La locandina di <em>EncuentroMadrid</em> 2012

E la vita diventa bella

Tre giorni di incontri, mostre e spettacoli: dalla storia alla politica passando per l'economia e l'educazione. In Spagna, una kermesse internazionale per scoprire le forze che cambiano la storia e il cuore dell'uomo
Carla Villalonga

Fra il 22 e il 25 marzo si è svolta la nona edizione di EncuentroMadrid, A tema: "Le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo". L’evento, che ha visto impegnati fra 400 e 500 volontari, è stato un’occasione per verificare se quest’affermazione è valida oggi, o se al contrario è priva di corrispondenza con la nostra realtà.
Per diversi mesi studenti, professori e altri collaboratori si sono impegnati nella preparazione della mostra sulla transizione spagnola, intitolata "La forza della riconciliazione", che è stata il perno intorno a cui ha ruotato tutto l’EncuentroMadrid. Questo viaggio nella storia della Spagna ha mostrato come il periodo seguito alla morte di Franco e che ha preceduto l’avvento della democrazia sia stato qualcosa di positivo. Un periodo dove ha dominato uno sguardo rivolto alla persona e il riconoscendo del suo valore «fino ad arrivare alla carità», come ha spiegato il curatore della mostra, Fernando de Haro. Il fatto è che questo riconoscimento del diverso e questa affermazione dell’altro continuano oggi a muovere i cuori. E questo si è reso molto presente nell’EncuentroMadrid.

Oggi viviamo un tempo di crisi. Riguardo alla questione di come affrontare il difficile momento che attraversiamo, Bernard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere, nell’incontro principale della manifestazione ha affermato che ciò «è possibile solo attraverso il riconoscimento chiaro e consapevole del valore infinito che l’altro ha». La risposta alla crisi consiste nel fatto che «l’uomo possa vivere il desiderio che lo costituisce». «La nostra capacità di incidere nella storia dipende dalla modalità con cui viviamo il desiderio; il vero problema è che cosa noi desideriamo», ha affermato Scholz, «l’uomo non desidera tanto il bene inteso come "poter produrre e scambiare beni e servizi". Se mi limito ai beni, sto riducendo il mio desiderio. La questione è se c’è un popolo che vive all’altezza del proprio desiderio. La politica non può né crearlo né dargli risposta». In tutte le cose c’è qualcosa di buono. «Posso costruire perché so che non dipendo dal mio esito, quanto da quell’Altro che mi ha dato tutto. La crisi è una opportunità di crescita per l’uomo», ha spiegato Scholz.
Questi contenuti proposti da Scholz hanno preso vita negli interventi all’incontro "Risposte imprenditoriali alla crisi", dove sono intervenuti tre protagonisti in settori completamente diversi, l’automobile (il direttore finanziario di Mercedes-Benz Spagna), l’insegnamento delle lingue (il direttore dell’Emerald Institute di Dublino), l’industria casearia (il fondatore delle Queserías del Tiétar). Hanno testimoniato come hanno trasformato dei momenti critici nella propria esperienza in occasioni per costruire. Un esempio particolarmente chiaro è stato quello di Rafael Báez, che fondò le Queserías del Tiétar quando aveva 65 anni, invece di andare in pensione, spinto dal suo desiderio di creare qualcosa. Vent’anni dopo, i suoi prodotti riscuotono grande successo a livello nazionale e internazionale.

