Evansville. Seguendo ciò che don Giussani guardava
In Indiana per un altro appuntamento con il tour di presentazioni americane della biografia del fondatore di CL. A dialogare con l'autore del loro "incontro" con Giussani c'erano il vescovo Steven Raica e una mamma, Stephanie Stokman«Vedo quello che vedete voi, ma io vedo di più». Con questa citazione il vescovo Steven Raica ha aperto la presentazione della biografia di Luigi Giussani a Evansville, in Indiana, il 17 marzo. Anche se Raica non ha avuto l’opportunità di incrociare personalmente don Giussani, morto quattordici anni fa, ha spiegato che ha avuto una grande influenza sulla sua vita. Il suo intervento ha messo in luce la possibilità, per tutti coloro che non hanno avuto la fortuna di incontrare il fondatore di CL quando era vivo, di conoscerlo e di scoprire la sua proposta attraverso la comunità: «Paradossalmente, credo di averlo incontrato di persona, attraverso quelli che l’hanno conosciuto, e non mi hanno deluso», ha detto.
Raica ha ripercorso davanti alla platea il cammino della sua educazione. Da giovane, gli era stato insegnato a lavorare sodo, per avere un buon posto e guadagnare, e a costruirsi la propria carriera senza correre rischi. L’incontro con don Giussani gli ha fatto capire che questo modo di guardare il lavoro era inadeguato: concentrarsi solo sui propri progetti e sui risultati non è sufficiente a rispondere ai bisogni fondamentali del cuore di amore e libertà.
Affrontando la crisi che la Chiesa sta attraversando oggi, Raica ha posto l’attenzione su un recente incontro che ha avuto con uomini e donne che si preparano a ricevere il Battesimo ad aprile. Alla luce degli scandali degli ultimi tempi, ha detto, può apparire sorprendente che qualcuno possa desiderare di impegnarsi per unirsi alla Chiesa, ma non dovrebbe essere così. Infatti già nel primo secolo, «quando diventare cristiano portava come conseguenza il martirio quasi certo, persone giovani e meno giovani continuavano a incontrare Cristo nelle circostanze più inattese ed erano attratte da lui». Coloro che entrano nella comunità cristiana, ha detto ancora il Vescovo, testimoniano la potenza dell’annuncio dell’Incarnazione di Dio.
A seguire, Stephanie Stokman, madre e, quindi, educatrice, ha parlato dell’impatto che don Giussani ha avuto sulla sua educazione e su quella dei suoi figli.
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L’autore di The Life of Luigi Giussani, Alberto Savorana, ha poi dato alcune indicazioni su come accostarsi al libro e ai testi scritti dal sacerdote italiano nel corso della sua vita. Più che rimanere fermi su quello che è stampato, «impariamo insieme a lui a vedere il Mistero giorno per giorno»; vivere in questo modo rende la figura di don Giussani più reale. Nel dialogo con la moderatrice Emily Freeman, Savorana ha avuto la possibilità di raccontare alcune delle preoccupazioni più profonde di don Giussani e di spiegare le caratteristiche del metodo che ha offerto alla Chiesa e al mondo: «Il cristianesimo è un annuncio carico di significato», ha ricordato. E ha portato l’esempio di come gran parte degli studenti che erano stati con don Giussani dall’inizio di Gioventù Studentesca lo abbandonarono nel 1968. Quelli che erano rimasti hanno potuto vedere che era necessario e ragionevole riprendere il loro cammino, nel ridestarsi della loro umanità totalmente generata da un Altro. Non era importante che il metodo di Giussani fosse diventato impopolare: li colpiva perché era un cammino vero e giusto. Don Giussani vedeva “di più”, ma lasciava loro lo spazio per decidere, e loro erano in grado di verificare e vedere se quello che diceva era vero: «Vedo quello che vedete voi, ma io vedo di più». Ciò che hanno percepito in quei giorni, ha detto Savorana, è stata l’esperienza di una Presenza che don Giussani gli aveva offerto, prima ancora che fosse scritto uno dei suoi libri.
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