La locandina della XIII edizione del Banco <br>Farmaceutico.

Storie "al di là" del Banco (Farmaceutico)

Oltre tremila farmacie in tutta Italia coinvolte il 9 febbraio per sostenere 1.449 opere di carità. "Il mondo di Joele", per esempio, che aiuta donne in difficoltà. Come Celestina, del Kenya, mamma di due gemelli...
Lucia Supino

La Giornata Nazionale di Raccolta del Farmaco si avvicina. Il prossimo 9 febbraio, per il tredicesimo anno consecutivo, si raccoglieranno i farmaci da banco in più di 3.200 farmacie.
Sono 1.449 gli enti convenzionati in tutta Italia che aspettano di ricevere questi farmaci. Opere di carità, per la maggior parte, luoghi in cui si dà assistenza anche sanitaria a persone che non possono provvedersele da sole per tanti motivi, soprattutto per difficoltà economiche. Gli esempi sono tanti: dall’Opera San Francesco, che si occupa dei poveri, alle comunità per ex tossicodipendenti, passando dalle case di accoglienza per persone in difficoltà.

Tra questi c’è Il mondo di Joele. Joele è il nome del primo bimbo africano accolto in via Saluzzo a Torino, nel cuore pulsante di San Salvario. L’associazione è nata nel 2007, per aiutare donne e mamme, soprattutto straniere, a inserirsi nel contesto della città. Federica, volontaria presso il centro, racconta le numerose iniziative che di volta in volta, a seconda delle situazioni che si presentano, danno vita: corsi di alfabetizzazione, di cucina, di preparazione per le badanti, corsi per le mamme. «Stare vicino alle mamme - dice Federica - è stato fin dall’inizio il nostro scopo principale. Cercare di fornire un aiuto concreto, grazie alla generosità di molti, a chi ne ha bisogno. Capi di abbigliamento, cibo e assistenza sanitaria avvalendoci di pediatre e ginecologhe volontarie e di educatrici tutte altamente specializzate. Grazie al Banco Farmaceutico possiamo fornire anche farmaci, ma la richiesta è enorme e specifica, per questo per noi la Giornata di Raccolta del Farmaco è un momento importante perché possiamo richiedere i tipi di farmaci di cui abbiamo più bisogno».

C’è anche un baby parking multirazziale aperto a bambini che possono pagare ma che accoglie anche quelli che non possono e che vengono a titolo gratuito. Ci sono mamme che si sono rivolte al centro, che hanno fatto dei corsi di preparazione e che ora sono nello staff de Il mondo di Joele, come Celestina, arrivata dal Kenya nel '97 e costretta a lasciare il lavoro alla nascita di Davide e Angelica, i suoi 2 gemelli. «Non mi avevano preso i bambini alla scuola materna», spiega. «Non riuscivo a pagare le spese e ho saputo che qui potevano aiutarmi. Ho fatto un corso durato 6 mesi e ora sono qui cinque ore al giorno, allo sportello accoglienza. Tutti i giorni sono a contatto con una realtà difficile, qui a San Salvario la povertà è all’ordine del giorno e arrivano mamme che non riescono a comprare neanche le medicine più semplici per i loro bambini. Sono tantissime e davvero le medicine non bastano mai».

Le mura di questi centri conoscono davvero tante storie. Sempre di più sono storie di italiani. Da Milano arriva la testimonianza di Alessandra, 45 anni. È una donna con un figlio di 12 anni, Dennis.
Per vivere fa la domestica badante part-time, mentre il resto della giornata è dedicato al figlio. Da quattro anni, frequenta il Centro San Fedele: «Non mi sono mai trovata in una situazione simile, ma quattro anni fa, dopo la separazione, ho cominciato ad avere grossi problemi economici. Con un bambino piccolo e senza alcun aiuto da parte del mio ex marito. Poi ho saputo del San Fedele», racconta. «La prima volta sono venuta per fare un certificato medico per mio figlio, che frequenta un’associazione sportiva, e che non avrei potuto pagare. Grazie a loro ho avuto la possibilità io stessa di avere gli occhiali e i controlli oculistici e tutte le volte che ho bisogno posso venire a prendere i farmaci. Se non riuscissi ad ottenerli in maniera gratuita non saprei proprio come fare. Sono tante le donne italiane che incontro qui, sempre di più, donne che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese, pensionate o giovani madri in situazioni difficili».

Marco Malinverno, direttore della Fondazione Banco Farmaceutico dice che «ci sono uomini, donne e bambini in difficoltà, ai margini della società, che vivono situazioni critiche d’indigenza e violenza. Le persone, senza l’assistenza che ricevono in questi centri, non avrebbero speranze e vivrebbero una condizione di solitudine mortificante e poi ci sono donne e uomini che offrono volontariamente il proprio tempo, partendo da un’esperienza di pienezza di se stessi e che rendono possibile un lavoro quotidiano di amore al prossimo. Donare un farmaco è un atto d’amore verso chi ne ha più bisogno ma soprattutto verso se stessi. Si tratta di un importante gesto di gratuità e condivisione che aiuta e che ridesta chi vi partecipa, generando un soggetto nuovo».