Alex Zanardi, due medaglie d'oro a Londra 2012.

Ma gli vogliamo bene solo con la medaglia al collo?

Olimpionici e disabili. Ori, argenti e bronzi di Londra 2012, tutti al Quirinale, davanti a Napolitano. Ci hanno inchiodato a giornali e tv tutta l'estate. Eppure questo afflato collettivo oggi sembra già evaporato...
Roberto Perrone

Oggi il Presidente della Repubblica riceverà tutti gli atleti medagliati di Londra 2012 (Olimpiade e Paralimpiade), l’afflato collettivo che aveva circondato la grande kermesse dedicata allo sport per disabili sembra già evaporato, come questa breve ma calda estate. Ho letto su un blog di qualcuno che si è lamentato con il conduttore (padre di un bambino disabile) di una trasmissione radio, perché aveva dedicato la puntata a protestare contro i tagli del Governo sull’assistenza ai disabili.
La Paralimpiade non ha mai avuto una copertura come a Londra 2012. In televisione, sui quotidiani, ovunque. Alcuni media si sono addirittura trovati spiazzati dal seguito che hanno avuto queste gare e hanno rimediato in corsa, affidando articoli di “recupero” a firme (cosiddette) “di punta”. È stato obbiettivamente un grande avvenimento, dove gli italiani si sono comportati benissimo raccogliendo 28 medaglie (come i loro colleghi dell’Olimpiade conclusa il 12 agosto): 9 ori, 8 argenti, 11 bronzi. Alcuni atleti, alcune storie, alcune imprese sono stati sensazionali come Alex Zanardi (due ori e un argento nel ciclismo); Cecilia Camellini (due ori con record del mondo e due bronzi nel nuoto); poi come i due ori dell’atletica, la simpaticissima Assunta Legnante (nel peso) e Martina Caironi (nei 100 metri).

Però. Però l’impressione generale è che sia stato compiuto dai media (e tramite questi da tutti noi) un grande esorcismo. In questo paese i disabili sono persone di serie B, non solo per la mancanza di sostegno, di aiuti, di strutture, non solo perché c’è chi specula su di loro con false invalidità, ma soprattutto perché in Italia c’è una cultura che rifiuta la vita in tutte le sue forme, in tutte le sue diversità e che nei confronti dei disabili prova sentimenti contrastanti. Ho letto banalità (le solite citazioni di Pontiggia da Nati due volte), ho visto un servizio televisivo su Alex Zanardi che si concludeva «lui rappresenta la parte migliore di tutti noi» (perché la parte migliore di noi la dedichiamo ad altro), ho intuito commozioni a termine. Infatti già sono finite.

I disabili, i deboli, i sofferenti ci fanno paura. Siamo pronti a liberarci dei bambini con malformazioni, a non farli nascere, siamo pronti a chiedere di «non far soffrire chi non può vivere come noi», chi non può avere l’esistenza che noi abbiamo stabilito sia “normale”, e poi ci siamo esaltati e commossi di fronte agli atleti paralimpici proclamandoli “eroi”. Ma non è una contraddizione, in fondo, è perfettamente consequenziale. Noi i disabili li vogliamo così, circoscritti in una specie di momento magico, li vogliamo così, vincenti, che superano le difficoltà e compiono grandi imprese sportive, vogliamo esaltarli una tantum, ma poi ognuno per sé. Li vogliamo così perché così ci auto-assolviamo per il nostro disinteresse e per la nostra assenza di reale partecipazione alle loro vite. Ce l’hanno fatta, sono grandi, non hanno bisogno di noi. E così torniamo, nella vita di tutti i giorni, a voltarci dall’altra parte, a predicare la civiltà dei perfetti, a sostenere, come fece una giornalista famosa in un dibattito televisivo sulle malformazioni genetiche, qualche anno fa (e mi è rimasto qui, stampato in fronte): «Questi bambini non potranno mai essere felici». Felici secondo il suo criterio certo che no. E loro lo sanno. Mia figlia lo sa benissimo. Però lei è felice, felice come solo lei sa esserlo. Non andrà mai alle Paralimpiadi, ma è straordinario che sia qui. La sua vittoria avviene ogni giorno, nella quotidianità della disabilità che i cantori della Paralimpiade ignorano perché troppo dolorosa. Meglio parlare delle medaglie d’oro, raccontare le storie di grande atleti ogni quattro anni che affrontare la diversità ogni giorno. Quella ci tranquillizza, questa ci fa paura.