Sostenitori del nuovo presidente Mohamed Morsi.

«Il braccio di ferro tra esercito ed islamisti»

Le debolezze dei Fratelli Musulmani. E un neopresidente "commissariato". Ma l'obiettivo dei militari non sembra un regime autoritario: «Vogliono limitare il potere della Fratellanza». Intervista a Tewfik Aclimandos, specialista di politica egiziana
Luca Fiore

L’Egitto dopo la proclamazione della vittoria di Mohamed Morsi, il candidato alla presidenza dei Fratelli Musulmani, resta un Paese pieno di enigmi. D'ora in poi assisteremo alla dialettica tra islamisti ed esercito: un braccio di ferro che potrebbe generare un regime democratico, uno religioso, o una dittatura militare. In qualsiasi caso, passerà "in nome" della rivoluzione di piazza Tahrir.
Per Tewfik Aclimandos, egiziano melchita, ricercatore di Storia contemporanea del mondo arabo al Collège de France di Parigi e attento osservatore degli equilibri di potere al Cairo, i Fratelli Musulmani non sono stati capaci di dare sufficienti garanzie al Paese della loro affidabilità. Ed è per questo che l’esercito ha reagito "commissariando" il loro presidente.

Oggi l’Egitto ha un presidente dei Fratelli Musulmani, la giunta militare ha sciolto il Parlamento e si è assunta il potere legislativo. La situazione è molto incerta. Come si è arrivati a questo punto?
Morsi ha vinto delle elezioni libere. Il Parlamento è stato sciolto perché la legge con la quale è stato eletto è stata giudicata incostituzionale dalla Corte suprema. Ma che fosse incostituzionale era noto. Gli osservatori occidentali forse non se ne sono resi conto, ma si sapeva. Si trattava di una legge scritta sotto determinate pressioni politiche. Il problema è: perché la sentenza è arrivata proprio in quel momento? Qui si pone la questione della connivenza tra giustizia e militari. Dal punto di vista giuridico la magistratura ha ragione, non si tratta di un pretesto: quella legge è incostituzionale. Ma se non ci fosse stata nessuna connivenza con i militari, la sentenza di incostituzionalità sarebbe stata resa nota parecchi mesi fa, non alla vigilia del ballottaggio delle presidenziali. Penso che i militari abbiano voluto dare il tempo al Parlamento di screditarsi da solo, il tempo di mostrare che così com’era non funzionava. I Fratelli Musulmani, da parte loro, avevano ottenuto la maggioranza dei seggi in Parlamento. La legge elettorale, come avviene in molte altre democrazie, gli aveva assegnato la maggioranza assoluta nonostante avessero ricevuto la maggioranza relativa dei voti. È un sistema per garantire la governabilità di un Paese. Il problema è che i Fratelli Musulmani hanno cercato di forzare la mano e prendersi tutto il potere, come è avvenuto nel caso della Costituente che, infatti, è stata sciolta per questo motivo. La confusione di questo momento dipende dai soggetti politici in campo: tutti hanno le loro responsabilità. La Costituente è fallita per colpa dei Fratelli musulmani, il Parlamento è stato sciolto per colpa di chi ha scritto la legge elettorale e il tempismo sospetto è colpa dei militari. Non penso che il timing sia stato molto intelligente. Naturalmente il candidato dei militari era Ahmed Shafiq, ma mi domando se la decisione di sciogliere il Parlamento tra i due turni delle presidenziali non lo abbia danneggiato anziché favorirlo.

Il nuovo presidente accetterà di fare il presidente con "poteri limitati"?
No, certamente. Combatterà metro per metro perché il suo potere venga esteso. E, fino a un certo punto, per questo potrà anche contare sull’appoggio della piazza. Da un lato della piazza e degli Stati Uniti dall’altro. Tenterà anche di rosicchiare degli spazi di potere che in realtà non gli spetterebbero. Ma è anche possibile che Morsi e l’esercito siano già arrivati a un accordo. Il presidente potrebbe anche accettare il principio per cui i militari occupino il ministero degli Interni, mentre ci saranno altre questioni su cui si dovrà combattere in ogni caso.

