La presentazione a Santiago del Cile

«La freccia che suscita il nostro desiderio»

In un clima quotidiano di contrapposizioni e conflitti, una serata diversa. Per «camminare insieme». In Cile, la presentazione de "La belleza desarmada", con Julián Carrón, il sindaco comunista Daniel Jadue e l'imprenditore Juan Francisco Lecaros
Felipe Garay

In una sala che già con molto anticipo si era riempita di persone - e non solo del movimento: erano presenti anche il cardinale Ricardo Ezzati Andrello e il nunzio apostolico Ivo Scapolo -, abbiamo assistito a un dialogo che in Cile non si vedeva da parecchio tempo. La presentazione del libro La belleza desarmada di Julián Carrón, tenutasi la sera di giovedì 14 settembre nell’auditorium dell’Università Autonoma, a Santiago, è stato un vero e proprio incontro, in cui si è manifestato un reale interesse per la bellezza del Mistero che - al di là del contesto dalla crisi, dalla quale il Cile non è immune, in questo anno di elezioni presidenziali, e percorso da sintomi di disillusione sociale -, è possibile trovare in quel profondo desiderio di bene e di verità che le persone hanno dentro di sé.

I canti tradizionali cileni hanno accolto i presenti, per introdurre questo incontro in cui Julián Carrón ha conversato con due rappresentanti di realtà nazionali diverse: Daniel Jadue, sindaco di Recoleta e militante comunista, che ha dato il via al progetto delle “farmacie popolari”, e Juan Francisco Lecaros, imprenditore e presidente della fondazione Simón de Cirene, che ha l’obiettivo di formare imprenditori e leader sociali secondo principi etici cristiani.

Julián Carrón ha risposto alle preoccupazioni espresse da loro e suscitate da una lettura attenta e riflessiva del libro. Innanzitutto, riguardo al disagio di Jadue sul tema della crisi occidentale, che apre le riflessioni del libro, Carrón ha osservato che «la crisi ha il merito di porci delle domande» e che queste domande richiedono di essere affrontate in un modo nuovo, non prefabbricato, perché oltre una crisi economica o sociale, quel che è in gioco è il significato del vivere. Questo significato non può essere trovato in modo soddisfacente in cose esterne, che possono dare un certo piacere passeggero, ma nella bellezza, nella sua pienezza, nello «splendore della verità che attira e affascina per se stessa». E questa bellezza si concretizza nella presenza di Colui che «ha scagliato la freccia che suscita il nostro desiderio». Cristo stesso, in cui «la Verità si è fatta Carne».



È, quindi, necessario che questa verità diventi interessante per gli uomini e le donne del nostro tempo. E tuttavia noi cristiani siamo stati quelli che, come ha ben detto Lecaros, hanno ridotto questa bellezza a una serie di regole di comportamento, lasciando decadere l’attrattiva del cristianesimo. In tal senso, Carrón ci richiama a ritornare all’originalità del cristianesimo - nelle sue due accezioni, ossia del tornare alle origini e del suo essere autentico e verificabile oggi -, il cui effetto non punti soltanto al Cielo, all’"aldilà", ma soprattutto all’"aldiqua": che sia percepibile come lo è Cristo stesso, incarnato. Non basta sperare che sia semplicemente un influsso che risana, un semplice sollievo di fronte ai problemi, che ci permetta di sapere quel che dobbiamo fare. Al contrario: dato che è una presenza viva, non può essere semplicemente un fattore etico né emotivo, ma deve coinvolgere la persona nella sua interezza, spingendola a cercare il bene e ad agire bene e, più che per una legge che lo ordina, a farlo perché è capace di riconoscere un bene nell’altro.

Questa scoperta implica un continuo stato di tensione, una disposizione dinamica che non si accontenti di adattarsi, come ha segnalato efficacemente Jadue, il quale ha poi chiesto che cosa il cristianesimo abbia bisogno di imparare per rendersi attraente oggi. Carrón ha risposto dicendo della necessità di verificare la propria storia e la realtà in cui siamo immersi, e a partire da questo di tornare a proporsi alla libertà, mostrando la propria attrattiva. Così, per esempio, riguardo alla recente approvazione della legge sull’aborto, o alle proposte di legge per l’identità di genere o per il matrimonio omosessuale, ha sottolineato che «ci siamo basati più sulle leggi favorevoli che avevamo, piuttosto che sulla bellezza stessa dell’attrattiva». Per questo, anche se non vi fossero leggi favorevoli ai valori cristiani - come succede ora -, la verità che viviamo - il valore della vita umana e della famiglia nella nostra società - si rivela grazie alla sua stessa bellezza se lo testimoniamo come esperienza, più che in virtù della forza di un ragionamento o di un imperativo. «L’esperienza che nasce dall’incontro con l’altro è qualcosa che mi provoca e mi spinge sempre a pensare, a rispondere, a fare qualcosa… L’altro mi fa crescere, indipendentemente da quello che fa (o mi fa), non perché ci troviamo d’accordo, o perché l’altro abbia o non abbia ragione», ha affermato Carrón rispondendo alla domanda di Lecaros su «come posso percepire che l’altro è un bene per me?».

Da sinistra: don Julián Carrón, il cardinale Ricardo Ezzati Andrello e il nunzio Ivo Scapolo

Carrón ha poi aggiunto che, se la fede in Cristo serve per vivere nel quotidiano, a partire dall’esperienza della compagnia, sarà di aiuto per incamminarci verso quel desiderio profondo che il cuore anela. Questo fatto lo intravede non soltanto chi è già cristiano, ma è possibile intuirlo anche se non si crede, come ha specificato Jadue citando il «legame organico materiale» tra gli esseri umani, affermato da Marx. Nonostante questo, ha sottolineato Carrón, finora nessun tentativo umano che proponga una strategia educativa per il bene comune ha dimostrato di avere radici profonde nella persona stessa.
L’avvenimento cristiano invece conferisce questa capacità perché emana non da un discorso né da una ideologia, ma dalla Persona di Cristo, ed è Lui a provocarci mostrandoci che Dio realizza le sue opere in un modo che sfugge a qualsiasi calcolo umano, che affascina chi se ne lascia attrarre, al di là di una soddisfazione sensibile, perché aspira sempre a qualcosa di più.

È impressionante come, in un dialogo come questo, una continua provocazione abbia suscitato il desiderio di camminare insieme verso una bellezza che si presenta disarmata, così com’è, visibile a tutti quelli che si incamminano verso di essa, invece di suscitare un conflitto, come succede di solito con le “provocazioni” alle quali ci troviamo di fronte quotidianamente, nella politica, nell’economia o nella società civile. Perché soltanto la bellezza della verità è una provocazione che affascina.