«Noi sappiamo da dove veniamo»
Quasi un milione di persone in piazza. Uniti contro la legge che permette le unioni gay e che presto aprirà anche alle adozioni. «Non toccate la famiglia», è il grido di tanti giovani. Ecco una fotografia "scattata" da chi c'eraLa manifestazione era cominciata già da giorni: alle bocche delle metropolitane parigine, gruppi di giovani si attivavano a volantinare per invitare le persone a venire alla manifestazione di domenica 13 gennaio 2013.
Oggi siamo al 13 gennaio. Un carro gigantesco con tanto di hi-fi, altoparlanti e megafoni che danno il ritmo del corteo. Un mare blu, fatto di palloncini e bandiere. Il lunghissimo corteo (non si vede dove comincia e dove finisce) è accompagnato dagli slogan, e i carri sono carichi di giovani che cantano, ballano e urlano la loro volontà di restare figli di un padre e di una madre. Giovani belli, sorridenti, portatori di una certezza che mai mi sarei immaginata. Un gruppetto danza al ritmo di Psy, il coreano che va tanto di moda. Sono giovani che vengono da tutti i livelli sociali, ragazzi come tanti. Ce ne sono ovunque. È emozionante. Tutti questi giovani dove sono normalmente? E perché si dice che non credono più in niente, indifferenti a tutto, come con la politica o la religione? «Indignatevi», ha scritto loro il filosofo Stéphane Hessel accusandoli di non reagire più a niente! Eccoli, sono qui. E ne danno le ragioni.
Mi avvicino a due ragazzine chiedendo perché sono lì. «Per difendere la famiglia». Ma cosa vuol dire per te “la famiglia”? «Perché quello che abbiamo ricevuto è bellissimo e lo vogliamo per tutti. Un giorno sarò madre anch’io e voglio che i miei figli ricevano quello che ho ricevuto io». E in cosa questa legge lo impedirebbe? «Io sono quello che sono perché so da dove vengo. Con questa legge si apre la porta al non sapere più da chi sono stato generato». Sì, questi giovani sono indignati perché si vuole cambiare il loro stato civile, si vuole cancellare la loro figliolanza. Il loro impegno sorprende e commuove. Mi metto anch’io a urlare «François, ta loi on n'en veut pas, la tua legge non la vogliamo». Lo urlano migliaia di persone, ma sembra una sola voce. Senza odio, né con toni aggressivi. Anzi, l’atmosfera è allegra e gioiosa, nonostante il freddo.
Ci sono anche degli anziani. Si vede che non sanno come ci si comporta in una manifestazione. Forse è la loro prima volta. O la seconda. Hanno il bastone, non camminano e restano vicino al carro col rischio di farsi schiacciare. Sarebbe meglio se si mettessero ai lati, forse, sul marciapiede... Poi ci sono le famiglie. Tantissime. Con bambini e neonati. Madri che allattano camminando. Altre che si fermano su una panchina e improvvisano uno spuntino per il figlio. Carrozzine ovunque, coi piccoli che si danno la mano, camminano, cantano a squarciagola. Altri sulle spalle dei papà. «Tous nés d'un homme et d’une femme", nati tutti da un uomo e una donna»; «François, où est ta maman, où est ton papa, dov’é tua madre, dov’è tuo padre?». La manifestazione ha acceso la creatività anche sui cartelloni. Dai classici ai più spiritosi: «Touche pas au mariage civil, non toccare il matrimonio civile», «Jospin reviens vite! ils sont devenus fous!, Jospin, torna! Qui sono tutti impazziti!», «Vive le mariage bio-logique, viva il matrimonio bio-logico».
Sono venuti da tutta la Francia, con pullman che hanno viaggiato la notte. Si parte alle 13.30. Si cammina fino ai Champs de Mars, dove altri due cortei partiti da altri punti di Parigi dovevano convergere per il raduno finale. Sono le 18. Con gli altoparlanti viene annunciano che gli ultimi manifestanti sono appena partiti... Un’esplosione di urla. Siamo davvero tantissimi. La polizia parla di sole 350mila persone, mentre per gli organizzatori siamo 800mila. Come sempre. «Non importa, noi ci siamo e lo sappiamo», dice qualcuno.
Jérôme, un amico, mi aspetta sul bordo della strada leggendo Traces (Tracce francese). Un curioso cerca di sbirciare da sopra la sua spalla. Comincia un dialogo tra Jérôme e questa persona, che dice di non avere opinione e di essere venuta per curiosità. Quando lo raggiungo il dibattito è molto vivo e interessante, altre persone si sono unite alla discussione. Jérôme finisce con il regalargli la rivista e con la promessa di risentirsi per approfondire la chiacchierata. «La vita è un cammino e su questo cammino ci sono degli incontri che lasciano delle tracce», gli dice. Chissà se si farà risentire.