La Piazza del Popolo a Fermo

Fermo. «Domande e certezza insieme. Come è possibile?»

Un incontro sulla poesia proposto da un gruppo di giessini marchigiani si trasforma in una valanga di racconti di esperienze. E commuove tutti i presenti, davanti a qualcosa che «dice di me più di quanto io sappia dire»

Il bellissimo salone di Palazzo Azzolino a Fermo, sede della Camera di Commercio, il 27 maggio, è gremito di persone. Viene allestita una stanza adiacente per poter permettere agli ultimi arrivati di assistere all’incontro. Tantissimi giovani. L’evento, organizzato da Gioventù Studentesca della città, è un dialogo dei giovani sulla poesia, a partire dalla lettura dei versi del libro di Nicola Campagnoli, Il cambiamento epocale (Itaca).

Laura, 15 anni, introduce, facendo ascoltare un brano di Rachmaninov: «Questo pezzo è agitato, inquieto, ci sono emozioni cupe e tristi. Ma poi c’è il assaggio da una tonalità minore a una in maggiore. Nella drammaticità, nell’ansia di vivere, si introduce qualcosa, una strana gioia, un incontro di grazia». Poi prosegue raccontando come dall’incontro con GS e poi con la poesia di Nicola, lei abbia compreso che quel suo sentire con tanta forza i bisogni, le sofferenze degli altri e il proprio dolore, non era qualcosa da evitare, da dimenticare - come le ripeteva sempre la mamma, preoccupata per lei -, ma una ricchezza di cui essere grati, perché portava a una domanda, ad aprirsi alla compagnia di un Tu di cui non solo lei, ma tutti, anche i suoi compagni, avevano bisogno.

Gli interventi dei ragazzi si susseguono. Davide, 18 anni, racconta che attraverso questi incontri sulla poesia, lui stesso poeta, ha iniziato a comprendere l’amore: «Sentire il tuo nome al sicuro sulla bocca di qualcun altro». Più affermo te, più conosco me.

Letizia parla del suo “cuore” e di un rapporto con una compagnia che la libera dall’ansia. Anna, secondo anno di liceo, ha fatto leggere alcune poesie di Nicola alle sue insegnanti. È rappresentante di classe e discutendo con una prof di inglese con cui la classe vive forti contrasti, a un certo punto le dice: «Più che la questione del voto, volevo dirle che noi ragazzi cerchiamo un motivo per studiare. Io voglio che questa scuola c’entri qualcosa con la mia vita. Tutti veniamo a scuola con un peso sulle spalle: non sapere il perché». La prof si è messa piangere.

Il silenzio in sala è totale. Katia racconta come, dopo aver perduto l’amicizia con Dio a causa di una grave malattia del cugino di due anni, l’ha ritrovata nell’incontro con alcuni insegnanti. Luigi spiega di aver sentito una grande corrispondenza tra le poesie e la sua esperienza, come se qualcuno gli descrivesse quello che ha dentro. Molti degli studenti presenti sono stati invitati dai ragazzi di Gs. Sono tutti tesi ad ascoltare.

Riccardo alla fine chiede: «Le cose che vediamo sono le stesse, ma voi vedete di più. Come fate?». Ludovica si lascia andare: «Io scrivo poesie, racconto di una sofferenza, un dolore che ho dentro. Non ne ho mai parlato con nessuno. Non ho mai fatto leggere i miei versi. Stasera ho visto che è possibile mettere a tema se stessi senza vergognarsene; in voi ho visto lo stesso mio bisogno». Pierpaolo ama dipingere: «Come posso rispondere alla mia confusione di fronte alle scelte, al cammino che devo fare? Spesso vedo che i miei pensieri, le idee, le opinioni mi portano fuori strada invece di chiarirmi». A un certo punto, Francesca, non si trattiene e si alza dal pubblico: «È incredibile! In voi che siete intervenuti vedo tanta certezza e tante domande allo stesso tempo. Com’è possibile?».

Giulia, attrice di teatro, anche lei invitata, il giorno dopo scrive su Facebook riferendosi in particolare all’intervento di uno dei ragazzi: «Quando ti accorgi che puoi solo ascoltare perché questo è il tuo periodo, un periodo di pochezza, ecco è il tuo periodo, quello in cui fare silenzio. C’è il silenzio e ci stai dentro con tutta la fame che vorresti saziata, subito, stai aspettando che altre parole ti contengano... che altre risonanze ti raccontino, aspettando che tutto questo ti passi e muoia in un Tu, trascendendo il tuo ardente desiderio di essere al centro, facendo memoria che una volta sei stato preso, proprio quella volta, puoi ritrovare in questo racconto nuovo, nel volto di quella ragazza, una familiarità inaspettata. C’è una condizione che ci accorda, una terribile e straordinaria nostalgia inesauribile».

Gabriele, insegnante di Filosofia e moderatore dell’incontro, conclude: «Abbiamo avvertito la presenza di Uno che colma la distanza: un incontro che dice di me più di quanto io sappia dire. È una certezza, ma non la possiedo, non la capisco. È più grande di me”.

Alla fine, don Gigi a uno di noi spiega come nella denominazione “camera di commercio” ciò che è accaduto: «Commercio intellettuale delle proprie idee sul mondo», affermazione di vita come insieme di gioia e dolore e di tutto il nostro umano, non mera pretesa del comodo in cui ci si sente sempre superiori a tutti.

Dopo l’incontro, cena insieme e canti sotto la luna nella suggestiva piazza di Fermo. La gente si ferma ad ascoltare. I ragazzi concludono con le parole di Ovunque proteggi, ballata di Vinicio Caposela: «In ricchezza e fortuna, in pena e in povertà, nella gioia e nel clamore, nel lutto e nel dolore, nel freddo e nel sole, nel sonno e nel rumore, ovunque proteggi la grazia del mio cuore, ovunque proteggi la grazia del tuo cuore, ovunque proteggi, proteggimi nel male, ovunque proteggi la grazia del tuo cuore».

(Davide, Nicola, Gabriele, Laura, Anna, Letizia, Katia, Luigi, Ilde e Roberta)