Vincent Van Gogh, <em>I primi passi</em>, 1890

Fuori dai blog, dentro il bisogno della famiglia

Manuali e istruzioni su come crescere i figli? Un'ostetrica racconta la sua esperienza. A partire da cosa significa essere genitori con una prospettiva diversa da quella dominante...

A proposito di famiglia: ho letto con interesse l’articolo apparso sul sito di Tracce la scorsa settimana, riguardante i blog sulla maternità e le informazioni divulgate da libri che mostrano le difficoltà che sorgono quando arriva un figlio. Spesso una donna non “ci sta più dentro” perché un figlio sconvolge l’esistenza e costringe a mettere a tema il senso. Non solo nell’accezione di significato ma anche di direzione della vita con i desideri, i bisogni, le domande, le attese. Spesso un figlio reale è diverso dal figlio immaginato, spesso il padre o la madre reali sono diversi dai padri e dalle madri immaginati. Si è genitori di fronte alla presenza di un figlio, non di fronte ad un’ipotesi astratta.

La mentalità dominante si nutre di “madri sull’orlo di una crisi di nervi”, che sognano di cambiare i nuovi ritmi per ricondurre le ore alla misura che avevano prima di quell’evento. Un figlio dà una misura che non è più quella di prima. Spesso dopo il parto, evento di per sé carico di mistero, di sorpresa, di dispendio energetico, si vivono i giorni successivi come se si fosse in una bolla di sonno, allattamento, pannolini e fatica. Il mondo pare rallentare,i ritmi sono dominati da una creatura che domanda accoglienza e mendica accudimento. Cosa c’è di bello in tutto questo? Cosa c’è di attraente in un piccolino con le coliche, che passa il suo tempo a mangiare, digerire, evacuare e piangere? Blog e testi cavalcano l’ipotesi di madri, difficilmente si parla di padri, in preda alla fatica, deluse dalle aspettative di un figlio modello “Cicciobello”, che si adegua immediatamente alla vita degli adulti, che non disturba il rapporto di coppia, che lascia invariate le relazioni. Insomma un accessorio in più in casa per qualche mese, che poi nel tempo dà soddisfazione perché sorride, simpatizza con tutti, sta dove lo metti, passa dalle braccia di tutti senza colpo ferire e si adatterà velocemente alla tata o al nido.

Vorrei raccontare di un’altra esperienza di maternità e di paternità: di un sostegno alla famiglia, in un luogo di Milano in cui lavoro come ostetrica, dopo anni passati in ospedale. Ho scelto di lavorare sul territorio, un po’ in frontiera, perché ho raccolto la sfida educativa. Partendo proprio dall’incontro e dall’accoglienza come fondamenti di una cultura della vita, della gioia dell’attesa e della nascita di un figlio. Lo sguardo di una madre e di un padre su di sé e sul loro bambino cambia se sono guardati da una presenza amorosa che li sostenga nel grande cambiamento. Il luogo in cui lavoro è una casa aperta alle famiglie dove a tema c’è l’io di tutti, con i bisogni, i limiti, gli errori e le gioie dell’attesa, la sorpresa di ciò che gira attorno a un neonato, il sostegno per un allattamento difficile, il riposo per chi ne ha bisogno. Le madri e i padri hanno bisogno di una compagnia attiva per raccontare di sé e condividere le paure e le ansie. Capita che si venga per dormire un paio d’ore, lasciando che il bambino sia accudito da noi ostetriche o da altre mamme. Capita che ci si trovi a mangiare insieme per festeggiare un evento o che si venga a domandare aiuto per un bisogno economico.

Il nostro è il consultorio “La Famiglia” di via Arese 18, a Milano, fondato anni fa come risposta sociale a sostegno della vita dopo l’approvazione della legge 194 sull’interruzione di gravidanza e che ha incarnato il metodo dell’incontro vissuto nell’esperienza di Cl. Con la collaborazione creativa di un’associazione di ostetriche, è presenza attiva e testimonianza di fede all’interno del quartiere e non solo. È la fede semplice di noi che accompagniamo una famiglia sostenendo la sua identità, indipendentemente dalla matrice religiosa o culturale ma certi della nostra identità cristiana, che ci apre a chiunque ci incontri. Accade che si passi il pomeriggio a casa di una madre al ritorno dall’ospedale, che si canti con bimbi di pochi mesi, si massaggi un bambino mentre si raccolgono indumenti per i bisognosi. O che si faccia ginnastica dopo il parto giocando e ballando con i bimbi, che si scoprano i passaggi dello sviluppo neuropsicologico di un bimbo, si vada insieme in piscina con le gravide o con i piccoli di pochi mesi. Noi viviamo dentro i bisogni delle famiglie, coscienti che dietro la necessità concreta di allattare, c’è molto di più: c’è il desiderio di essere felici.

Allora, pur giocando tutte le nostre capacità professionali, ci accorgiamo che non siamo certamente noi, con le nostre indicazioni e i nostri consigli, a rispondere al bisogno di compimento di chi viene da noi. Le esigenze dei padri, delle madri e dei bambini sono per noi un’occasione di andare a fondo del nostro bisogno di compimento e felicità. Spesso siamo spettatrici di piccoli miracoli, famiglie che accolgono creature non previste, giovani adolescenti che vivono la loro maternità con serenità, giovani spose che recuperano una buona relazione con il proprio sposo, padri che ritornano ad occuparsi della famiglia dopo periodi di crisi. Forse non siamo la gente dei blog, non abbiamo scritto libri ma spero di aver testimoniato l’esistenza di uno stile famigliare che grazie alla compagnia e ad un luogo di incontro e accoglienza, può fare la differenza. In un mondo dove fa notizia solo l’esibizione della noia e della fatica, dove si vive sempre nell’ipotesi dell’apparenza e dell’illusione, dove sembra sempre che la vita, la vera vita, sia ovunque tranne che nelle ore passate con un figlio totalmente dipendente che porta con sé, per tutti, una carica dell’altro mondo.

Rosaria Redaelli

Grazie per la sua lettera. Per la testimonianza. E per il lavoro prezioso che fate ogni giorno.