La presentazione di "Dov'è Dio?" (Piemme) a Bologna.

Bologna. La speranza realista dei cristiani

Appuntamento a Bologna per "Dov'è Dio?", il libro-intervista di Julián Carrón con Andrea Tornielli. Con l'autore, c'erano l'arcivescovo Matteo Maria Zuppi e lo storico Alberto Melloni, in un dialogo serrato sull'attualità del cristianesimo
Gianni Varani

Trent’anni prima, nella sala dove si sono incontrati a Bologna giovedì 30 novembre don Julián Carrón, l’arcivescovo Matteo Maria Zuppi e il professor Alberto Melloni, avevano parlato don Luigi Giussani e don Giuseppe Dossetti. Li aveva invitati il cardinale Giacomo Biffi per la decennale eucaristica del 1987. Voleva si conoscessero. E così fu. Nell'immaginario collettivo è sembrato che riaccadesse qualcosa di analogo, questo giovedì 30 novembre, davanti a quasi 1.500 persone nell'Auditorium Europa, invitate dell'associazione bolognese “Incontri Esistenziali”, per presentare il libro intervista, edito da Piemme, di don Carrón e Andrea Tornielli, Dov'è Dio? .

A cercare la sintesi della sintesi del lungo viaggio di domande e riflessioni compiuto da Melloni, Zuppi e Carrón nella serata bolognese, guidata da Franco Bernardi, di “Incontri Esistenziali”, dovremmo forse tentare di dirla così: il cristianesimo ha oggi una grande, irripetibile occasione nel momento attuale di estrema secolarizzazione, se non si riduce a moralismo, a mera riproposizione dottrinale. «È un senso di opportunità sereno quello di Carrón», ha commentato Zuppi, aggiungendo che «la Chiesa non è dei perfetti». «Non ci sarebbe posto per me», ha subito aggiunto don Julián. «Saremmo fuori in due allora», di rimando ha sottolineato l’Arcivescovo.



Le parole chiave usate da Zuppi, per ricapitolare il percorso del libro e descrivere cosa debba essere oggi il cristianesimo, sono state «speranza realista, compassione», che altro non è che «saper vedere con gli occhi di Gesù. Non abbiamo bisogno del nemico», ha aggiunto «anche se è più facile trovare il nemico, perchè ci da identità». L’occasione che si presenta dunque oggi alla fede cristiana - per il pastore della Chiesa bolognese - è quello di cogliere il desiderio che c'è negli uomini, la sete che c'è in loro, e di non tener per sé quello che si è incontrato, arrivando a loro per attrazione, non con troppa progammazione e formazione. «Non si tratta di avere programmi», dice Zuppi «ma il programma, cioé il Vangelo». Se un rischio c’è da evitare - e su questo hanno concordato tutti gli ospiti della serata - è quello di ridurre il cristianesimo a pelagianesimo, a credere cioé in definitiva solo nelle proprie forze.



Melloni, storico del cristianesimo e direttore della Fondazione per le Scienze religiose Giovanni XXIII (una realtà nata da una idea di Dossetti), interrogato se la domanda «dov’è Dio?» abbia per l’uomo moderno ancora senso, ha posto sul tappeto molte questioni anche sull’oggi dell’Europa, dove vede spirare forti venti di nazionalismo, xenofobia, fascismo, mentre in mare son morti 50mila uomini. «La post-modernità è una sfida», per Melloni, «alla plausibilità delle fede stessa».

Alberto Melloni

Tutte questioni che interrogano un cristianesimo visto da Melloni anche come lotta, senso del tragico, capace di interrogarsi e non fermarsi ad un «bigottismo quieto». Nel libro di Carrón, Melloni vede dunque anche il superamento della tentazione di leggere la modernità con l’ottica ottocentesca e novecentesca che attribuisce alla modernità stessa solo connotazioni negative. Soprattutto, vede in Carrón la convinzione che «la vita cristiana è resa possibile solo dalla vita cristiana stessa», non da altro, come ad esempio il potere, arrivando poi a dire che «il più grande teologo di CL è stato Claudio Chieffo», con le sue canzoni.

Sulla figura di papa Francesco era inevitabile soffermarsi a lungo. «Il Papa non sta svendendo il cristianesimo», ha sostenuto Zuppi: «Ci riporta all’origine dell’esperienza cristiana. E le critiche al Papa indeboliscono la Chiesa. Sono però forse più pericolosi quelli che stanno a guardare, perché non colgono l’opportunità. Non è un umanitarismo, quello di papa Francesco, è il fondo del Vangelo. Quello che ci chiede non è svendere, è molto più esigente».

Julián Carrón

Per Melloni la sfida del Papa - che pure è spalancato al mondo - ha ricadute particolari per l’Italia. «Se non passa in Italia, non passa da nessun’altra parte». E, da esperto del Concilio Vaticano II, ha spiegato questo suo punto di vista citando padre Yves Congar, per il quale lo stesso Concilio avrebbe avuto esito nel mondo solo se avesse sfondato in Italia. Questa sfida potrebbe riassumersi secondo Melloni, nel fatto che «c'è differenza nel Vangelo su Gesù o di Gesù», pur non sapendo - sono sue parole - «spiegarlo meglio».

Monsignor Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna

Alla fine è toccato a Carròn tirare le fila, sottolinenando che il cristianesimo «non è un pacchetto di verità, ma un avvenimento. Il cristianesimo è della stessa natura dell'innamoramento. Se non è avvenimento è più difficile liberarsi dal potere. Senza questa certezza, il moralismo è inevitabile, a causa della nostra insicurezza esistenziale. È per questa insicurezza che abbiamo cercato il potere per dare una mano a Dio, non avendo sufficiente fiducia. La vera risposta è una presenza, ben più radicale di un discorso». La sfida rappresentata dalla domanda e dall’attesa nel mondo si coglie, a suo avviso, «non con l’ascetica, ma con una sovrabbondanza. Se non è così la battaglia è persa». E sul Pontefice ha ribadito: «Quella del Papa non è strategia, poggia su Cristo, altrimenti non farebbe quello che sta facendo».