La presentazione de "La bellezza disarmata" a Verona.

Nel crollo delle certezze, uno «spazio nuovo»

A presentare il libro di Julián Carrón nella città veneta, presenti, insieme all'autore, la pedagogista Luigina Mortari e il sociologo Mauro Magatti. Un dialogo a tutto campo, dalla famiglia alla tecnocrazia, in cui «le cose già sapute diventano nuove»
Stefano Filippi

Potenza di un incontro. Luigina Mortari, una delle maggiori pedagogiste italiane, sale sul palco della Gran Guardia di Verona, davanti a oltre mille persone per parlare del libro di don Julián Carrón, La bellezza disarmata. Si scusa: «Sono reduce da una cena veloce con don Carrón e sono un po' scombussolata dopo le nostre chiacchiere. È un libro ricchissimo e, felicemente, non sistematico. Dovrei rivedere completamente l'intervento che avevo preparato». Un dialogo di tre quarti d'ora scarsi e tutto cambia, le cose già sapute diventano nuove. Lei cita María Zambrano e José Ortega y Gasset, coglie il retroterra della formazione di Carrón, e lui sta al gioco: «Ho scritto questo libro da spagnolo, perché mi piace "prendere il toro per le corna". Non volevo che le provocazioni del reale mi scorressero davanti, come fossi in letargo. Ho inteso verificare se la fede c'entrava con tutta la vita, se mi rendeva capace di stare di fronte alle sfide di oggi».

Così si parla di famiglia e immigrazione, di politica e tecnocrazia, di crollo delle evidenze e ragione allargata. Mortari, che dirige il dipartimento di Scienze umane dell'Università di Verona, è colpita dalle domande prima che dalle risposte: «Vedo che don Giussani non voleva convincere delle sue idee, ma dare strumenti con cui ciascuno potesse giudicare ciò che davvero soddisfa la domanda infinita di significato che ogni uomo si porta dentro. Ciò che serve oggi non sono risposte preconfezionate, ma principi di orientamento per entrare in rapporto con il mondo».

Lo smarrimento degli uomini di oggi è uno dei temi della serata. Mauro Magatti, ordinario di Sociologia all'Università Cattolica di Milano e secondo interlocutore di Carrón a Verona, descrive il paradosso della nostra epoca: «Siamo tecnicamente potenti ma senza punti di riferimento. Pensavamo che lo sviluppo tecno-finanziario ci consentisse di fare a meno della politica e della religione, ma ciò che avevamo eliminato torna in forma problematica: senza politica si moltiplicano le guerre in tanti angoli del mondo e senza religione si afferma il fondamentalismo. Questo libro si chiede proprio come recuperare il rapporto con l'altro nella società e nella politica, e il rapporto con l'Altro "maiuscolo", cioè con Dio».

Tutti ammettono che le vecchie evidenze sono venute meno, ma nessuno rimpiange il tempo delle certezze. Eppure sul palco dell'auditorium gremito (chi non è riuscito a entrare ha potuto seguire il dibattito in un altro salone in videocollegamento) non erano seduti tre relativisti. «Si apre uno spazio nuovo», dice Mortari, «dove sul razionalismo di oggi si affacciano parole come passione, cuore, desiderio. E anche letizia, la parola rarissima con cui Carrón chiude il libro e che rende possibile guardare con simpatia tutto perché rende la vita amabile». Per Magatti questo è un «tempo propizio»: il venir meno delle certezze riporta in primo piano il mistero. «La vita è rapporto con il mistero. Ma dov'è il mistero in una vita in cui tutto è saputo e organizzato? È proprio riproponendo questa domanda che l'esperienza della fede diventa contemporanea a ogni uomo».

Carrón ha chiarito il senso del libro, rispondendo anche alla curiosità del sindaco, Flavio Tosi, e del vescovo, monsignor Giuseppe Zenti, che nei saluti introduttivi si erano mostrati incuriositi dal titolo del volume che unisce parole in apparenza contraddittorie. Ha detto la guida di CL: «La "bellezza disarmata" ha un'attrattiva alla quale non serve altro per farsi riconoscere, e l'uomo ha in sé la capacità di riconoscerla. Queste sono le due certezze che abbiamo perché possiamo verificarle nella nostra esperienza. Dio ha voluto aiutare l'uomo nel suo smarrimento spogliandosi dei Suoi poteri divini, facendosi uccidere: davanti a questo "disarmo" ognuno ha la libertà di rifiutarlo, ma anche di aderirvi. Dobbiamo essere semplici, aperti all'altro, alle circostanze, all'incontro con persone attraverso le quali la vita si illumina. Testimoni di qualcosa che magari non ci aspettavamo, come i contemporanei di Cristo non sapevano Chi veniva loro incontro attraverso quell'uomo, ma che, forse, è la risposta a ciò che il cuore desidera».