Amicone. «TU, in cui l'uomo è tutto»

In ricordo di Luigi Amicone, morto a 65 anni, pubblichiamo il finale di Nel nome del niente e una lettera a don Giussani: «Bisogna molto amare, perché non c'è altro che persuada più dell’amore proprio di Cristo»
Luigi Amicone

Nella notte del 19 ottobre è morto a 65 anni Luigi Amicone, giornalista e scrittore, grande amico di don Giussani. Lo ricordiamo con due suoi scritti. Il primo è il finale tratto da Nel nome del niente. Dal ’68 all’80 ovvero come si uccide la speranza, volume pubblicato nel 1982 nella collana Rizzoli “I libri della speranza”, diretta da Giovanni Testori. Il secondo è una lettera a don Giussani per il suo compleanno, uscita su Tracce del novembre 1998.

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Nulla potrà separarci dal tuo amore, o Cristo!
La Tua Presenza è evidente. Non c’è altra ragione.

Tu arrivi a noi come un ladro
Arrivi silenziosamente dall’orizzonte
Dall’orizzonte dove l’occhio di Pietro,
il buon occhio di un pescatore,
lottava con la malinconia dell’ignoto;
sei arrivato da Pietro come chiunque altro
fino ad allora solo per caso,
mentre Tu lo hai cercato
Tu, Dio conosciuto,
gli sei andato incontro.

Dal fondo dell’orizzonte
un misero corpo,
dall’utero di una donna
l’infinito centro;
l’unico,
l’altro,
qualsiasi,
Pietro.

Dalle immondizie della periferia dell’impero
Il Cielo cammina per la Palestina;
TU, in cui l’uomo è tutto,
godono solo i poveri di spirito

aprile 1981
(da Luigi amicone, Nel nome del niente. Dal ’68 all’80 ovvero come si uccide la speranza, Rizzoli, 1982)


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Caro Gius,
ti saluto e ti penso sempre con grande, grandissima riconoscenza. Tu sei padre e autore nostro, come diceva quella bellissima e semplicissima lettera di un giessino che era a Roma il 30 maggio e che su Tracce ha scritto il suo grazie per la tua vita, senza la quale non avrebbe conosciuto la Vita. Per conto mio, benché claudicante in tutto, resto presente alla consegna e mi meraviglio continuamente che la misericordia di Dio sia superiore a ogni immaginazione e che la fede in Cristo, la gloria che Gli dobbiamo in ogni pensiero, azione e opera, sia la sola cosa al mondo desiderabile, poiché ha il potere di farci vedere distintamente il destino di felicità che ci possiede, anche nei momenti più delicati, difficili e, talvolta, ripugnanti della vita. Ti voglio bene per il bene che mi hai dato e che mi dai, cioè Lui, di cui noi siamo stirpe e speranza in questo mondo. Il mondo che, per quanto si sforzi di voltare la faccia a Colui che fa tutte le cose, non può non cogliere - almeno negli uomini più pensosi - quanto sia ridicolo, prima ancora che malinconico, l'esito di ogni suo tentativo di prendere il posto di Dio ed ergersi a giudice di quel lucignolo fumigante che è l'uomo stesso. In questo tempo, fatuo e vanesio prima ancora che, malvagio, bisogna molto amare, perché non c'è altro che si capisca e che persuada più dell’amore proprio di Cristo.
Luigi Amicone, direttore di Tempi

(da Tracce, novembre 1998)