio di bellezza». «Quella frase – racconta Moretti - ci ha veramente impressionati. Da quel momento è nata un’amicizia con i vertici della Casa Circondariale di Chieti, continuata con la presentazione in carcere del libro di Emmanuel Mounier Lettere sul dolore; una visita insieme a loro al Meeting di Rimini e, infine, l’idea di mettere in scena una nuova rappresentazione teatrale. Ci ha colpito lo straordinario tentativo di valorizzazione dell’umano che rappresenta davvero la possibilità di una costruzione del bene comune. Da far conoscere a tutti». Per questo motivo lo spettacolo è stato inserito all’interno dell’annuale evento “Volontariamente” che si è aperto con un convegno sul tema: “Siamo stati visitati da qualcuno molto grande”. Dove sono intervenuti: Riccardo Ribera D’Alcalà, padre di Giulia affetta da una grave malformazione e che per i medici non doveva nascere e che invece è diventata un grande segno del Mistero nella vita sua e di tanti amici che hanno iniziato a frequentare la loro casa; Pietro Del Vecchio, volontario della mensa della Caritas di Pescara e detenuto; Valentina Palleri, con una figlia malata, ma capace di suscitare in lei una grande fede; Mariagrazia Figini, della Fondazione Cometa di Como, che ha sottolineato come l’incontro con ciò che compie il desiderio di ogni uomo è in grado di cambiare la vita, e di renderla utile per sé e per gli altri.
In questo percorso, un ruolo particolare è stato quello del magistrato Maria Rosaria Parruti, che ha creduto nel valore dell’iniziativa fino al punto di concedere a sedici detenuti il permesso-premio per la rappresentazione di Pescara. Al termine dello spettacolo, è stata proprio il magistrato a spiegare il perché di questa sua decisione, a partire dal contenuto della commedia: «Luca Cupiello considerava il mondo come un grande giocattolo: aveva come unica preoccupazione il presepe vissuto come la messa in scena degli auguri natalizi per i regali destinati alla moglie. Ha vissuto nell’illusione di aver creato una famiglia felice, e si avvia a morire nell’illusione che il mondo sia come lui lo aveva sempre creduto. È un uomo che non è diventato adulto, cioè capace di guardare la realtà per quello che è e di assumersi le relative responsabilità. Sia per chi è dentro il carcere sia per chi è fuori, la vita è questa possibilità di crescere, di maturare, di diventare adulti, cioè coscienti della realtà, delle proprie responsabilità e di non rimanere in preda delle proprie illusioni. Questa realtà è pienamente vivibile e da non fuggire, perché Qualcuno ci viene incontro. Nella mia esperienza di magistrato di Sorveglianza quello che verifico è che la possibilità di ripartire, di ricominciare c’è quando c’è un amore presente, della donna, dei figli, di un amico. Il mio augurio è che il Natale sia per noi l’occasione di scoprire e cominciare a sperimentare che la realtà che siamo chiamati a vivere, anche se dura, faticosa, può essere vissuta come tale, e non deve essere fuggita, perché Qualcuno ci ama davvero».