Elsa Fornero.

Caro Ministro, noi non ci accontentiamo

Meno schizzinosi. Ecco come dovrebbero essere i giovani secondo Elsa Fornero. Un invito alla rassegnazione. Eppure tanti ragazzi non rinunciano alle proprie aspirazioni. Con realismo, affrontando i sacrifici. Come quei duecentomila che la scorsa estate...

Caro direttore,
ieri il ministro Elsa Fornero, rivolgendosi ai giovani ha detto: «Non bisogna mai essere troppo "choosy" (schizzinosi) meglio prendere la prima offerta e poi vedere da dentro e non aspettare il posto ideale». Certo, c'è la crisi e tutti sappiamo quanto sia difficile entrare oggi nel mondo del lavoro. Ma, tralasciando la scelta molto british e un po' snob del lessico utilizzato, il messaggio del ministro è una pietra tombale sulle aspirazioni dei giovani italiani. Sarebbe stato apprezzabile un invito ad un sano realismo, che sottolineasse le attuali difficoltà ma senza spegnere e sopprimere qualsiasi spinta ideale. E invece basta guardare a come (giustamente) ieri molti quotidiani on-line titolavano la notizia con un forse semplicistico ma efficace: «Ragazzi, dovete accontentarvi». E questo non può essere il messaggio di un ministro del nostro Paese in questo momento. Non mi sembra che la generazione di cui faccio parte sia composta innanzitutto da "bamboccioni", per utilizzare un'altra infelice espressione usata qualche anno fa da un ex ministro della Repubblica (Tommaso Padoa Schioppa, ndr).

Certamente non abbiamo vissuto la guerra e la ricostruzione come i nostri nonni. Né abbiamo dovuto vivere gli anni del terrorismo e della guerra fredda come i nostri padri. Siamo nati negli anni '80, quando il socialista Craxi era al governo e Milano era la "Milano da bere". Tutto questo è vero, ma quello che ho visto in questi anni nelle nostre università è una generazioni di giovani che, consapevole del periodo di crisi che stiamo vivendo, è pronta a rimboccarsi le maniche, con sacrificio, creatività e, in alcuni casi, una certa indomabile tenacia. Come Maria Chiara, un'amica che dall'Abruzzo passando per Milano e una laurea in giurisprudenza, è andata in Costa Rica inseguendo la passione per il diritto internazionale. Ora lavora da oltre un anno grazie ad un programma sul diritto d'asilo dei rifugiati in una ONG delle Nazioni Unite. Oppure penso ad altri compagni di studio che stanno provando una strada tanto complessa quanto affascinante come quella della magistratura (dopo la laurea, una scuola di specializzazione e un esame molto selettivo e dall'esito alquanto incerto). Una strada stretta, in salita e dall'incerta meta. Eppure hanno deciso di intraprenderla: perché? Per non parlare dei tanti giovani ricercatori che sono all'estero perché i nostri atenei non hanno più soldi… E così via ci sarebbe altre mille storie da raccontare… Perfino la Coldiretti ieri ha replicato al ministro ricordando che «almeno duecentomila giovani hanno trascorso l'estate 2011 a lavorare nei campi, dimostrando di essere tutt'altro che schizzinosi e di non essere preoccupati di sporcarsi le mani di terra».

Io personalmente non conosco nessuno che ha passato l'estate nei campi: ma conosco tanti studenti universitari che d'estate fanno i camerieri, i lavapiatti e le donne delle pulizie. Per non parlare della moltitudine di amici che durante l'anno, per pagarsi gli studi, corrono da una ripetizione all'altra, di "lavoretto" in "lavoretto". Insomma, in giro vedo molta voglia di lottare, di combattere, di mettersi in gioco. «Non ce la faccio qui? Bene, mi muovo e cerco altre strade. Non si può più aspettare che lo Stato o chi per esso mi assicuri un posto». No, non siamo proprio una generazione di schizzinosi, così come non siamo né indignati né rassegnati. Ma, al contrario, siamo pronti a fare la nostra parte e, talvolta, possiamo avere anche grandi ideali e legittime ambizioni, perché no?
Appena ho letto le dichiarazioni del ministro, mi sono venute in mente le parole pronunciate da Steve Jobs nel suo celebre discorso di Stanford: «Stay Hungry. Stay Foolish». Siate affamati, siate folli. L'alternativa per il futuro del nostro Paese è tutta racchiusa in queste due frasi. L'Italia ha smesso di crescere quando non abbiamo avuto più "fame": così ci siamo seduti, mollemente adagiati su quel benessere che i nostri nonni avevano costruito. Ora la "fame" sta tornando e può essere il nostro primo alleato per ripartire. Ma bisogna puntare in alto. Non sopprimere il desiderio. Incoraggiare e sostenere, non reprimere e soffocare. Certo, stando coi piedi per terra. Ma con gli occhi, bene aperti, rivolti verso l'alto.
Francesco, Milano