Giorgio Vittadini.

Italia al palo, liberiamo Steve Jobs

Pubblichiamo un'intervista a Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, sulla situazione del nostro Paese. La sua bussola per uscire dalla crisi? «L'uomo, da liberare con le sue energie, i suoi talenti»
Luigi Chiarello

Il governo Berlusconi ha fallito la sua missione liberale «perché non ci può essere rivoluzione partendo dall'alto». Invece, «si è pensato che bastasse rinforzare il potere di un uomo solo al potere» per sciogliere i nodi che costringono il paese.
Giorgio Vittadini, colonna portante di Cl e storico fondatore della Compagnia delle Opere (che ha guidato fino al 2003), manda in soffitta il berlusconismo. E lo fa isolando il baco che ha viziato gli albori della promessa rivoluzione liberale. L'illusione, spiega Vittadini, è nel metodo. La via giusta non avrebbe generato one man show.

Piuttosto, avrebbe fatto «perdere potere politico», per il «venir meno della mediazione». Alla strada maestra Vittadini dà un nome: «Sussidiarietà». Una missione, di più, un credo, che segna la rotta della Fondazione, di cui lo stesso è presidente. E che Vittadini usa come fosse una lente, per scrutare le rughe della società. Così, «sussidiarietà» diventa un mantra; ripetuto dalla culla alla tomba delle umane cose, ma in netta antitesi rispetto alle culture politiche del '900. E alle sue degenerazioni totalitarie. Infatti, a differenza di esse, a far da bussola nelle pieghe del paese non sono i lacciuoli, di volta in volta da sciogliere o stringere, per governare la natura egoista dell'uomo. Al contrario, la bussola è la persona: «L'uomo, da liberare con le sue energie, i suoi talenti. Unico vero propulsore della crescita».

Oggi come ieri, dinanzi alla crisi mondiale, tornano a confrontarsi le due grandi vie del capitalismo. Lo stato in economia (socialdemocrazia) e lo stato mero regolatore (liberismo). Lei da che parte sta?
Io sto con la sussidiarietà coniugata con la solidarietà: il vero sviluppo nasce «dal basso»; l'uomo, singolo e associato, è il soggetto e l'oggetto della sua iniziativa sociale. Nelle correnti di pensiero che lei cita, tutto sembra nascere da meccanismi. Ma i meccanismi hanno fallito perché non hanno tenuto adeguatamente in conto il soggetto propulsore della crescita: la persona, come afferma la scuola economica austriaca che fa capo al premio Nobel 1974 von Hayek. La sussidiarietà nasce da un'antropologia positiva, contraria a quella nata nel 600 per cui il fondamento della società umana è l'egoismo individuale che in qualche modo si risolve in benessere comune grazie ai meccanismi di mercato (la mano invisibile di Adam Smith).

Il suo uomo, invece, com'è?
È l'opposto: positivo e creatore, ultimamente determinato dal desiderio di essere, di costruire, con il sostegno di ideali e fedi, per sé e per gli altri.

Esempi?
Prenda Steve Jobs. In lui non c'era solo l'ansia del profitto, ma il gusto di fare cose belle, oltre che utili per la vita del potenziale cliente. Questo è il cuore dello sviluppo. Statalismo e liberismo, invece fanno fuori il soggetto propulsore: il primo togliendogli l'iniziativa, il secondo misurandola solo con un criterio di breve respiro, il profitto. Queste ideologie sono insufficienti a generare nuova crescita e oltre tutto sono manichee: concepiscono l'uomo positivo solo nel non profit...

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