In quel nome c’è il senso della (vera) povertà

PRIMO PIANO - PAPA FRANCESCO
fra Paolo Martinelli

Appartenendo ad un Ordine francescano da tanti anni, sentire che il nuovo Papa ha voluto chiamarsi con il nome del Santo di Assisi ha provocato in me stupore e gioia. Prima ancora che all’attualità di san Francesco, ho pensato al significato ecclesiale di questa scelta: questo santo è una delle figure più carismatiche della storia, che al contempo ha avuto un amore radicale alla Chiesa, in particolare per il “Signor Papa”, al quale chiese ben presto il riconoscimento della sua regola di vita. Al contrario di altre realtà coeve che in forza dello “spirituale” si emancipavano dalla Chiesa, ritenuta troppo “carnale”. Che il Papa scelga come nome Francesco indica così nel suo stesso ministero l’indissolubilità tra doni gerarchici e carismatici; i quali, come diceva il beato Giovanni Paolo II, sono entrambi coessenziali alla missione evangelizzatrice.

La radice di questo amore alla Chiesa, anche alla sua gerarchia, in san Francesco ha un fondamento preciso: la dimensione sacramentale della vita cristiana, che culmina nell’Eucaristia. La scoperta che il Mistero si comunica davvero nella fragilità del segno. Questa è l’origine dello stupore che caratterizza san Francesco per l’ingresso umile di Dio nella carne. Qui sta il senso della povertà, della pace e della lode per il creato, che papa Francesco ha evocato come motivo della scelta del nome. Non si tratta, infatti, di valori generici, ma del desiderio di portare in sé la forma umana con la quale Cristo ha realizzato la salvezza, arrivando così a riconoscere la presenza del Mistero in ogni circostanza della vita. Infine, il nome di Francesco ricorda che della Chiesa si può fare esperienza solo come fraternità, ossia solo in rapporti che sono “dati” e non inventati da noi; ed attraverso i quali veniamo spalancati alla totalità della vita.