Aiuto allo studio in Dad (Foto: AVSI)

Tende Avsi. «Qui aiutiamo chi aiuta»

La campagna di racconta fondi di quest'anno si intitola: «Lo sviluppo sei tu. Il tempo del coraggio». Cinque i progetti sostenuti: Libano, Haiti, Uganda, America Latina e Italia. Nel nostro Paese si sostiene chi si occupa delle famiglia in difficoltà
Filomena Armentano

«Lo sviluppo sei tu. Il tempo del coraggio». Un po’ affermazione, un po’ provocazione, il titolo della nuova Campagna Tende Avsi è l’invito a non avere paura di tendere la mano verso gli altri. Di fronte alla crisi pandemica, sanitaria ed economica, «abbiamo toccato con mano che uno sviluppo sostenibile, duraturo, per tutti, è possibile grazie a piani di lungo periodo, strategie capaci di attraversare emergenze globali, lavoro comune, tutela dell’ambiente, accesso alle tecnologie digitali evolute», spiega Maria Laura Conte, Communications director. Sono condizioni che dipendono dall’impegno personale di ognuno, dentro una rete solidale che, in prospettiva, vuole rispondere alle esigenze reali di una comunità nella sua interezza.

Cinque i progetti da sostenere quest’anno, nel mondo (Libano, Haiti, Uganda e America Latina) e in Italia. Uno il denominatore comune: mettere insieme persone consapevoli della loro dignità e della loro responsabilità, affinché possano aiutarsi, aiutare gli altri e costruire il bene comune.
La sfida più grande è che il perno sia la famiglia, anche e soprattutto quella vulnerabile. L’iniziativa legata all’Italia lo racconta bene. «Qui aiutiamo chi aiuta», chiarisce subito Giorgio Capitanio, capofila del progetto: «Abbiamo iniziato a lavorare nel settore dell’accoglienza con migranti e rifugiati, incontrando tutta una serie di Fondazioni. Poi è esploso il Covid e ci siamo accorti che sia privati sia aziende con cui già siamo in rapporto (Associazione San Camillo a Napoli, Banco di solidarietà a Cesena, Portofranco a Milano, Resilience associazione onlus di Brescia, alcune Caritas diocesane vari Comuni) erano interessati a dare un sostegno». Un interesse che ha incontrato un bisogno, «l’esigenza comune a molte associazioni di essere aiutate a mandare avanti i loro servizi socio educativi, per esempio».
È così che si è sviluppata la rete di associazioni, istituzioni e privati che aiuta cinquemila famiglie e quattrocento tra bambini e ragazzi in sette città italiane. C’è la Lombardia, con Milano e Buccinasco, il Lazio con Roma, la Campania con Napoli, l’Emilia Romagna con Rimini e Cesena, infine il Veneto con Vicenza. Ci sono prospettive di estendere il progetto anche in Sicilia.



A breve termine, scopo della rete è rispondere ai bisogni che una famiglia impoverita dalla crisi può dimostrare. «Si inizia coprendo i costi di beni e servizi di prima necessità, dall’affitto alle bollette, si avanza affiancando educatori a bambini con difficoltà di apprendimento. Si pensa, poi, all’inserimento lavorativo degli adulti, grazie a percorsi formativi specifici». In un’ottica anche di coesione sociale e integrazione.
La ricaduta del progetto ha una platea ampia, se è vero che attualmente in alcune aree italiane la percentuale di persone che vivono in povertà raggiunge il 10 per cento. Sono migliaia le famiglie che vivono disagio e solitudine, migliaia i giovani che non studiano né lavorano, i neet. »Molte delle famiglie che aiutiamo sono straniere, dalla prima alla terza generazione, ma ci sono tante famiglie italiane impoverite dalla crisi. Persone che di punto in bianco hanno perso il lavoro e si sono trovate ad affrontare una condizione di disagio profondo».



A lungo termine, la sfida cresce. «Si parla sempre più di territorialità, di favorire la comunità, garantendo adeguati standard di qualità della vita in un luogo preciso. Avsi sostiene la famiglia nel proprio contesto, mettendo in rete tutti i partner presenti sia pubblici sia privati. Cerchiamo instancabilmente di creare questo nesso fondamentale perché ci siamo accorti che in una realtà pesantemente mutata a causa del Covid, gli anziani come i giovani vivono in solitudine». Prima si “ristruttura” la famiglia, poi la comunità.

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A Corvetto, un quartiere di Milano, opera dal 1985 la Cooperativa Martinengo, per iniziativa dell’Istituto delle Suore di Carità dell’Assunzione e di alcuni volontari. «Le suore ci hanno contattati perché si sono accorte di aver bisogno di aiuto nel portare avanti la loro opera». Da anni incontrano le famiglie del quartiere, aiutandole come possono. Vengono in contatto con situazioni diverse: «Dalla mamma che non sta bene di salute al bambino che va male a scuola, dai genitori rimasti senza lavoro agli anziani rimasti soli», spiega Capitanio. «A noi hanno chiesto di attivare delle risorse per aiutare queste famiglie a 360 gradi, dall’aspetto economico all’aspetto sanitario, dal lavoro alla scuola. Noi abbiamo accettato l’invito e abbiamo coinvolto anche altre istituzioni presenti sul territorio. Ogni associazione così fa il suo pezzetto e insieme si risponde alla pluralità di bisogni che quella famiglia ha». La rete crea quel circuito di stato sociale, affinché il nucleo possa continuare a vivere lì dove si trova e possa un giorno arrivare ad offrire il proprio contributo per lo sviluppo della comunità d’appartenenza o, per dirla con le parole di Capitanio, «si mettono in gioco, sviluppano il desiderio di diventare protagoniste della propria vita. Noi siamo lì non per definire i loro bisogni, ma per metterci in moto insieme a loro».