Il Parlamento europeo di Strasburgo.

È ragionevole tutto questo?

La corte di Strasburgo aveva permesso agli Stati europei un certo margine decisionale in materia di fecondazione assistita. Oggi lo nega. Cosa accadrà in Italia? «Su questo non si può evitare di riflettere» (da ilsussidiario.net)
Lorenza Violini

Dalle notizie di agenzia apprendiamo che il divieto di diagnosi preimpianto di un embrione prodotto in provetta, divieto previsto dalla legislazione italiana (insieme a quella svizzera e a quella austriaca), viola il diritto alla vita privata a familiare sancito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, così come interpretata dalla Corte di Strasburgo. Il motivo andrebbe ricercato in una sorta di incoerenza che sussisterebbe mettendo in relazione tale divieto e la facoltà prevista in Italia di abortire se il feto, a motivo delle sue patologie, è in grado di recare danno alla salute fisica e psichica della madre.
Scelta pesante, quella dei giudici di Strasburgo, che persistono nel perseguire una linea di forte contestazione di legislazioni nazionali a loro sgradite, incuranti delle sconfessioni ricevute in passato in sede di appello alla Grande Camera; basti ricordare la sentenza di quest’ultima nel caso del crocefisso, di assoluzione per l’ordinamento italiano, nonché l’annullamento di una sentenza in materia di fecondazione eterologa e relativa alla legge austriaca, ad impianto restrittivo.

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