Una chiesa lesionata a Finale Emilia.

La Chiesa viva su cui ricostruire

Giulia è di Finale Emilia. La sua casa è inagibile. I primi giorni ha dormito in macchina, ora vive in tenda. Dentro l'angoscia e la paura, le parole del vescovo di Modena monsignor Lanfranchi: «Nessuno è mai abbandonato»

Il terremoto fa paura: danneggia e distrugge ogni cosa. Ma è davvero la fine?
È trascorso quasi un mese dalla prima grande scossa che ha messo in ginocchio la Bassa Modenese e il ferrarese. La gente è ancora impaurita: c'è chi ha dovuto abbandonare le proprie abitazioni, chi si è arrangiato in macchina o nelle tende, in camper e roulotte, chi ha perso il proprio lavoro. Tutto è crollato: centri storici, chiese, abitazioni, industrie. Sul volto delle persone ci sono ancora i segni dei due grandi sismi che hanno raso al suolo interi paesini.

La tristezza, la disperazione, l'angoscia hanno preso il sopravvento in ognuno di noi, fino quasi a determinare la nostra vita. Così è capitato anche a me che ho vissuto la prima settimana soffocata da ciò che ormai era andato perduto, da ciò che sarebbe potuto accadere, abbandonandomi all'istintività e all'isterismo generale. Una cosa però si è fatta ben evidente: nessuno era abbandonato. Moltissimi volontari, ma anche semplici cittadini della zona o di altre parti della provincia o di Italia sono accorsi per portarci ciò di cui avevamo bisogno. Tutto il necessario per poter ripartire. Già, ripartire: perché ciò di cui abbiamo più bisogno è proprio riconquistarci la nostra quotidianità, così tante volte bistratta, perché in ogni piccolo gesto di ogni giorno c'è qualcosa di grande per noi che ci attende.

La circostanza che ha permesso proprio a tutti di respirare e di poter guardare a ciò che accade, giorno dopo giorno, è stata la veglia di Pentecoste che il vescovo della Diocesi di Modena, monsignor Antonio Lanfranchi, ha deciso di celebrare a Finale Emilia, uno dei paesi più colpiti dal sisma del 20 maggio. È balzato con prepotenza davanti agli occhi di tutti che ciò di cui noi abbiamo più bisogno è una speranza che non ci abbandona e non ci delude mai.

«Facciamo nostre le parole di Gesù», ha detto il Vescovo, «nel mondo avete tribolazione, ma abbiate coraggio. Il terremoto ha danneggiato e distrutto, le scosse rendono lontane le persone di casa. Il terremoto ha distrutto le chiese, ma non quella comunità che stasera è qui, per prendere coscienza dell’importanza di essere comunione di doni nello spirito. Da dove ripartire? Dalla speranza come voglia di ricostruire: con l'aiuto del Signore e della solidarietà umana. E’ stata distrutta la Chiesa di pietra ma non la Chiesa viva. Forse stasera comprendiamo di più la bellezza del fare comunione nella molteplicità dei doni, perché la Chiesa si costruisca come corpo visibile. La ricostruzione passa per la forza della comunione e il coraggio della missione».

Qualche giorno dopo la veglia, c'è stata la seconda grande scossa: nuovamente altra paura, angoscia e disperazione per le numerose vittime causate. Un'amica passando a trovarmi a casa mi ha detto: «C'è bisogno di gente alla Caritas, vieni?». Proprio io, che per una settimana sono rimasta paralizzata da paure e nervosismo, proprio io che sono rimasta immobile, dimenticando cosa significa essere cristiani. Con le parole del vescovo ancora impresse nella memoria, senza pensarci su due volte sono partita e sono andata ad aiutare i volontari, finalesi da sempre presenti e attivi in parrocchia, che smistavano e davano generi alimentari e vestiario a chi aveva perduto tutto.

Durante quel pomeriggio assolato mi sono accorta, parlando con chi era lì ad offrire il proprio tempo, che siamo tutti animati dallo stesso bisogno: condividere ciò che abbiamo e soprattutto aiutare chi si trova in difficoltà per aiutare noi stessi. Aiutarci a capire che noi abbiamo bisogno di Qualcuno che ci accompagni e ci guidi quotidianamente, che ci dia speranza per ripartire e andare avanti, Qualcuno presente in mezzo a noi. Comprendere che abbiamo bisogno di «servire per edificare la civiltà dell'amore e della verità».
Giulia, Finale Emilia