L'Assemblea Generale della CdO a Roma.

Oltre il «si è sempre fatto così»

L'Assemblea generale della CdO, il 14 e 15 maggio alla Pontificia Università Urbaniana. Dal welfare ai mercati stranieri, una due giorni sul tema del lavoro. Per imparare a «prendere coscienza delle cose», anche nel fare impresa
Silvia Guidi

«La vita è fatta di decisioni, piccole e grandi. Ma non sempre ci rendiamo conto di quali criteri le guidano, e fino a che punto siamo influenzati dalla mentalità dominante. Il mainstream detta l'agenda, e ci porta a seguire priorità che poi diventano consuetudini, e si cristallizzano nel "si è sempre fatto così"». Ecco qual è il vero nemico da combattere in noi, ha detto Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere, inaugurando l'ultima assemblea generale Cdo, il "si è sempre fatto così". Una due giorni fitta di incontri, all’Urbaniana di Roma, il 14 e 15 maggio. Con tanti incontri testimonianze il primo giorno, il giovedì, e uno sguardo sul futuro il giorno seguente, dove si è parlato della necessità di "una gita a Chiasso", come direbbe Arbasino, (fuori di metafora, di uno sguardo non teorico ai mercati non italiani) durante l'incontro "L'Europa per le imprese" con l'eurodeputato Massimiliano Salini e Fabio Papa (Università Carlo Cattaneo), preceduto da un incontro sul futuro del lavoro e la riforma del welfare a cui ha partecipato il ministro Giuliano Poletti.

Ma torniamo al giovedì, e a quel “si è sempre fatto così”. «Di solito sottovalutiamo il valore conoscitivo delle relazioni», ha detto Scholz: «E, invece, solo in un dialogo esplicito è possibile prendere coscienza delle cose, anche di come sto impostando l'impresa. Altrimenti, se resto “tra me e me”, vedo solo quello che ho già visto finora. Perdo l’occasione di scoprire davvero il mio potenziale e resta una cultura piatta, un mondo pieno di talenti inespressi. È difficile, ma bello, lavorare insieme; non per un buon proposito astratto, o un "volemose bene" generico, ma perché è la realtà che ce lo chiede. Più che cercare ricette già pronte per risolvere i problemi, dovremmo cercare di stare con persone che ci aiutano nell'avere un giudizio e uno sguardo nuovo sulle cose di sempre».

Introdotti dalle domande "Da dove parte il cambiamento? Che cosa lo provoca? E che conseguenze ha?", hanno portato la loro testimonianza Giovanni Zennaro di Moze (azienda con età media 24 anni), Davide Bartesaghi della cooperativa Im-Presa, Sofia Pereira, avvocato a Lisbona, Cristian Lami, albergatore per passione, vocazione e storia familiare (ma ristoratore suo malgrado, per rispondere alle circostanze in cui si è trovato a lavorare), Gianluca Chiodo, della Cooperativa sociale Giotto («Il mio intervento potrei chiamarlo la “cronaca di una porta chiusa in faccia”», ha esordito parlando del muro di gomma che si è trovato davanti negli ultimi tempi) e Giampaolo Silvestri di Avsi.

Il lavoro ha questo di bello: «ci costringe a conoscerci», ha ribadito Scholz, a conoscere più a fondo noi stessi e gli altri. Senza lasciarsi bloccare dalla paura dell’imprevisto e dell’errore. Perché «se hai tutto sotto controllo significa che non stai andando abbastanza veloce», ha chiosato Bartesaghi citando un’intervista al pilota Mario Andretti. E soprattutto perché «il gusto della vita non è negato a chi sbaglia ma a chi non ha il senso dell’infinito»; una delle frasi più amate, copiate e oggi twittate, di Enzo Piccinini.

Se è vero, come è vero, che la crisi tende a chiuderci, la posizione per la ripartenza è anti-istintiva, non automatica e lontana dalla nostra comfort-zone abituale: aprirsi ancora di più verso la realtà che ci circonda alla ricerca di nuove strade, spesso ancora tutte da inventare. Il coraggio di cambiare arriva tenendo lo sguardo fisso sullo scopo, e lo strumento privilegiato è essere sempre più consapevoli di quello che ci circonda e di quello che vogliamo costruire. Il bilancio aziendale, per fare un esempio il più concreto possibile, non è solo uno scotto da pagare per mandare avanti la propria attività, o qualcosa da delegare in fretta al proprio commercialista o all’esperto di turno: prima di tutto uno strumento di consapevolezza prezioso per correggere la rotta se c’è bisogno, o capire dinamiche interne all’azienda altrimenti impossibili da rilevare. «Un imprenditore può non saper fare un bilancio, ma deve necessariamente essere in grado di leggerlo», ha ribadito Monica Poletto di Cdo-Opere sociali, nel gruppo di lavoro "Leggere i numeri, scoprire la realtà: la sfida della sostenibilità".

Il primo giorno di lavori dell’assemblea è stato concluso da un’immagine commovente: la Costa Concordia che risale dal fondale dell'Isola del Giglio e da rottame inerte torna ad essere nave, anche se solo per il breve spazio del suo viaggio verso il porto di Genova, grazie alla tenacia e alla competenza dello staff di Micoperi, un’azienda leader nei servizi dell’industria petrolifera in ambito off-shore. Non solo. Anche per l’allegra, sfrontata fiducia nella positività di tutto ciò che esiste del presidente di Micoperi, il romagnolo Silvio Bartolotti, che sulle cose importanti della vita la pensa come Teresa d'Avila: «Siamo fatti per le cose grandi, non per quelle piccole». Presidente, ma non ci avevano detto che era impossibile portar via intera la Costa Concordia? «L’impossibile non esiste. Lo dicono per demoralizzare la gente», risponde con un sorriso. «Io seguo due regole ferree, che per ora hanno sempre funzionato. Primo: non intascare mai un solo centesimo dell’azienda. Secondo: avere intorno gente innamorata della fatica. Che la mattina quando si sveglia è contenta di venire a lavorare».