Rimini. Una storia di amicizia per la pace
Giovanni Paolo Ramonda, guida della Comunità Papa Giovanni XXIII, e il Presidente della Fraternità di CL, Davide Prosperi, hanno dialogato sul libro "Contro la guerra" di Papa Francesco. La cronaca dell'incontroI responsabili ultimi di due movimenti ecclesiali di dimensione internazionale a confronto sul magistero del Papa sulla pace, raccolto nel libro Contro la guerra. Il coraggio di costruire la pace. È accaduto nel tardo pomeriggio del 6 luglio al Palacongressi di Rimini. Si sono ritrovati insieme i figli di don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, e i figli di don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione. Non è un caso che l’incontro sia avvenuto a Rimini, dove la Papa Giovanni XXIII, oggi diffusa in tutto il mondo con le sue opere di condivisione e accoglienza dei più poveri, è nata più di cinquant’anni fa, e dove Comunione e Liberazione ha sempre avuto uno dei centri di massima diffusione (si pensi al Meeting). Ad approfondire i contenuti del libro di papa Francesco si sono dunque ritrovati, davanti ad un folto pubblico, Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Papa Giovanni XXIII, e Davide Prosperi, presidente della Fraternità di CL.
A Rimini fra i figli di don Benzi e i figli di don Giussani in questi anni è cresciuta l’amicizia e la stima reciproca. Un’esperienza di unità che si è approfondita l’anno scorso in occasione della beatificazione di Sandra Sabattini, una giovane della Comunità morta in un incidente stradale, ormai conosciuta come la “santa fidanzata”. «È diventata anche “la nostra Sandra”». ha sottolineato in apertura Cristian Lami, responsabile diocesano di CL di Rimini. «La comunità si è coinvolta nella preparazione dell’evento della beatificazione. E abbiamo visto come l’unità e l’amicizia tra noi stessero accadendo seguendo il dono della sua santità». L’incontro di mercoledì è stato un ulteriore momento di questa storia di amicizia: una tappa ed anche una ripartenza per un cammino comune.
La guerra nasce innanzitutto nel cuore dell’uomo. È la prima provocazione di Francesco che viene girata a Prosperi. «Sì, il Papa punta al cuore dell’uomo, alle sue esigenze originali» ha sostenuto. «Francesco vuole risvegliare il cuore dell’uomo ed indica anche la strada. Solo Uno può portare giustizia e salvezza. Solo partendo da Gesù siamo in grado di costruire nuovi rapporti con gli altri. Francesco ci ricorda che guerra e distruzione nascono innanzitutto nel cuore dell’uomo, accorgersi di questo è fondamentale. Il germe del male che fa scoppiare le guerre abita anche in noi. Dobbiamo evitare che nasca in noi l’insofferenza per la diversità dell’altro; l’odio, la violenza, i soprusi sono una conseguenza di questa insofferenza». Prosperi ha ricordato anche l’insegnamento di don Giussani per cui «il riconoscimento di essere peccatori è la condizione per iniziare un cammino vero, altrimenti l’uomo manca di un accento di verità in qualsiasi rapporto». Da dove viene la liberazione? «Non siamo in grado di darcela da noi stessi. La croce, il sacrificio di Gesù, ci hanno liberato. Quindi anche noi dobbiamo passare attraverso la croce per non guardare più all’altro come un nemico, ma un fratello in cammino al nostro fianco».
Su giustizia e perdono - un tema molti vivo nelle Comunità educanti per i carcerati, alle quali collaborano anche alcuni ciellini riminesi -, Ramonda sottolinea: «Per fare giustizia noi dobbiamo chiedere perdono. Chiedere perdono ai bimbi disabili senza famiglia, ai tanti anziani che abbiamo lasciato nelle strutture assistenziali in questo tempo di pandemia, alle donne che facciamo prostituire, a chi sconta una pena senza dargli la possibilità di un recupero. La giustizia è dare a ciascuno ciò che è suo, se uno è senza pane dobbiamo dargli da mangiare, se senza casa, un tetto. Un cuore contemplativo, che sta con il Signore, deve muoversi, deve agire nella storia, deve rispondere al grido dei poveri. Dobbiamo chiedere perdono anche ai tanti bambini che non facciamo nascere. Come dice papa Francesco: è giusto sopprimere una vita umana per risolvere un problema? Questo chiedere perdono, questi atti di giustizia sono un dinamismo che ci fa stimare i carismi, i doni reciproci che abbiamo. E inoltre passare dall’assistenza, pur importante, alla condivisione. Dobbiamo aiutarci a lavorare insieme, perché il limite dell’altro è l’inizio della mia responsabilità».
Per molti la posizione del Papa sulla pace è utopistica. Perché invece la possiamo definire realistica e ragionevole? Ecco la seconda provocazione per i relatori. Ramonda risponde proponendo una breve rassegna dell’insegnamento dei papi di questo secolo sulla pace, da Pio X fino a Francesco, passando da Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI. «Quindi il pensiero di Francesco», ha osservato: «è intriso del pensiero di sempre della Chiesa».
«Dobbiamo capire», ha aggiunto Prosperi «che la posizione del Papa (non rispondere alla guerra con la guerra) genera scandalo agli occhi del mondo. La sua risposta alla guerra è invece la fraternità. Lo stesso anelito del cuore umano ci rende fratelli e sorelle. È una proposta che cozza contro tutti i giustizialismi in cui siamo immersi. Quindi la posizione del Papa è realistica e ragionevole perché tiene conto di tutti i fattori, abbraccia tutto il cuore di ogni uomo. Se nel nostro cuore alberga l’esigenza della fraternità, sarebbe irragionevole il contrario».
Ed infine a entrambi è stato chiesto di indicare quali segni di speranza vedono, anche nei rispettivi movimenti. Ramonda ha fatto riferimento ai giovani: «Ho presente i giovani che da anni in Colombia accompagnano i contadini che vogliono cambiare coltura dalla coca all’agroalimentare. Oppure in Palestina, dove cercano di creare dialogo, di costruire ponti. In Libano dove vivono nelle tendopoli insieme alle famiglie dei profughi che non hanno alcun diritto. Oppure il movimento che anche per nostra iniziativa si è creato, Stop the war, che coinvolge 160 associazioni negli aiuti umanitari in Ucraina. I giovani sono fondamentali in un movimento di educazione alla pace». Alla fine, Ramonda ha ricordato anche la proposta della sua Comunità di un Ministero per la Pace: «Siamo immersi nel mondo, con le mani nel fango del mondo, ma avendo nel cuore un desiderio di bellezza e di verità, di amore, di condivisione».
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«Se c’è una caratteristica del carisma che ci è stato donato», ha risposto Prosperi «questa è la centralità dell’educazione dell’umano. Dopo la guerra in Iraq, Giussani disse: “Ci vorrebbe un’educazione del popolo”. È solo nell’educazione, attraverso un cammino e il riconoscimento delle esigenze fondamentali del cuore, che la giustizia diventa qualcosa di concreto, la pace diventa un’esperienza reale, la fraternità un fatto di cui uno ha bisogno per vivere. Ciò è possibile attraverso esempi, testimonianze. Oggi tutti abbiamo un compito: è l’educazione che facciamo a noi stessi, ai nostri figli. Concludo con don Giussani: “Il Mistero come misericordia resta l’ultima parola anche in tutte le brutte possibilità della storia”».