La presentazione di  <em>Luigi Giussani. Su vida</em>, a Madrid.

«Sapeva vedere il cuore»

Il 18 febbraio, la presentazione dell'edizione in spagnolo della biografia di don Giussani. Con l'autore, Alberto Savorana, due grandi nomi del panorama culturale iberico: l'architetto Alberto Campo Baeza e il sociologo Victór Peréz-Díaz
José Luis Restán

«È un libro che abbiamo lungamente atteso», inizia don Ignacio Carbajosa, il responsabile di Comunione e Liberazione in Spagna. La grande aula magna della Fondazione Paolo VI affacciata sulla città universitaria di Madrid, comincia a vibrare sulle note della canzone che Claudio Chieffo scrisse per don Luigi Giussani nel 2005: «E la voglia che avevi di ridere e cantare era come il vento la sera, che spazza via le nubi, le nubi e il temporale, e ogni storia diventa più vera».

È la sera del 18 febbraio, abbinata a uno dei più prestigiosi palcoscenici culturali della capitale, a fare da sfondo alla presentazione dell’edizione in spagnolo della biografia del fondatore del movimento di CL scritta da Alberto Savorana: Luigi Giussani. Su vida (Ed. Encuentro).

Siamo già alla terza generazione da quando il movimento ha iniziato il suo cammino in Spagna, e alcuni conoscono appena la vita di don Giussani. Ma si percepisce nell’aria la commozione ascoltando «i tuoi occhi che vedono tutto ora guardano il cuore, le parole ci portano il fuoco e la voglia di andare… andare…». Perché questa esperienza è vissuta da tutti, e questa sera sono venuti a contemplare l’origine di quel fuoco e del cammino che ha generato nella storia. «Questo libro aiuterà noi di CL a comprendere l’origine di ciò che viviamo oggi, ma aiuterà anche chiunque a rispondere alla drammatica domanda di Dostoevskij: “Un europeo dei nostri giorni può credere realmente alla divinità di Cristo?”», dice Carbajosa.

Al tavolo dei relatori, con l'autore Savorana, due grandi figure della società civile spagnola, il sociologo Victor Pérez Díaz e l’architetto Alberto Campo Baeza. Entrambi si sono accostati alla vita di Giussani e l’hanno paragonata con le proprie esperienze, le preoccupazioni e i compiti.

Pérez Díaz identifica immediatamente due caratteristiche principali che hanno attirato la sua attenzione leggendo la biografia: l'energia vitale, la ricerca appassionata di pienezza che Giussani nutrì sin da bambino, e il desiderio di comprendere la propria strada, la tensione della ragione che cerca sempre di capire e di rendere conto di quello che vive. Un grande scienziato, abituato a misurare i parametri della vita sociale, si sorprende davvero davanti a «uno spirito così poetico, musicale, e nello stesso tempo così razionale». Pérez Díaz sottolinea la condizione alterata del nostro momento storico, un mondo che non comprende se stesso, un tempo di non ascolto, di linguaggio ingannevole. Proprio per questo la figura di don Giussani risulta particolarmente attuale, con la sua testimonianza di ascolto attento e amoroso. Ascolto dei fatti e delle persone, dialogo che non si ferma alle apparenze, tensione per comprendere il corso degli eventi che stava vivendo, e coinvolgimento intelligente nelle circostanze concrete della storia.

L'architetto Campo Baeza, ha dedicato alla ricerca della bellezza la sua prolusione all’ingresso nell'Accademia di Belle Arti. La sua vicinanza a questo filo conduttore della vita di don Giussani è immediata. È rimasto colpito dal biglietto che un bambino di dodici anni scrisse a suo padre per aiutarlo ad aprirsi, mostrandogli la bellezza del cammino vocazionale che aveva intrapreso entrando in seminario. E confessa il suo stupore nell’ascoltare ogni giorno l’aria de La favorita di Donizetti, rivivendo la stessa consapevolezza di don Giussani quando comprese che Dio, il punto di arrivo della nostra ricerca e del nostro desiderio, esiste realmente. Il desiderio di identificarsi con l'esperienza di don Giussani descritta nel libro ha condotto il professor Campo Baeza a partecipare alla Via Crucis della comunità di CL di New York. Perché, come ha sottolineato Carbajosa all'inizio dell’incontro, ricordando una frase di Kierkegaard molto amata da don Giussani, «un grande avvenimento può essere solo presente».

Alberto Savorana concorda con Pérez Díaz sul fatto che l’energia vitale e la passione per la ragione siano i tratti fondamentali della personalità di don Giussani, che ha vissuto sempre in ascolto di quanto accadeva, in dialogo continuo con la realtà, sempre interessato e ricettivo, senza lasciarsi frenare da preconcetti. «Mi ha affascinato la bellezza della vita di quest’uomo, che è diventata qualcosa di desiderabile per me», dice Savorana riecheggiando la stessa esperienza che pochi minuti prima aveva raccontato Campo Baeza.

L'autore si sofferma poi, in particolare, sul momento in cui don Giussani capì che il Signore lo chiamava a percorrere una via diversa dall’insegnamento della Teologia in seminario. Accadde allorché si rese conto che molti giovani cattolici non erano più capaci di rendere ragione della loro fede, malgrado il contesto sociale fosse ancora fortemente segnato dalla tradizione cristiana. E sottolinea la grande stima che il sacerdote sempre ebbe per l’uomo moderno. Don Giussani non si intimorì mai di fronte ai cambiamenti storici, perché sapeva vedere il cuore dell’uomo, la sua ontologia, l'esigenza di vita, di bellezza, giustizia, felicità che muove gli uomini. Ha sempre avuto fiducia in questo cuore, che è fatto per riconoscere Cristo, e partendo da qui ha sfidato la libertà di tutti a verificare la convenienza umana della fede.

Savorana mette infine in rilievo l'importanza del legame particolare che Giussani ebbe con la Spagna, alla cui origine fu una cena con un giovane e vivace editore, José Miguel Oriol, in un ristorante di Milano. Da lì ebbe inizio una storia quasi parallela alla lunga storia del Movimento in Italia, che già allora viveva le difficoltà e contraddizioni proprie della sua dimensione e delle sue implicazioni. «Il rapporto di don Giussani con la Spagna è come un filo sottile di amicizia con alcune persone, qualcosa di purissimo, senza condizioni né artificiosità: si trattava solo di condividere la vita di alcuni giovani compagni di cammino. E in seguito, gli incontri che ne nacquero». Il risultato fu una fecondità insperata, un popolo ben visibile nel gesto stesso di questa presentazione conclusa da Carbajosa con l’invito alla lettura dell biografia, la miglior luce per affrontare un momento storico pieno di ombre e luci: «La sua eredità è una vita che continua oggi». A partire da un'esperienza presente possiamo andare al fondo del carisma che la genera, e nell’approfondire la sua origine, maturare la consapevolezza e l’entusiasmo per percorrere la strada che ci indica.