Paolo Franchi.

«Non sono d'accordo, ma è una risorsa per tutto il Paese»

Paolo Franchi, giornalista del Corriere della Sera, reagisce alla lettera di Carrón a Repubblica: «Tanti vedono nei fatti di questi giorni solo la conferma dei propri pregiudizi. C'è chi vorrebbe liberarsi di voi, ma così saremmo tutti più poveri»
Paolo Franchi

Ha ragione Luciano Violante, quando afferma che la lettera a Repubblica di don Julián Carrón pone problemi seri anche alla politica e ai politici “laici”. A quelli che individua Violante, mi permetto, da laico lontano da voi, ma attento alle vostre cose, di aggiungerne un altro. Che riguarda la nostra (di noi laici, democratici, e di sinistra) disposizione di spirito, diciamo così, nei confronti del vostro rovello.

Dico subito il mio punto di vista. La forza dell’argomentazione di Carrón sta nella grande capacità di combinare il rifiuto di ogni teoria del complotto contro Comunione e Liberazione con la riaffermazione umile e assieme orgogliosa del valore straordinario dell’esperienza di una grande comunità qual è la vostra. Un’esperienza che costituisce certo, come ha scritto, sempre su Repubblica, Gad Lerner, “una vicenda controversa, ma imprescindibile del cristianesimo contemporaneo”, in grado quindi “di sopravvivere al berlusconismo, anche nella sua variante Formigoni”. Ma che, almeno dal mio punto di vista, è e resterà anche, e proprio per questo, una grande risorsa ideale, culturale, civile, sociale e, perché no, politica di cui la democrazia italiana, o quel che ne resta, ha davvero bisogno.

Non so quanti laici, democratici e di sinistra, condividano questo punto di vista, anzi, penso che molti non lo condividano affatto, nella convinzione che quanto sta emergendo in questi giorni (vedremo poi quale ne sarà l’eventuale rilievo penale) sia la prova provata di un loro giudizio, o pregiudizio, antico. Secondo il quale l’“integralismo” di Comunione e Liberazione sarebbe da un pezzo, in ultima analisi, l’alibi ideologico, o se preferite la copertura, di una sovrana, prosaica spregiudicatezza, e anche di qualcosa di peggio, nelle “opere”, sul terreno, cioè, laico e mondano.

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