De Palo: «Un applauso per le famiglie»

Un gesto di gratitudine per il ruolo svolto nell'emergenza. Genitori, nonni e figli che hanno permesso al tessuto sociale di reggere. Il Forum delle Associazioni Famigliari lancia un flashmob per domenica 3 maggio alle 18. Un segnale alla politica
Maria Acqua Simi

Un esercito silenzioso ha tenuto in piedi l’Italia in queste settimane difficili e straordinarie: quello delle famiglie. Ne è convinto Gigi de Palo, presidente del Forum delle Associazioni Famigliari. Ci sono genitori che si sono improvvisati tecnici informatici per poter permettere ai figli di studiare “online”, figli che si sono fatti carico dei genitori anziani andando a far loro la spesa, madri e padri che si sono ingegnati per tenere alto il morale della truppa con attività e idee creative di ogni genere. Il tutto, spesso, con lavori da portare avanti. E poi ci sono loro: bambini e ragazzi che hanno accettato il confinamento senza ribellarsi, nonostante la mancanza di spazi, di amici, compagni di scuola, nonni e cugini. Ognuno di noi può ritrovarsi in questa descrizione. «Eppure, a livello politico, famiglia e figli sono i grandi assenti. Dei 75 miliardi di aiuti previsti dai decreti del Governo, non un centesimo riguarda direttamente le famiglie italiane», spiega de Palo. «Ed è curioso, se si considera che proprio 26 milioni di famiglie – che sono un risparmio enorme per il Paese - hanno permesso al tessuto sociale di reggere nell’emergenza, attenendosi alle indicazioni in maniera seria, senza cadere in disordini pericolosi. Quello a cui abbiamo assistito in queste settimane è un autentico miracolo italiano», continua: «Un miracolo quotidiano, dove milioni di persone hanno continuato a lavorare perché se non lo avessero fatto il Pil sarebbe crollato e, allo stesso tempo, non hanno smesso di prendersi cura di chi avevano attorno».

Gigi de Palo

Anche per questo, soprattutto per questo, domenica 3 maggio alle ore 18.00 si è pensato a un flashmob semplice, concreto, immediato: un applauso «che non sarà un momento di festa, perché l’emergenza è ancora in corso, ma che vuol essere un ringraziamento per tutte le famiglie e i bambini che sono rimasti a casa a costo di enormi sacrifici, contribuendo al bene comune. Un momento di coscienza collettivo, in cui dire grazie ai nostri vicini di casa (sì, anche quelli magari più antipatici) che rispettando le misure hanno aiutato tutti, un applauso perché le famiglie si rendano conto del valore immenso che hanno, di quanto sono preziose». Avrà certamente anche una valenza politica, con la speranza che anche “a certe latitudini” si accorgano di questa ricchezza che merita di entrare nel dibattito politico e di trovare spazio e accoglienza. «Il flashmob è stato fatto per medici e infermieri, giustamente. Crediamo che ora sia tempo che il nostro Paese si fermi un momento per ringraziare questo tesoro nascosto di migliaia e migliaia di mamme e papà, nonni e nonne, figli e nipoti. Un tesoro troppo spesso dato per scontato o relegato a qualche titolo emozionale sui giornali».

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Non nasconde, de Palo, l’amarezza per il mancato riferimento al ruolo della famiglia nell’ultima conferenza stampa del premier e per la totale assenza di misure di aiuto, ma nemmeno vuole indugiare in ragionamenti sterili. «Io parto da una gratitudine. In queste settimane sono rimasto chiuso in casa con mia moglie e i nostri cinque figli e non è sempre stato facile. Siamo rimasti in casa non per paura, ma per amore. Ci siamo subito resi conto che non ci bastava vivere l’intimità, pur bella, della nostra famiglia: cucinare insieme, inventare ogni giorno nuove attività vivendo in sette, vedere Anna Chiara che studiava nuovi modi per far sì che Giorgio Maria (nato con la sindrome di Down) non perdesse nemmeno un giorno utile… Ci ha sostenuti qualcos’altro: la fede». Racconta della preghiera quotidiana del Rosario tutti insieme («prima impensabile, con i ritmi che avevamo»), che è stata un modo per rimanere legati a quella grande famiglia che è la Chiesa. «Ci siamo sentiti con tanti amici, abbiamo pregato e trascorso la Pasqua forse più difficile della nostra vita ma che sicuramente ricorderemo per la profondità e l’intensità: sapevamo che là fuori, nel Nord Italia, c’era un pezzo “del nostro corpo” che stava male. La preghiera è stato portare insieme un pezzo di croce. Non ce l’ha chiesto nessuno, ma è un frutto della fede non chiudersi in se stessi e percepirsi parte del corpo più grande che è la Chiesa».