La XVI Giornata Nazionale della Colletta alimentare.

In quella scatola la natura dell'uomo

Dalla signora che spende cento euro, accumulati durante l'anno, alla spesa di una classe intera d'asilo, fino ai carcerati di San Vittore. La Colletta anche quest'anno ha registrato un segno positivo. E non solo nei risultati concreti...
Paolo Perego

Che sarebbe stata dura lo si temeva. Pochi soldi nelle tasche degli italiani, soprattutto a fine mese, a pochi giorni dal giro dello stipendio. Senza contare uno strutturale calo dei consumi, dove tanti commercianti arrivano a denunciare fino al 40% in meno delle vendite.
Eppure sono 9.622 le tonnellate raccolte sabato 24 novembre alla Giornata Nazionale della Colletta alimentare, fatte di pasta, legumi, omogeneizzati... Uno 0,23 per cento in più del 2011, quando erano state “solo” 9.600, che dice tanto. Dice di un popolo, intanto. Di un inaspettato spettacolo di gratuità che ha colorato del giallo delle pettorine di 130mila volontari le casse di migliaia di supermercati italiani. E non solo. Lo spettacolo sono stati anche i milioni di avventori che hanno donato qualcosa. Dalla scatoletta della vecchina che «di più non posso proprio», al carrello zeppo del signore che spiega: «Magari domani potrei averne bisogno io...».

«Mi scusi, posso? Vede oggi è la Giornata...», la signora col collo di pelliccia nel parcheggio si ferma davanti alla ragazza che le porge il foglietto con le dieci righe e l’elenco dei prodotti utili alla Colletta. «Cosa fanno, papà?», mi chiede mia figlia incuriosita dal movimento di pettorine e scatoloni davanti al piccolo supermercato della periferia nord di Milano. Che cosa siamo lì fare, gliel’ho spiegato. Che oggi possiamo andare a comprare del cibo per chi non può fare la spesa perché è povero, che dobbiamo raggiungere gli altri compagni dell’asilo, che la maestra Julia ha proposto a tutte le famiglie di ritrovarsi per fare la spesa insieme... Ma gli occhi curiosi ti dicono che le parole non sono bastate. «Guarda ecco i tuoi amici»: una squadra di bambini che ordinati scelgono quello che vogliono donare e lo mettono nel carrello della maestra. «E tu cosa vuoi comprare?». E le sue mani si allungano su una scatola di omogeneizzati. «Papà possiamo prenderne altre?». E si carica le braccia, per poi andare in cassa. «Ora portiamo tutto fuori e aiutiamo il nonno a riempire gli scatoloni». Dei ragazzi chiudono lo scatolone con i nostri vasetti, prima che passi il furgone a prenderli. La piccola osserva: «Adesso hai capito?». La risposta è in un sorriso: «Sono contenta!», prima di correre dal nonno a rubare una barretta di cioccolato. La spiegazione era tutta lì. Perché per un bambino non esiste il “fare del bene per sentirsi a posto”. Dire «sono contenta» è un giudizio, è carico di ragioni. «Noi non ci facciamo da soli, nessuna cosa ce la diamo da soli», dice in un video Valerio, capo-equipe in un ipermercato di Parma. «Il dono è nella natura dell’uomo», dice. Per questo corrisponde così.

È il filo rosso che unisce tutti i supermercati dove la Colletta accade. Da dove in tempo reale via telefono, sms e internet arrivano storie e fatti sorprendenti. Dalla signora che tutto l’anno ha risparmiato cento euro da dedicare alla spesa per il Banco, a quella che commissiona gli acquisti a un conoscente perché vicino a lei nessun punto vendita ha aderito alla Colletta. Anche i carcerati di San Vittore a Milano partecipano alla Giornata. Quando i volontari sono passati per raccogliere il cibo tra le celle, alcuni di loro erano all’ora d’aria. Li hanno fatti tornare indietro: non potevano perdere l’occasione di donare anche loro. Ci sono anche i dipendenti di un piccolo discount che hanno riempito una scatola di alimenti per l’infanzia. «Vai a guardare i dati e scopri che è proprio dai discount che sono arrivati i risultati più positivi», dice Federico Bassi, responsabile nazionale della Colletta: «Dove fa la spesa la gente che ha bisogno di risparmiare. Chi ne ha di meno ha donato di più».
Ma lo stesso “cuore” lo ritrovi nei magazzini dove si ricevono gli scatoloni dai supermercati. Quello di Rho-Fiera, per esempio. Un enorme capannone dove una trentina di universitari compongono bancali con le scatole che tirano giù dai camion man mano che vengono a scaricare. Alle cinque del pomeriggio fuori è già buio, la stanchezza inizia a farsi sentire. Ma l’allegria non manca. E tra un furgone e l’altro ci scappano pure due calci al pallone per qualcuno, mentre altri si attaccano ad iPad e cellulari per guardare su Twitter e Facebook quello che sta succedendo in tutta Italia.

«Questo ormai il futuro», dice Marco Lucchini, direttore del Banco Alimentare, mentre dalla sede milanese nel tardo pomeriggio guarda la sua squadra smanettare tra tablet e pc per seguire in diretta la Colletta. «Lasciali lavorare, che non è roba per noi “vecchi”», dice al suo presidente, Andrea Giussani, che sbircia il monitor di un ragazzo che sta scrivendo a politici, vip e starlette alla ricerca di un retweet, il rimbalzo del messaggio di invito ad aderire alla Giornata. «Leggere tutti i messaggi che ci stanno arrivando, le testimonianze in tempo reale...». Con decine di migliaia di saluti, ringraziamenti, foto. C’è gente famosa che interviene: sindaci, calciatori... Ma anche tanta gente comune: «Ti accorgi della reale grandezza di quello che sta accadendo». Accadendo, dice Lucchini. E penso, mentre lo dice, che non ha usato le parole: «Che stiamo facendo». È come la scoperta di mia figlia, o quello di cui parlava Valerio di Parma. Perché quello che sta dentro la gratuità, la scoperta di sé, accade. E la Colletta, in questo, è una grande occasione. Proprio come ha detto ringraziando tutti il presidente della Fondazione Banco Alimentare, Andrea Giussani: «È un’opportunità che tocca le radici della persona».