Bernhard Scholz, presidente della CdO.

Il realismo che vince ogni crisi

Il sistema sociale oscilla tra rassegnazione e ribellione. Fino all'antipolitica. È ancora possibile «accogliere la realtà così come si presenta, per trasformarla e cambiarla»? Parla il presidente della CdO, Bernhard Scholz
Bernhard Scholz

"Con l’audacia del realismo" è un titolo forte per la situazione economico e sociale che stiamo vivendo, in mezzo a questa crisi. Ma probabilmente è necessario sottolineare questa parola d’ordine, perché offre la fotografia esatta di quanto stanno facendo in questo momento tante famiglie, tante imprese e tante opere sociali, che affrontano e si reggono in piedi di fronte alla drammaticità della realtà. Non si arrendono, non arretrano di fronte a questa realtà. Anzi, proprio partendo da essa cercano addirittura di ripartire, di cambiare approccio, di
riprendere un lavoro, di creare qualche cosa di diverso che sia possibilmente nuovo.
Il realismo spesso viene vissuto come un limite, come un freno. Invece, è possibile avvicinarsi alla realtà della propria vita, delle relazioni con gli altri, alla propria realtà lavorativa e imprenditoriale, alla realtà sociale, con un’apertura di fondo, ascoltando, osservando per trovare quel punto prezioso che ci permettere di riprendere, di ripartire, di ridestare il nostro impegno.
In questo senso, in un momento in cui tutta la vita sociale sembra oscillare tra rassegnazione e ribellione, è più che mai necessario riproporre l’esperienza di un realismo che sa accogliere la realtà così come si presenta, per trasformarla, per cambiarla, rendendola passo passo più vicina alle nostre esigenze di giustizia e di bene. È questa oggi la strada che deve imboccare la Compagnia delle Opere in tutti i settori in cui si muove. In fondo è questo che la Cdo ha sempre fatto nella sua storia, cercando di lavorare insieme a tutte le persone, istituzioni e associazioni disponibili a una collaborazione per poter contribuire con la propria identità ed esperienza al bene comune nel Paese dove opera.
Tante volte abbiamo detto che la crisi in cui viviamo ha un’origine culturale. I criteri su cui muoversi dipendono da una domanda di fondo: chi è l’uomo e che cosa lo rende felice. Ogni operare è frutto di una posizione umana e quindi di una cultura. Tutto questo può essere cosciente o no, riconosciuto o no, esplicito o implicito. Noi riconosciamo l’esperienza cristiana, così come ci è stata comunicata da don Luigi Giussani e come oggi ci viene comunicata da don Julián Carrón. Con questa esperienza noi cerchiamo di diventare più uomini, più liberi, più disponibili a correggerci di fronte alla realtà, più responsabili. E, da questa posizione, vogliamo lavorare con tutti.
Per questo ragioniamo e cerchiamo di rispondere alle domande che ci vengono poste in un momento tormentato come quello che stiamo vivendo. Una di queste domande può essere: vale ancora l’esperienza della Compagnia delle Opere?

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