Un campo profughi sul confine siriano.

Le vite inceppate dei profughi cristiani

Vicino al confine tra Siria e Libano spuntano campi profughi di fortuna per chi è fuggito da Homs o Aleppo. Ecco le storie di chi ci vive. Come Rasha. Vedova a 26 anni, aspetta la fine di una guerra che non ha scadenza (da Oasis)
Marialaura Conte

Per i centocinquanta bambini trai due e i dieci anni che scorrazzano liberi per il campo, quello è un posto allegro, essenziale certo, ma spassoso. A loro non importa troppo se non possono cambiarsi l’abito, sono concentrati a giocare, pitturarsi il volto e trovarsi con i compagni di avventura. I loro occhi sono pieni di voglia di vita, almeno tanto quanto quelli delle loro madri sono vuoti, smarriti in un mare di desolazione. La vita nel campo dei rifugiati siriani che si trova nella periferia di Zahle, pochi chilometri a est del confine tra Libano e Siria nella regione della Bekaa, un luogo di miseria assoluta: duecento famiglie si sono rifugiate qui, la maggior parte giunge dalla periferia di Homs.

Il dramma della fuga dalle bombe e dai rapimenti approda qui, nella terra battuta, tra le baracche di stracci e cartoni improvvisate da chi un po’ alla volta è arrivato. Se d’estate il problema principale è difendersi dal sole, già ai primi giorni di settembre il freddo della notte comincia a farsi sentire e fa presagire quello che sarà trascorrere qui il prossimo inverno.

Il volto di Rasha, 26 anni, è fermo, di porcellana, incorniciato dal nero di un velo stretto che si confonde con l’abito che indossa. Non trapela alcuna emozione, solo dalla sua voce si coglie come la sua giovinezza si sia inceppata di fronte a un futuro incerto: suo marito è stato ucciso nei bombardamenti di Homs, lei ha preso i suoi due figli ed è scappata con la famiglia del cognato...

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