Andrea Pérez, madre di don Carrón, morta il 31 gennaio

Carrón: «La vittoria di Cristo, certezza che pervade la vita»

Appunti dall’omelia di Julián Carrón in occasione del funerale della madre, Andrea Pérez. Getafe (Madrid), 1 febbraio 2019
Julián Carrón

Non si può vivere un istante senza vivere per qualcosa. Ciascuno di noi sa per che cosa vive. In tutto quello che fa ciascun uomo afferma ciò per cui vive. Chi ha conosciuto Cristo, non può più vivere per se stesso né morire per se stesso. «Se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore» (Rm 14,8).

Questa è l’esperienza che ho sempre visto fare a mia mamma. Nella sua assoluta semplicità ha vissuto determinata dal Signore. Non è necessario alcun tipo di formazione, alcuna preparazione, solo l’essere stato toccato, come lei è stata toccata, da questa Grazia che le ha permesso di vivere davanti a tutti noi con questa coscienza, che la determinava nel più profondo del suo essere, molto di più di quanto riuscisse a esprimere. Infatti, la maggior parte delle volte era di poche parole, viveva piuttosto del dono ultimo di sé, ma in questo dono ultimo di sé prevaleva questa Presenza, come diceva a una delle mie nipoti, quando nelle ultime settimane le chiedeva di lei, della sua vita e della sua relazione con il Signore.

In lei vediamo la vittoria di Cristo. «Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi» (Rm 14,9), perché sia la sua Presenza a dominare la vita, perché sia quella Presenza ciò che muove anche noi. Per questo, come abbiamo recitato nel salmo, «Il Signore è il mio pastore: anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me» (Sal 23,4). Questa è la certezza che pervade la vita adesso, di fronte al corpo ormai freddo di mia madre. Sempre con la sua tenerezza, sempre con la sua certezza, sempre con la sua premura, con il suo calore umano. Fa effetto darle l’ultimo bacio completamente fredda, e allo stesso tempo non essere determinato da quella freddezza, perché tutto ciò che ha vissuto è quello che abbiamo ascoltato nel Vangelo: «Padre [questo è il mio desiderio], voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io» (Gv 17,24).

Gesù è riuscito a contagiare quelli che conosce con questo desiderio. Non era semplicemente il desiderio di Gesù di averci vicino, ma è riuscito a suscitare in quelli che lo conoscono il desiderio di stare con Lui. Mia madre non voleva altro, non desiderava nessun’altra cosa. «Signore, quando mi porti con te?». Tutto era determinato da questo desiderio, che non è più solo il desiderio di Cristo che viviamo con Lui, come se uno dovesse sopportare le conseguenze di questo desiderio di Cristo, ma è il desiderio di stare con Lui che Gesù è riuscito a ridestare nel più intimo di ciascuno di noi. Per questo, tutte le volte che se ne va una persona cara, ciò che rimane è il dispiacere di non poter andare con lei, perché, come dice san Paolo, «essere con Cristo sarebbe assai meglio» (cfr. Fil 1,23).

Per questo, dentro al dolore della separazione, oggi siamo pieni di questa Gloria che lei contempla - «Voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria» (Gv 17,24) -, finalmente in tutta la sua luminosità, in tutta la sua attrattiva, in tutta la sua capacità di affascinare, quella per la quale siamo stati creati e alla quale siamo chiamati.

Oggi ringraziamo nuovamente il Signore per questa certezza, che la fede ci comunica per grazia. Perché non potremmo stare di fronte a una circostanza così con una pace, con una certezza come quella che ci invade adesso, se non fosse perché Lui vince anche su tutte le nostre resistenze. Per questo, chiediamo per noi questa fede, perché noi che rimaniamo, che ancora dobbiamo lottare tra le difficoltà normali della vita, possiamo essere determinati da questa certezza che oggi vediamo brillare. E perché, al contempo, possiamo testimoniarci che la vita non finisce qui: la morte è solo apparenza, è passaggio, è transito verso quella pienezza alla quale tutti siamo chiamati. Pregando per lei, chiediamo che anche a ciascuno di noi sia concessa la grazia di poter vivere in questo modo.