L'intervento di Ferruccio De Bortoli.

C'è bisogno di persone, non di tecniche

In un incontro sui giovani e la crisi economica si sono confrontati Gianandrea Goisis, Giorgio Vittadini e Ferruccio De Bortoli. Da dove ripartire? Da capitale umano, desiderio, educazione. E da alcuni esempi...
Pietro Bongiolatti

«Il capitale sociale è il valore più grande del nostro Paese, ma non compare nei bilanci», ha attaccato così il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, mercoledì 14 marzo alla Statale di Milano, durante l’incontro “Crisi economica, sviluppo e giovani”, organizzato dall’associazione studentesca "Lucerna Juris". Con lui, in cattedra, Gianandrea Goisis, professore di Economia Politica della stessa università, e Giorgio Vittadini, professore di Statistica all’Università Bicocca di Milano e presidente della Fondazione per la Sussidiarietà.

Goisis ha dato le coordinate del problema: l’origine della crisi e la situazione attuale. Dopo la fantasia delle “finanza creativa”, dopo che gli Stati hanno salvato le banche, dopo le iniezioni di denaro per non far soffocare le imprese, ora è il momento di crescere: «Per farlo non bastano i mezzucci finanziari, bisogna migliorare la struttura produttiva e sociale, e c’è tanto da fare».

«All’origine della crisi c’è un equivoco», ha aggiunto De Bortoli raccontando quello che ha visto come direttore prima del Sole 24 ore e ora del Corriere: «La politica ha lasciato alla finanza un compito che non le spettava: dare una casa a chi non poteva permettersela. Così sono diminuiti i vincoli nei mercati e sono stati accesi mutui che non potevano essere restituiti». E si è alimentata un’illusione: «Si pensava di poter costruire un’economia senza cicli. Dopo aver decretato la fine della storia perché l’America non avrebbe più avuto nemici, si è andati alla ricerca dell’algoritmo economico che potesse eliminare il rischio. Una bella favola da raccontare ai lettori, ma una cosa impossibile a cui l’economia si è ribellata». Ora è tempo di puntare alla crescita. Restano molti problemi: l’università, l’accesso al mondo del lavoro, il blocco della mobilità sociale, il peso delle tasse e l’evasione fiscale, ma «il primo impegno per tornare a crescere è guardare alla gente e agli elementi che formano la società. La sussidiarietà è questo e negli ultimi anni è stato uno dei pochi temi che ha messo d’accordo destra e sinistra», ha detto il direttore del Corriere della Sera.

Un punto che sta molto a cuore anche a Giorgio Vittadini, che ha spiegato: «L’Italia ha attraversato molti periodi di crisi, ma ne è sempre uscita grazie ad una particolare capacità di cambiamento, a proposte nuove e intelligenti, senza rimanere ingabbiata in schemi vecchi e soffocanti». Eppure questa è una caratteristica che sembra sempre più rara: «Stiamo diventando un Paese per vecchi? Lo sviluppo e il cambiamento sono capacità tipiche dei giovani, ma siamo in un periodo di crisi e la tentazione del mito della finanza ci ha fatto a lungo dimenticare il valore del capitale umano». Per questo si è data poca importanza alla formazione ignorando alcuni segnali preoccupanti. Come il numero di neet (Not in education, employment or training, giovani che non studiano, non lavorano né cercano un impiego), il tasso di abbandono scolastico o di disoccupazione giovanile, la crisi del sistema di formazione professionale o il basso numero di laureati, di master e dottorati. Ha spiegato Vittadini: «La burocratizzazione della scuola blocca la mobilità sociale, perché non valorizza le capacità e la libertà degli insegnanti. Così la scuola italiana resta mediocre e penalizza chi non ha i mezzi per pagarsi studi d’eccellenza».

«Per lo sviluppo però non basta il capitale umano, serve una motivazione ideale, come dice il volantino di Cl “La crisi, sfida per un cambiamento”» ha continuato il Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà: «Lo sviluppo è legato alla vivacità delle realtà sociali, che si muovono grazie al desiderio delle persone. Occorre però che questo desiderio sia educato perché diventi strumento di reazione alla crisi e non resti solo un termine poetico e astratto». Esistono già esempi di questo, nonostante il clima negativo: «Come gli emigranti che tra Ottocento e Novecento con le loro rimesse hanno risollevato l’Italia, così ora ci sono centinaia di laureati che vanno all’estero a studiare. Non si tratta di “fuga dei cervelli”, ma di giovani che desiderano approfondire il proprio studio e per questo si muovono». Così, secondo Vittadini, ci si muove in direzione anche di un cambiamento nel sistema universitario: «Ora per ottenere un posto di ricercatore non si può non avere pubblicazioni straniere. Prima della norma, è un cambiamento venuto dal basso».

Tanti gli esempi che ha portato Vittadini: un ragazzo che ha iniziato il dottorato negli Usa grazie ai contatti nati attraverso Esperimenti Danteschi, un’associazione di studenti che organizzava dei seminari di studio su Dante in Statale. O come “Grom”, la catena di gelaterie nate con un piccolo finanziamento della Regione Piemonte a giovani imprenditori e cresciuta grazie alla voglia di fare bene: «Restano i "lacci e lacciuoli" che frenano il sistema, ma questi sono esempi di punti di ripresa economica nati dal desiderio. Quando viene rimesso in azione diventa reddito e valore aggiunto: questa è la caratteristica più preziosa del mondo italiano».

Nell’aula piena gli studenti non sono rimasti passivi a guardare. C’era chi, smartphone o tablet alla mano, raccontava su Twitter i punti salienti della lezione e chi ha posto domande su alcuni dei nervi scoperti della situazione italiana: l’efficienza del sistema politico e della giustizia, l’importanza delle infrastrutture e il ruolo dell’informazione. Un dialogo, anche virtuale, cui i relatori non si sono sottratti. Necessità delle riforme, uso corretto delle notizie, la lentezza della giustizia che disincentiva l’investimento estero... Ma qual è la cosa di cui c’è più bisogno? «Di persone» ha risposto Vittadini: «Che abbiano coscienza della propria esperienza e grazie a questa siano capaci di affrontare situazioni nuove. Non si può distinguere tra capacità tecniche e umane: più uno è uomo e più sa affrontare le difficoltà perché sa cambiare. C’è bisogno di persone curiose, capaci di stupirsi e di muoversi, che accolgano il cambiamento come opportunità per sé, non di tecnici che ripetano continuamente le stesse cose». Alla fine dell’incontro, dopo aver ringraziato per i commenti, sul suo profilo di Twitter il direttore De Bortoli ha commentato: «Desiderio, fiducia, motivazioni. Vittadini parla del successo all'estero di molti laureati. E hanno fatto tutto da soli». Appunto: uomini, che si sono messi in moto.