Pensa che Morsi accetterà di far entrare nel proprio governo membri dei partiti liberali come Mohamed El Baradei?
È difficile prevedere quello che decideranno di fare i Fratelli Musulmani, perché devono gestire due fronti contraddittori: quello interno e quello esterno. Se vogliono rassicurare la classe media e gli Stati Uniti devono certamente fare spazio ai liberali. Se vogliono invece accontentare la loro base è difficile che cedano del potere. Oggi i giornali scrivono che Morsi starebbe negoziando con un’importante personalità del fronte liberale per affidargli il ruolo della presidenza del Consiglio. Sarebbe un gesto importante nei confronti della corrente liberale. Ma questi negoziati sono anche un modo per prendere tempo. Il problema è uno: se si esclude l’esercito, l’unica forza organizzata del Paese sono i Fratelli Musulmani. E questo nonostante essi non siano affatto la maggioranza. Ma i Fratelli intendono prendere il potere prima che si crei una reale concorrenza politica. E quindi quello che l’esercito sta facendo (con i suoi interessi, ma chiunque ne ha) è proteggere le altre forze politiche del Paese. Il Paese è in un momento in cui le decisioni che si prendono possono essere irreversibili, penso ad esempio agli accordi internazionali. È chiaro che i Fratelli Musulmani non siano a loro agio, visto che sostanzialmente sono stati messi sotto tutela come dei minorenni: sono trattati come una forza politica alla quale non sarebbe possibile dare completa fiducia. Ma a sostenere questa impressione è il modo in cui in questi mesi si sono comportati in Parlamento.

L’obiettivo dell’esercito è prendere il potere per sé e tornare a un regime autoritario o contere lo strapotere degli islamisti?
No. Non credo che vogliano tornare a un regime autoritario. Anche se durante una rivoluzione non si sa mai, perché gli uomini posso diventare molto stanchi e molto nervosi. Quello che certamente vogliono fare è limitare il potere dei Fratelli Musulmani. La Fratellanza è una potenza tale da poter prendere il controllo di tutta la macchina statale. E, se arrivassero a tanto, non è chiaro a cosa andremmo incontro.

Pensa che l’esercito accetterà il risultato delle prossime elezioni anche se a vincere saranno ancora i Fratelli Musulmani?
Sì, lo hanno detto e lo faranno. L’esercito ha giocato la sua strategia appoggiando gli uni piuttosto che gli altri, ma non metterà in atto frodi elettorali strictu sensu. La strategia dell’esercito, che mostra tutta la sua forza e tutti i suoi limiti, è quella di usare le elezioni democratiche contro la rivoluzione. Cioè giocare la carta della transizione democratica per neutralizzare, indebolire e distruggere il processo rivoluzionario. Il processo rivoluzionario è un rapporto di forza condotto da un’avanguardia, da una minoranza che vuole imporre un suo disegno sul Paese. Mentre la democrazia è la dialettica tra la maggioranza e la minoranza e, di solito, la maggioranza (la si chiama qualche volta “maggioranza silenziosa”) è su posizioni conservatrici. L’esercito ha usato le elezioni libere contro la rivoluzione, pensando si dovesse cambiare tutto perché tutto restasse uguale. Questo spiega perché le elezioni sono state libere e, allo stesso tempo, perché in certi casi l’esercito non ha esitato a sparare sui manifestanti. Comunque questo calcolo rivela i suoi limiti: infatti i risultati sia delle legislative sia delle presidenziali hanno premiato una forza rivoluzionaria (cioè di minoranza) come i Fratelli Musulmani. E qui vediamo la capacità dell’esercito ad adattarsi alle circostanze per cercare di mantenere il potere.