La presentazione de "La bellezza disarmata" a Monza.

«Uomini liberi, sul palcoscenico del mondo»

Il 20 giugno, al Teatro Manzoni, Julián Carrón ha presentato il suo libro con l'ex ministro Tiziano Treu e don Matteo Fabbri. Nello spaesamento della società, un testo che «non è una camomilla». E da cui emerge un metodo: «Misurarsi con l'esperienza»
Giovanni Santambrogio

Erano in molti nell’atrio del Teatro Manzoni di Monza in attesa di poter entrare alle 20.50, puntuali, di lunedì 20 giugno. Avevano ancora dieci minuti. Alcuni ce l’hanno fatta, tanti altri no. I mille posti erano già tutti occupati. «Un evento che da tempo non mi capitava di vedere. Che bel segnale sapere che si possa ancora ragionare sul senso della realtà in questo tempo di cambiamento d’epoca dove trionfa la frammentazione e tutto si relativizza. Incontrarsi non è scontato», dirà con una punta di emozione Tiziano Treu, professore emerito all’Università Cattolica di Milano e, per molti, noto ministro e grande conoscitore delle dinamiche aggregative. Veniva presentato il saggio La bellezza disarmata di Julián Carrón e a discuterne con l’autore c’erano don Matteo Fabbri, vicario della prelatura dell’Opus Dei per l’Italia, e appunto Tiziano Treu coordinati da Angelo Chiello, avvocato.

Pubblico di età diverse, come ha rilevato nei saluti il sindaco di Monza, Roberto Scanagatti, raccontando l’attuale spaesamento diffuso anche nelle comunità locali dove prima resistevano rapporti, solidarietà e senso civile: «La città deve riconquistare quel patto sociale che sembra perduto con gli anni della crisi, ma che ha radici più profonde come il libro mette in luce. Il confronto di stasera indica la possibilità di percorrere la strada della ricomposizione».

Come? Per Treu questo può avvenire prendendo seriamente le provocazioni che ogni capitolo del libro lancia. «Non è un testo-camomilla. Leggetelo e ve ne renderete conto. Si esce già arricchiti a partire dal primo messaggio forte: misurarsi con l’esperienza e ricercarla costituisce il modo più vero per incontrare l’umano, scoprire l’io e vederlo in relazione con la comunità. Una ricerca che diventa possibile solo facendo leva su quella sorgente di verità che c’è in ognuno e sulla religiosità che ci accompagna». Per chi ha insegnato a lungo in università, ha lavorato con le associazioni, con i sindacati e poi si è impegnato nella politica delle scelte e delle decisioni questo sguardo è di grande conforto: «Spazza via gli slogan, le derive ideologiche», ha proseguito «per affermare che la ricerca del senso va fatta in stretto rapporto con l’altro, perché l’altro - mi ricordo alcuni incontri con don Giussani quando insegnavamo in Cattolica - è una dimensione antropologica costitutiva. Se l’altro è parte di noi, capite quali e quante conseguenze operative e politiche discendono. Realizzare l’io diventa risposta a sé, ma anche valore civile ed è un antidoto alle lacerazioni sociali».

Treu ha poi ricordato due punti per lui essenziali su cui Carrón insiste e che dovrebbero trovare impegno e risposte: la riflessione sul potere e l’emergenza educativa. Un potere che va esercitato non rinchiudendosi nell’autoreferenzialità e non pensando che basti solo l’onestà: se le istituzioni non si immergono nelle relazioni con le persone poco cambierà, perché c’è un "senso" nei problemi che va fatto emergere e per nulla censurato. Così come va riaperta la partita sull’educare al vero, al bene e al bello senza risparmiare le difficoltà ai figli e ai giovani. Non è questione di risorse disponibili né di tecniche d’insegnamento, ma di una qualità umana da ritrovare.

Don Matteo Fabbri ha offerto una lettura più teologica del libro. «Ho trovato», ha esordito «tanti spunti personali e preziose indicazioni per la testimonianza nel presente. Credo che un elemento che leghi tutto sia il concetto del carisma. L’esperienza di Carrón e della guida del movimento che ha ereditato poggiano su un carisma forte, quello di don Giussani, che si pone nella storia alla prova della storia. Significa che si è di fronte a uno sguardo sulla realtà per nulla visionario, ma profetico perché viene dall’alto, è lo sguardo di Cristo che entra e guida la persona. Il carisma fa parte della vita della Chiesa, è tradizione, passa di generazione in generazione. Cosa vuol dire allora riconoscere e ricevere questo carisma da tramandare alle generazioni che seguono? Il libro documenta quanto ci si debba immergere nel tempo presente senza adeguarsi ad esso, ma vivendo intensamente le cose per creare l’unità dei tempi. Tutti, altra sottolineatura del libro, siamo protagonisti perché ciascuno deve rendere viva la presenza di Cristo. Il cristianesimo vive sul palcoscenico del mondo per dare spettacolo di uomini liberi. E sulla libertà Carrón offre pagine molto belle con le quali misurarsi. Libertà non è autonomia, ma sorge e vive dentro un legame».

Per Julián Carrón, che con questo libro sta compiendo un viaggio in tutta Italia, «la provocazione viene dalla realtà con la sua storicità, il suo carico di problemi e di sfide. Ciascuno è chiamato a rispondere». Riprendendo gli interventi di don Matteo Fabbri e di Tiziano Treu ha precisato: «Di fronte alla paura che assale per i repentini e profondi cambiamenti le formule non servono, non agiscono come un talismano. Va invece verificata la verità di quanto diciamo e quello che abbiamo ricevuto va riguadagnato; non basta conservarlo. Serve sempre un nuovo inizio, un lavoro di risveglio dell’io, del soggetto. È questa la strada per generare adulti portatori di certezza. E proprio la certezza rompe la tentazione di chiudersi in se stessi e porta ad uscire allo scoperto dove si scopre l’altro come un bene per me perché il rapporto con l’altro è una dimensione antropologica costitutiva». La lettura de La bellezza disarmata apre a queste dinamiche. Non solo, è uno strumento critico per affrontare le vicissitudini che ognuno può avere nel proprio vissuto. Con una avvertenza: la risposta ai problemi avviene dentro una verifica, un travaglio, un lavoro. Non è mai una applicazione passiva di indicazioni o suggerimenti. Lo spaesamento è un’evidenza e occorre stargli davanti per poterlo sfidare.