Da sinistra: Fausto Bertinotti, Mauro Ballerini,<br> Julián Carrón ed Eugenio Borgna.

L'imprevisto, contro la catastrofe dell'umano

Giovedì 18 febbraio la presentazione del libro di don Julián Carrón al Santuario dell'Addolorata. Insieme all’autore, lo psichiatra Eugenio Borgna e Fausto Bertinotti
Franco Mugerli

Il Santuario dell’Addolorata di Rho ha ospitato, giovedì 18 febbraio, la presentazione del libro La bellezza disarmata di don Julián Carrón. Insieme all’autore c’erano anche Fausto Bertinotti, ex presidente della Camera e guida della Fondazione “Cercare ancora”, ed Eugenio Borgna, primario emerito di Psichiatria all’ Ospedale Maggiore di Novara. Moderatore, Mauro Ballerini, responsabile per la zona di Rho di Comunione e Liberazione, che, con l’Associazione Vita e Destino, ha organizzato l’incontro. Numerosissimo il pubblico, oltre mille persone. Un’affluenza che non ha impedito a un silenzio sorprendente di accompagnare gli interventi.

La lettura del testo fatta da Borgna si è incentrata attorno a quali risorse interiori nascono nei nostri cuori per rispondere alle domande più vere della nostra esistenza. Il Professore ha elencato alcune grandi parole che si ritrovano all’interno del libro. «L’“amicizia”, quel miracolo che ci mette in sintonia con l’altro e apre il cuore ad un’altra grande parola: la “speranza”, senza della quale non c’è possibilità di vita». E poi la “tristezza”, quella «profonda nostalgia di qualcosa che è assente (San Tommaso) e di cui occorre con coraggio fare esperienza per ritrovare noi stessi («in interiore hominis habitat veritas», sant’Agostino)». Ancora, la “solitudine”, «grande compagna della vita che non è isolamento», ma possibilità di trasformare «in una presenza ascoltata le esperienze e le emozioni vissute». O il “silenzio” «come capacità di cogliere il Mistero, la radice più profonda della riflessione di Carrón». Solo se la ragione, come diceva Pascal, riconosce i suoi confini e il proprio limite «può essere colmata dal mistero, il volto di Dio che ci permette di salvarci e di uscire dall’angoscia e dalla disperazione. Infine, la parola “incontro”. Se sappiamo veramente ascoltare non possiamo prevedere cosa ne può nascere come scintilla di conoscenza e di cambiamento per la nostra vita».

«Ho letto con trepidazione questo testo col limite intrinseco della mia esperienza», ha detto Fausto Bertinotti: «Quella di un corpo a corpo tra la fede e il potere, in un tempo in cui il potere sembra aver desertificato ogni fede». Nel libro invece, prosegue, non si parla di una sconfitta, ma di una possibile resurrezione che inizia con una domanda profetica. Questa crisi di civiltà ha a che fare con la perdita delle evidenze. «Siamo sulle soglie di una catastrofe dell’umano, secondo Hannah Arendt. A meno che… In questo “a meno che” c’è il terreno per l’intervento dell’imprevisto. Leggendo Carrón questa posizione può essere sconfitta a condizione che accada un evento. La salvezza risiede in un imprevisto, davanti al quale non bisogna essere inerti, ma in un’attesa vigile e partecipe. È la scintilla che può scatenare l’incendio».

Secondo Bertinotti, la fede deve accompagnarsi al dubbio, per non rischiare il fondamentalismo, per aprirsi all’altro: «Due altre parole mi hanno molto colpito: il rapporto tra “appartenenza” e “libertà”. Mi sento compagno di strada di Carrón perché sono investito dalle stesse domande. In questa eclissi del popolo, l’appartenenza alla comunità può essere tranquillizzante e diventare uno scudo. Invece Carrón ricorda che ogni creatura è un bene e rilancia in un incontro e un dialogo con chiunque. La sconfitta del comunismo ha portato la sinistra a una deriva individualistica, alla gestione del potere», dice ancora. E poi cita Luisa Muraro: «La nozione moderna di ragione che si è ristretta entro limiti che lasciano fuori interrogativi essenziali dell’uomo e lo stesso nome di Dio, si è resa inadeguata ad un vero dialogo con l’umanità intera». Per questo serve aprirsi a un dialogo vero, aperto al mondo.

«Vi starei ad ascoltare a lungo, tanto è affascinante questo dialogo», ha esordito don Carrón: «C’è un’intesa profonda in voi, espressa con potenza unica dal professor Borgna che ha sottolineato tutta la dimensione del mistero che siamo. Paradossalmente qualche pensatore vorrebbe lasciar fuori questi grandi interrogativi per poter dialogare, mentre se una ragione non è in grado di raccoglierli è difficile che nasca un’amicizia. Se viene meno la densità delle domande, i rapporti diventano più aridi. Se capiamo quale crisi stiamo attraversando, diventiamo più capaci di un dialogo in cui mettere in comune la nostra esperienza». Poi, rispondendo a Bertinotti sulla fede e sul dubbio, Carrón ha ricordato che c’è il rischio di attribuire alla fede un dogmatismo che non le appartiene: «Per molti la fede è percepita contraria alla ragione. La fede non è un insieme di dottrine, ma il riconoscimento dell’avvenimento di Cristo. La fede è sempre aperta alla ricerca, è il contrario di qualunque imposizione, ti lancia sempre più nella conoscenza del mistero di questa presenza. L’uomo non può accedere alla verità se non attraverso la libertà».

Questo binomio, “fede-libertà” si incontra con l’altro, “appartenenza-libertà”. L’appartenenza è vera nella misura in cui stimola la libertà, ha detto ancora il presidente della Fraternità di CL: «La crisi che viviamo ha questo vantaggio, ci mette davanti a una sfida affascinante. Abbiamo la fortuna di vedere dei germogli: sembrano nulla, ma tutta l’imponenza di un tronco secco non può impedire il crescere di un germoglio. In questo momento di desertificazione dell’umano, in cui tutto è buio, possiamo vedere persone che non sono travolte dal nulla, i semi della novità che ci sono, dove il potere perde la sua forza. Questa è la speranza nel reale. Quanto tempo occorrerà? È già successo. La vera sfida per l’uomo è il metodo di Dio, che ha scelto un uomo, Abramo per cambiare il mondo. Ma noi, dopo aver visto che questo metodo è efficace, non crediamo che lo sia. È la sfida che il mistero fa con noi, un evento imprevisto. Possiamo già ora vedere la vittoria contro il deserto e il potere, se iniziamo a credere in questa bellezza disarmata».