Il Politecnico di Bari.

Quando c'è qualcuno che ti accoglie

Dal 21 al 23 aprile al Politecnico di Bari si sono tenuti i test anticipati di Ingegneria. Le future matricole hanno trovato ad attenderli un gruppo di studenti. Storie di incontri, tra un caffè, una chiacchierata e un pomeriggio vissuto insieme
Francesca Capitelli

Novecento aspiranti ingegneri hanno affollato per tre giorni il Politecnico di Bari. Sono arrivati da tutta la provincia per i Tai, i test anticipati di Ingegneria, che si sono svolti dal 21 al 23 aprile. Scaglionate in cinquanta alla volta per sei turni al giorno, le future matricole si sono trovate a dover affrontare il primo passo della loro carriera accademica.

Un gruppo di ragazzi del Clu, per l’occasione, ha allestito un banchetto alle porte della Facoltà per accogliere con caffè, consigli e “in bocca al lupo” chi arrivava. Fabrizio è uno di loro. Al secondo anno di Ingegneria meccanica, si è così ritrovato a guardare indietro a quando anche lui ha fatto il test. «Questi tre giorni sono stati una sorpresa continua», dice, perché ha rivisto negli occhi dei ragazzi che man mano entravano il suo stesso desiderio: «Cercano qualcuno che li accompagni, che non li lasci soli». «Vogliono solo essere guardati», incalza Piera. Anche lei è del secondo anno come Fabrizio, ma frequenta Ingegneria civile. Piera si è occupata personalmente dell’organizzazione dei banchetti. Voleva offrire la stessa accoglienza che aveva trovato lei approdando in università. «E, allora, corri a preparare il caffè, a stampare i volantini, a chiedere una mano ai compagni». Un lavoraccio. Il primo giorno, tuttavia, era bloccata dalla sua timidezza: «Non riuscivo a fermare nessuno, ero avvilita». Poi, un pomeriggio, è rimasta da sola, così ha chiesto ad un compagno di corso, Nicola, di farle compagnia: «È stato sorprendente vedere come si sia tuffato in questa cosa!». All’inizio, Piera doveva essere trascinata di peso a incontrare i ragazzi, ma alla fine, assieme a lui, si è ritrovata a parlare anche con i genitori che aspettavano. «Se non ci fosse stato Nicola, quel pomeriggio, probabilmente non avrei vissuto questo gesto allo stesso modo».

L’incontro più bello che ha fatto è stato quello con Fabrizio: appassionato di informatica, sosteneva di non poter studiare nient’altro che quello, nella sua vita. «Mi ha impressionato questa sua passione, e quando mi ha mandato un sms per dirmi che era passato, ero davvero contenta per lui. Ma, soprattutto, lo ero per me, perché mi sono resa conto di come tutto quello che ho vissuto mi abbiano ribaltata». Tanto che, per rimanere attaccata alla bellezza vista nei Tai di aprile, ha deciso di riproporre il banchetto anche per quelli di maggio.

Anche per Fausto sono stati giorni intensi e pieni di incontri. Studente di Fisica, terzo anno, all’inizio pensava che i banchetti di Ingegneria non lo riguardassero. Era stato costretto a trasportare da solo il tavolo fino all’entrata del Politecnico e, dopo aver portato a termine il compito, credeva che il suo impegno fosse terminato.

«Il giorno dopo, però, sono stato “incastrato” da un amico a fare accoglienza. Ho iniziato a vedere tutte quelle aspiranti matricole arrivare. Ed ero sorpreso che avessero così tanta paura». Così ha incontrato Christian, Ilaria, Donato e Giuseppe. Passa con loro dieci minuti, venti. Un’ora. Prendono un caffè, chiacchierano degli amici, della scuola, del test. Nel frattempo alcuni entrano nell’aula, altri rimangono lì ad aspettare il loro turno o a bere un altro caffè.

Dopo un po’ Christian, il primo che ha conosciuto, esce: è passato! Tocca a Giuseppe. Donato, invece, non ce l’ha fatta e aspetta gli amici fuori dalla Facoltà. «Quando mi ha visto, mi ha chiesto: “Ma tu perché lo fai? Tutte le associazioni qui mi chiedono la firma o mi danno dei depliant, mentre tu mi fai compagnia”», racconta Fausto, «Per rispondergli, gli ho raccontato di me, di cosa studio, dell’appartamento in cui vivo con altri studenti, della compagnia di amici del movimento, che per me è la cosa più preziosa qui in università». Prima di salutarlo, Donato gli chiede se può aiutarlo a ripreparare il test per la prossima sessione.

«È più bello quando, arrivando in un posto nuovo, c’è qualcuno che ti accoglie», aggiunge Irene, un’altra ragazza del gruppetto del Clu: «In questa esperienza, a ritrovarmi cambiata sono stata prima di tutto io. All’inizio avevo dato la disponibilità solo per un paio d’ore, a causa delle lezioni e dello studio, ma poi appena avevo una pausa correvo al banchetto, a incontrare i ragazzi che arrivavano. Sono tornata a casa con una curiosità nuova verso le cose e il desiderio di vivere bene quello che devo fare, dall’ultimo esame al lavoro della tesi».

«Dopo che li ho accompagnati a prendere il treno per casa sono tornato a studiare», dice ancora Fausto, «e mi sono stupito, perché nello studio avevo la stessa curiosità di quel pomeriggio passato a conoscere tutti loro». Si torna alle solite cose, ma non più come prima.