Un altro dibattito dell’EncuentroMadrid ha visto gli interventi di tre personaggi che vivono all’altezza del proprio desiderio. Myroslav Marynovic, vicerettore dell’Università Cattolica dell’Ucraina. Ha raccontato la propria esperienza personale di perseguitato nell’Unione Sovietica: «Il regime sovietico richiedeva la dedizione totale. Il KGB mi domandò se stavo con loro o contro di loro. Io gli risposi che ero contro, e questo mi costò l’arresto e la deportazione. Non mi sono mai pentito di questa scelta». L’essere fedele al proprio desiderio portò alla sua condanna, nel 1977, al campo di lavoro, nel quale ha trascorso sette anni.
Nello stesso incontro il direttore della sezione spagnola di Aiuto alla Chiesa che soffre, Javier Menéndez Ros, ha parlato dei cristiani perseguitati come «coloro che prendono su di sé l’esperienza di Cristo in croce con una dedizione a Dio più pura e viva», che vivono una testimonianza di fede con grande gioia e «una profonda unità nella loro comunità; un impegno totale che giunge in molte occasioni fino alla morte, e il perdono come strumento che sconcerta e vince». Menéndez Ros ha citato casi di persecuzione come quello della cattolica pachistana Asia Bibi, condannata a morte nel 2010 per blasfemia contro Maometto.
È intervenuto anche l’europarlamentare italiano Mario Mauro, affermando la necessità che vengano date all’uomo risposte che corrispondano a quello che l’uomo è. «Questa è la grande responsabilità che portiamo nella storia. Testimoniare che Cristo è tutto, è il modo con cui posso essere di aiuto alle istituzioni alle quali partecipo», ha concluso.
Anche nel principale incontro sull’educazione si è parlato di questo desiderio, che è così importante nel momento della costruzione. Sono intervenute la segretaria di Stato per l’educazione in Spagna, Monserrat Gomendio, e la sua omologa italiana, Elena Ugolini, che ha sottolineato la necessità di educare partendo dalla «certezza che esiste in ciascuno di noi un desiderio di bene, di giustizia, di bellezza e di significato».

L’incontro dal titolo “Un seme in cui nessuno pone speranza” ha colpito perché i relatori hanno raccontato che ciò che aveva cambiato il loro cuore: «È stato il guardare alla persona che avevamo davanti», a partire dalla quale uno si muove. L’oncologa Bianca López Ibor ha descritto la propria esperienza nel campo della medicina, un ambito nel quale molte volte si dimentica la dimensione totale del paziente: «non si parte dal bambino e dal suo contesto per costruire. Noi ci adoperiamo perché sia l’ospedale che si adatta al bambino, e non il contrario, e per questo siamo disponibili 24 ore al giorno, tutti i giorni».
Madre Claudia Cuello, direttrice del Cottolengo di Padre Alegre, dove vengono accolti malati incurabili privi di mezzi, ha detto che lì «non abbiamo nulla e abbiamo tutto», che il senso della vita è «lasciare che Dio sia Dio», e che «Lui sa ciò di cui abbiamo bisogno e ce lo fa trovare, anche se non sempre nel modo che noi ci attendiamo». «Voler garantire tutto» ha terminato «è non lasciar spazio perché Lui agisca».
Su questa linea si è sviluppato anche l’incontro intitolato “Carità: la vera rivoluzione?”, nel quale suor Carmen Pérez, teresiana di Enrique de Ossó, ha affermato che «la carità è ciò che muove e cambia completamente la persona». Mariela Filiberti, della Congregazione delle Sorelle della Carità dell’Assunzione ha detto che per lei «la carità è accettare che Dio mi ama. Solo il fatto dell’affetto che Dio ha per me - Dio che si è commosso per il mio niente - fa sorgere la possibilità che io ami gli altri»; e Maria Teresa Compte, docente universitaria della Fondazione Paolo VI, ha parlato della carità come un agire «frutto del desiderio di una vita buona di tutti e per tutti gli uomini con i quali viviamo».

Questa edizione dell’EncuentroMadrid è stata anche caratterizzata da numerosi eventi culturali, come il concerto di Ara Malikian, quello del gruppo Nofrost, il concorso di cortometraggi, la conferenza sulla Pedrera di Gaudì, quella sul cinema horror, e la serie di incontri di poesia, coordinati dal poeta e scrittore Davide Rondoni. È stato anche presentato il documentario “Haiti, terra di speranza” della Ong CESAL.

Il riconoscimento del diverso, che ha reso possibile la transizione, è diventato il filo rosso dell’EncuentroMadrid. Questo ha reso possibile che personalità della sinistra e della destra, del mondo cattolico e di quello laico, si siano riconosciuti nel giudizio storico che abbiamo proposto a tutti.
Nell’EncuentroMadrid ci siamo trovati sorpresi dalla capacità educativa dell’esperienza cristiana. Abbiamo sperimentato la fecondità civile che ha la trasmissione della fede quando è liberamente offerta alla verifica critica dei giovani. Questa educazione rende possibile l’apparire di un fattore decisivo in qualsivoglia mutamento storico: la gratuità. È la gratuità che ha fatto sì che centinaia di volontari abbiano realizzato un’opera come questa. Dopo questi giorni possiamo dire con uno dei cantautori della transizione, «la vita è bella».