William Congdon, "New York City (Explosion)", <br>(1948).

CONGDON La finestra sulla vita

Un documentario sul pittore americano, oggi riscoperto e studiato. Il suo "isolamento" dall'Action Painting, la conversione. E il valore della sua opera. Che «non dipende dal mercato»... Alcune domande a Jane Milosch (Provenance Research Initiative)
Santiago Ramos

La “New York School” degli Action Painters, fra gli anni Quaranta e i Sessanta del secolo scorso, fu il primo fenomeno realmente internazionale dell’arte americana. Il mondo che i protagonisti dell’Action Painting avevano davanti nella loro maturità era più dinamico e, almeno su grande scala, più violento di quello dei loro predecessori. Questi artisti erano alla ricerca di un nuovo modo di dipingere che, secondo le parole di Jackson Pollock, esprimesse e non raffigurasse la realtà nella quale essi vivevano.
Fra gli artisti coinvolti, i più famosi erano Franz Kline, Robert Motherwell, Mark Rothko, Willem de Kooning e lo stesso Pollock. Il movimento aveva anche i suoi teorici, come i famosi critici d’arte Clement Greenberg e Harold Rosenberg, tuttavia non durò oltre gli anni Sessanta, allorché l’ironia prese il posto dell’angoscia e l’azione fu sostituita dal pop.
Isolato rispetto a questa ultima deriva, concentrato sulla sua pittura a Milano, lontano da New York, William Congdon, uno dei membri di rilievo dell’Action Painting, ha continuato nel solco della tradizione pittorica espressionista fino alla sua morte, nel 1998. Le origini di Congdon erano atipiche rispetto agli altri pittori del movimento: proveniva infatti da una tipica famiglia Wasp del New England e non aveva studiato in un classico istituto d’arte. Ma aveva condiviso con gli altri l’esperienza degli orrori del suo secolo: conducente di ambulanze nella Seconda Guerra mondiale, era stato fra i primi a entrare nel campo di concentramento di Bergen-Belsen. Negli anni Quaranta, era in cima alle vendite fra gli Action Painters, accolto nella galleria di Betty Parsons. Ma dopo che lasciò New York per l’Europa, negli anni Cinquanta, e dopo la sua conversone alla Chiesa Cattolica nel 1959, non fece nulla per diventare un protagonista della scena dell’arte americana.
La William Congdon Foundation e il New York Encounter sono i co-sponsor dell’evento “William Congdon: la pittura al cuore della realtà”, che offre l’opportunità di una nuova valorizzazione dell’artista attraverso un documentario e una proiezione delle sue opere con un commento di Jane Milosch, direttrice della Provenance Research Initiative nell’ambito del Sottosegretariato per la Storia, l’arte e la Cultura alla Smithsonian Institution. Con lei abbiamo parlato di Congdon e del suo posto nella storia dell’arte americana.

Perché Congdon merita di essere ricordato?
Congdon era un artista e un pittore eccezionale, che ha cercato una strada di verità nella sua esperienza personale. Conosceva molto bene la storia dell’arte e i diversi stili, e la sua opera rivela la sua piena conoscenza del colore e della forma. Pur dipingendo ed esponendo a fianco degli altri espressionisti astratti, lasciò l’America per l’Europa.

Perché?
Per cercare altri soggetti che mettessero alla prova la sua visone della vita e suscitassero le questioni ultime del significato dell’esistenza.

Crede che abbia un posto nell’olimpo dell’espressionismo astratto americano allo stesso livello di Rothko e Pollock?
Sì, ma solo il tempo lo confermerà. Il fatto che critici italiani e alcuni studiosi americani vadano riscoprendo e analizzando la sua opera apre a ogni genere di possibilità. La storia dell’arte è sempre nella condizione di essere scritta e riscritta. Alla fine, non sarà la critica modernista o il mercato dell’arte a determinare il permanere del valore della sua opera.

Ma che cosa?
Solo la capacità della sua opera di stare in relazione e interloquire con le altre a un livello universale e individuale. La grande arte è enigmatica, non si può facilmente definire; e così io vedo l’arte di Congdon. La sua conversione al Cattolicesimo aggiunge un’altra prospettiva affascinante attraverso cui guardare la sua arte, dentro il percorso di altre forme di arte religiosa o spirituale.

Quale prospettiva?
Come diceva lo stesso Congdon, «l’arte è una finestra sulla vita e oltre la morte», e questa posizione è una sfida per molti uomini, quale che sia il loro percorso di vita e di fede.