Mille incontri elettorali, o una serata così?

Gualdo Tadino. La domanda di un padre sul rapporto con il figlio diventa l'occasione per un incontro pubblico. Che smuove un piccolo paese. Da chi è lì per fare le riprese video, fino al vicesindaco...
Emanuele Braga

Era iniziato tutto da una domanda, mesi fa. Questione privata, altro che politica. Un figlio ventenne che dice: guarda che voglio star via qualche giorno in montagna con la mia fidanzata. Un padre che risponde, discute, dà ragioni. E un dubbio che resta nel fondo del cuore, girato all’amico in quel dialogo in cucina: «Ma a che punto mi devo fermare davanti alla sua libertà?». Fabio Rondelli, 39 anni, chirurgo, moglie e quattro figli, è partito da lì, da quella chiacchierata, per allargare il campo. «Avevo letto da poco una testimonianza di don Eugenio Nembrini, il rettore del Sacro Cuore a Milano. Mi sono detto: invitiamolo a parlarne».
Il risultato è un incontro che si è tenuto a metà gennaio a Gualdo Tadino, borgo gioiello nel cuore dell’Umbria. Titolo: "La sfida dell’educazione". Duecentocinquanta persone in un paese da 15mila abitanti, dove la presenza del movimento è scarna («sì e no 35, tra qui e Gubbio»), ma vivace. Una «comunità cristiana viva», appunto. In cui nessuno fa politica in senso stretto, ma «siamo dentro le cose», come racconta Fabio: il Banco di Solidarietà, le 35 famiglie assistite con i “pacchi”, la Colletta alimentare, la cena per l’Avsi… E la scoperta di un desiderio che viene prima del fare: «Io mi muovo per me. Per crescere io. Se no, sei sempre schiavo».

In molti sono arrivati pensando a una serata tranquilla, un bel "diversivo culturale" nel tran tran della vita di provincia. Un’ora e mezzo dopo, era un’altra cosa. Lo era per Edoardo, invitato per caso dopo un incontro nel negozio di bici, «che il giorno dopo mi ha raccontato di essersi svegliato per la prima volta pensando una cosa che aveva sentito da don Eugenio: Dio mi sta regalando un’altra giornata». Per Diego, che in queste occasioni fa le riprese video «e di solito mi annoio, ma stavolta non potevo staccare la telecamere, perché quello che diceva quel prete era troppo vero». Per il professore che si è fatto duecento chilometri per esserci, «e aveva un’idea un po’ diversa della nostra compagnia, ma è rimasto colpitissimo e mi ha detto che la serata è passata come fossero cinque minuti». Fino alle otto suore del Bambin Gesù, scuola paritaria che da queste parti è un’istituzione. Vivono di fede ed educazione, da sempre. Ma il giorno dopo la moglie di Fabio ne incontra una e le chiede: allora, suor Maria Assunta, com’è andata? La risposta la lascia senza parole: «Noi abbiamo dato la vita a Gesù, ma non abbiamo mai sentito parlare di Lui così. Siamo tornate in convento cantando».

C’era anche Erminio Fofi, a quell’incontro. È il vicesindaco. Prima, era deluso dal fatto che i "colleghi" non ci fossero, «perché c’è una riunione di giunta proprio stasera». Dopo, è salito sul palco per ringraziare. «Era commosso», racconta Fabio: «Ha detto davanti a tutti che dalla mattina dopo lui non si sarebbe più potuto guardare alla stesso modo, perché quello che aveva sentito aveva riaperto una ferita presente nel suo cuore da trent’anni, da quando aveva perso la sua fidanzata in un incidente». Chi c’era, quella sera, lo ha anche sentito dire che valeva la pena sospendere la giunta e portare lì tutto il Consiglio comunale... «Con lui abbiamo un rapporto molto bello. Ci stima, da tempo. Ma il punto è: che cosa vede per stimarci così? Perché ha iniziato a spendersi fino ad aiutare il Banco di Solidarietà? E ai politici, se non arriviamo a questo livello, cosa diciamo?». Tre domande che, in questo periodo, portano ad una: «Sulla vita di questo paese incide di più un gesto così o mille incontri elettorali?». Ma in fondo, anche questa è una conseguenza: «Non abbiamo voluto fare un gesto per la città, ma per noi».

Ascolti, e ti sembra di rileggere il primo punto della famosa Nota di Cl sulle prossime elezioni. Si capisce meglio cosa vuol dire che «una comunità cristiana viva» è di per sé un soggetto pubblico, che fa politica? «Sì, direi proprio di sì», risponde Fabio: «Mi sto accorgendo di più della portata della nostra esperienza. Io sono attaccato a degli amici. Ma dentro questa amicizia, dentro l’esperienza della fede, c’è tutto: la fatica di tirare avanti una famiglia con quattro bambini, il lavoro, i gesti pubblici... Tutto. Fino a quello che smuove l’altro».
Qualcuno dei "nuovi", la settimana dopo, era alla Scuola di comunità. Qualcun altro ha deciso di tornarci. In una ventina hanno chiesto di iscriversi agli Esercizi spirituali di maggio. Con molti è iniziata un’amicizia. «Ma il problema non è se alla fine saremo di più: è quanto sono contento io».