I ragazzi del Clu degli Stati Uniti in vacanza in Colorado

Vacanze Clu Usa. La vita è una promessa

Gite, lezioni, canti. E tanti momenti di assemblea e dialogo in cui ciascuno ha messo a tema se stesso, la sua vita, le sue fatiche. Ecco cosa è successo alla vacanza degli universitari di CL americani, sulle montagne di Estes Park in Colorado
Julia Bolzon

«L’attesa è la struttura stessa della nostra natura, l’essenza della nostra anima. Essa non è un calcolo: è data. La promessa è all’origine, dall’origine stessa della nostra fattura. Chi ha fatto l’uomo, lo ha fatto “promessa”. Strutturalmente l’uomo attende; strutturalmente è mendicante: strutturalmente la vita è promessa.» (Luigi Giussani, Il senso religioso, capitolo quinto, p. 71).

Il tema delle vacanze del Clu di quest’anno, “La vita è promessa”, è tratto dal brano del Senso religioso appena citato, che è il testo su cui abbiamo lavorato nelle nostre Scuole di comunità nell’anno accademico appena concluso. Per chi è nel Clu da parecchi anni è stato un grande dono tornare a questo testo, il primo di una trilogia in cui sono compendiati i contenuti delle lezioni di don Giussani durante i corsi di Introduzione alla teologia che teneva all’Università Cattolica di Milano. Per quelli nuovi del Clu (arrivati in questo anno o per le vacanze), l’opportunità di “cominciare dall’inizio” con Il senso religioso si è dimostrata molto fruttuosa: infatti durante le assemblee di queste vacanze molti studenti hanno testimoniato di aver imparato molto da questo testo durante l’anno appena concluso.



Don Pietro ha dato inizio alla vacanza leggendo un impressionante articolo del New Yorker, The Case For Not being Born, che presenta l’opinione del filosofo “antinatalista” David Benatar. Alla luce della sua tesi: Better Never to Have Been: The Harm of Coming Into Existence (Meglio non esser mai nati: il danno di venire alla luce), che non è l’unico nel suo genere qui, don Pietro ci ha invitato alla proposta della vacanza: «Un tentativo di affermare che la vita è buona, che nascere è un bene». Questi giorni vogliono essere un’opportunità di «educare la nostra ragione alla totalità della nostra vita». La nostra amicizia è un “luogo” dove possiamo fare questo, cioè, dove possiamo essere aperti ad accogliere la realtà in qualsiasi modo essa si offra a noi. In particolare ha sottolineato due punti: «Prestate attenzione a ciò che vi interessa» e «non partite dal dubbio: è come se vi foste già fatti un’opinione».



Abbiamo cercato di ascoltare questo iniziale invito all’apertura per i sei giorni della vacanza, che è stata piena di gite (una delle quali particolarmente lunga e difficile!), giochi, testimonianze, presentazioni, canti e preghiera, il tutto tra le montagne di Estes Park, Colorado. Una testimonianza di padre Rich Veras di New York ci ha illustrato una parte della storia dei primi anni di CL in America. Ci ha raccontato come ha incontrato il movimento (il posto e l’ora!) e come è stato “colpito dalla normalità della gente”, ma anche dal loro senso di libertà e di gioia, e da come non stessero semplicemente facendo degli “incontri”, ma stessero davvero vivendo assieme la vita. Don Pietro ha invitato anche due suoi amici che sono Memores Domini, a parlarci del rapporto tra Il senso religioso e le loro esperienze. L’aspetto che più ha colpito nella loro testimonianza è stato il modo in cui entrambi hanno cominciato a imparare come rispondere alla sofferenza: per Lorenzo, la sofferenza dei suoi pazienti non è stato un motivo per abbandonare o lasciarli morire, perché aveva incontrato una ragione per pensare diversamente; per Francesca, Qualcuno è sceso sulla terra per condividere la nostra sofferenza, e questo ha cominciato a dare un senso misterioso alla sofferenza stessa.



Un aspetto che è emerso in questa vacanza è stato il desiderio di ognuno di portare la propria esperienza durante le assemblee (al punto che uno dei frizzi durante la festa dell’ultima sera era la scena di tutti che saltavano su dalla sedia e si mettevano in coda per intervenire). Tra le varie assemblee – una sul libro Stoner di John Williams, una per i laureandi, una su "Ragione e Università" – è stata proprio l’assemblea finale che ci ha colto di sorpresa, protraendosi per oltre due ore al termine della nostra ultima giornata di vacanza. È stato uno dei miei momenti favoriti, prima di tutto perché ero colpito dal desiderio degli studenti di condividere tutto di loro con gli altri (e il coraggio e la fragilità di parlare di fronte a tutta l’assemblea!), e in secondo luogo perché ciascun intervento non era mai generico o astratto, ma personale, genuino. Molti studenti hanno parlato della loro esperienza familiare, a casa, o delle difficoltà che affrontavano, o ancora delle domande suscitate dalla vacanza, altri hanno parlato della bellezza e dell’intensità dell’esperienza di questa settimana. Una ragazza ha detto: «Nessuno mi aveva mai mostrato tanti modi diversi di vedere la presenza di Dio». Mi è piaciuto il modo come hanno saputo cogliere l’unità tra noi, come don Pietro ci ha invitato a osservare, che era tangibile quando recitavamo insieme le Lodi, partecipavamo assieme alla Messa, o quando assistevamo a una presentazione o a un concerto jazz, o ancora a un amico che eseguiva la Sonata in Si bemolle maggiore di Schubert. Don Pietro ha dato voce a ciò che molti di noi stavano sperimentando: la consapevolezza che Dio ci prepara un posto, che Lui è già qui, che ci aspetta sempre.



Abbiamo espresso la gioia per aver condiviso questa settimana con la festa e i canti dell’ultima sera, durante la quale i “vecchi” del Clu e i nuovi arrivati (i nostri nuovi amici di Pensacola, Florida) hanno ballato tutti assieme. A conclusione della vacanza, don Pietro ha sottolineato come questi ultimi sette giorni siano stati un avvenimento; ciò che abbiamo sperimentato non si poteva esprimere a parole. Sembrava che tutti – anche quelli che non avevano mai parlato in assemblea – volessero dire qualcosa, il che significava che era ci era davvero accaduto qualcosa. Spero che ciascuno di noi possa ricordare ciò che ci è accaduto come un punto di riferimento (come l’ha chiamato don Pietro), affinché possiamo continuare a seguire la modalità con cui Cristo ci è venuto incontro (anche adesso che non siamo più disidratati e ustionati dal sole).